La forza della società aperta è il filo conduttore nella stagione dei tabù che saltano per aria

Claudio Cerasa

Dalla Nato all’energia passando per l’Europa. I molti assiomi che sono stati abbattuti negli ultimi anni hanno tutti un fil rouge che li unisce, che si sostanzia in: lotta al populismo, rafforzamento dell'Europa e promozione della democrazia 

L’immagine del primo ministro finlandese a passeggio con la sua omologa svedese in direzione Nato è un’immagine molto potente non solo per il suo indubbio significato storico ma anche per la capacità di rappresentare al meglio una caratteristica che sembra dominare da mesi la politica europea: la caduta dei tabù. Nel caso specifico, la caduta dei tabù coincide con la scelta di due paesi storicamente neutrali e storicamente lontani dalla Nato di avvicinarsi alla Nato per evitare un domani di ritrovarsi isolati in caso di un’aggressione della Russia. E’ la caduta di un tabù, quello della neutralità, che mostra la punta di un iceberg molto più grande sopra il quale l’Europa sembra essersi seduta da tempo.

 

Cadono i tabù sulla Nato (se l’Ucraina fosse stata nella Nato la Russia l’avrebbe aggredita?). Cadono i tabù sulle sanzioni (persino la Svizzera ha scelto di schierarsi a favore delle punizioni economiche contro la Russia). Cadono i  tabù sulla difesa (vedi i cento miliardi di euro stanziati per la Germania). Cadono i tabù sulle armi (c’è ancora chi crede che vi sia differenza tra un’arma difensiva e una offensiva?). Cadono i tabù sul Patto di stabilità (persino la frugalissima Olanda ha chiesto di cambiarlo). Cadono i tabù sull’energia (rinunciare al gas russo si può). Cadono i tabù sul nucleare (nel mondo ci sono in costruzione 51 reattori di grande taglia). Cadono i tabù sulla transizione ecologica (l’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica deve essere compatibile con la tutela del nostro benessere). Cadono i tabù sull’utilizzo delle rinnovabili (ci sono ancora dubbi sul fatto che ogni centimetro politico lasciato a chi ha trasformato l’immobilismo nell’unica forma di legalità consentita è un centimetro lasciato a chi vuole tenere il nostro paese ancorato al passato?). Cadono i tabù sull’Europa (persino Giorgia Meloni non si augura che vinca Marine Le Pen in Francia). Cadono i tabù a sinistra (la democrazia liberale non si difende solo con le parole: si difende anche con le armi). Cadono i tabù nella Chiesa (le guerre giuste esistono). Cadono  i tabù tra i nemici del mercato (le autocrazie oggi stanno scoprendo cosa vuol dire mettersi contro la globalizzazione). Cadono i tabù sulla competenza (dopo due anni di pandemia c’è ancora qualcuno disposto a sostenere che uno valga uno?). Cadono i tabù sulle élite (ci sono dubbi sul fatto che in Francia solo il candidato delle élite, ovvero Macron, può permettere di salvare il popolo francese?). Cadono i tabù sugli utili idioti del putinismo (ci sono ancora dubbi sul perché gli utili idioti del putinismo abbiano tentato in tutti i modi negli ultimi anni di indebolire tutto ciò che oggi ci sta proteggendo da Putin?).

 

Certo. Nella storica stagione dei tabù che cadono, dell’impossibile che diventa possibile, le colonne d’Ercole che potrebbero essere superate non è detto che siano sempre quelle sognate dai sostenitori delle società aperte. E quando si parla dell'impensabile che diventa possibile non si può fare a meno di farsi sfiorare dall’idea che mai come in questa stagione in cui i tabù cadono come birilli anche la vittoria di Marine Le Pen potrebbe essere meno difficile rispetto a qualche anno fa. Non impossibile naturalmente non significa probabile e la verità che spesso non vogliamo ammettere a noi stessi è che i molti tabù che sono stati abbattuti negli ultimi anni, con la pandemia prima e con la guerra oggi, si presentano tutti in modo diverso ma alla fine hanno tutti un unico filo conduttore. Un filo conduttore all’interno del quale il populismo si presenta sempre come parte dei problemi, e non parte delle soluzioni. All’interno del quale il rafforzamento dell’Europa costituisce lo scudo migliore per proteggere il popolo dalle truffe del protezionismo. E all’interno del quale la promozione della società aperta, in tutte le sue sfaccettature, tende a coincidere con tutto quello che i totalitarismi non saranno in grado di tenere insieme: benessere, democrazia e libertà.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.