lo specchio di putin

La prima vittima della propaganda è il Cremlino

Micol Flammini

Putin ha guardato se stesso e la Russia attraverso uno specchio deformante e ha visto la realtà più grande, più funzionale, più potente di quello che è. E' l'effetto dell'autopropaganda, per la quale oggi si piange in tv per “l’invincibile” Moskva. Navalny avverte: la verità colpisce il regime come un Javelin

Vladimir Bortko è un regista russo, per anni deputato della Duma, e giovedì sera sul Primo canale  è scoppiato a piangere. Era ospite di uno dei talk-show propagandistici di Mosca, quelli in cui si parla della denazificazione; dell’occidente che minaccia e umilia la Russia, che però si farà valere con il suo arsenale nucleare; e del bene che stanno facendo i soldati russi in Ucraina per  liberare la popolazione. Bortko ha iniziato a singhiozzare parlando dell’incrociatore Moskva, che è stato colpito da due missili ucraini, ma che per la Russia è andata a fuoco per un incidente nel deposito munizioni e poi è affondato per il mare mosso. Il regista nella sua disperazione diceva che si tratta di un casus belli, anche se in realtà, secondo il ministero della Difesa, è stato un incidente, ma per Bortko si è trattato di una provocazione ed è questo il momento di passare dall’operazione speciale alla guerra.  Nel suo modo confuso di parlare, nei giri di parole per evitare di raccontare una versione  alla quale lui stesso, evidentemente, non crede – che la Moskva sia affondata per un incidente – Bortko ha detto una verità: la storia della nave è una ferita molto grande all’orgoglio e alla strategia e sembra che all’improvviso la Russia si sia trovata di fronte alla propria vulnerabilità. 

 

Finora il presidente russo, Vladimir Putin, si era guardato attraverso uno specchio deformante e attraverso lo stesso riflesso aveva visto anche la Russia da lui creata molto più grande, più potente, più funzionale di quello che si sta dimostrando in questi giorni. La propaganda di Mosca è martellante, non lascia spazio, funziona benissimo, ma dopo oltre cinquanta giorni di guerra sembra che non soltanto noi ci siamo meravigliati del fatto che l’esercito russo sia meno equipaggiato e meno forte di quello che pensavamo, ma sembra che neppure il Cremlino si aspettasse i problemi e le sconfitte. Noi abbiamo subìto la propaganda, ma anche chi l’ha creata l’ha subìta, anzi: ne è la prima vittima. Al punto di mettersi a singhiozzare in tv per l’affondamento di una nave che credeva invincibile. Il sistema rotto e corrotto di Mosca, non soltanto si vende come il più potente  del mondo, come un’alternativa  all’occidente, ma pensava, e probabilmente ancora pensa, di esserlo davvero.  

 

Alexei Navalny, l’oppositore più famoso del Cremlino che da oltre un anno è in una colonia penale, ha scritto un lungo thread su Twitter in cui dice che la verità e la libera informazione hanno colpito il regime di Putin con la forza di un Javelin e  c’è un altro fronte da aprire ed è quello informativo. Per portare avanti la guerra, Putin ha bisogno di sostegno in casa e siccome non c’è, lo crea: il Cremlino spende oltre 110 miliardi di rubli del budget statale in propaganda, poi ci sono gli aiuti degli oligarchi. Questa macchina spietata non si ferma mai e non si limita alla televisione, ma uno dei maggiori organi di propaganda, dice Navalny, è il colosso informatico russo Yandex, da cui si informa il 41 per cento dei russi. Il Cremlino ha messo le mani sulle notizie e sulla verità da molti anni con pressione sempre maggiore e adesso vi si appoggia per fare in modo che i russi gli diano retta sulla guerra, un’impresa che sta portando alla Russia molta povertà e anche un numero considerevole di morti tra i cittadini: l’Fsb avrebbe chiesto al Cremlino del denaro aggiuntivo per seppellire i soldati al fronte.  Ogni giorno si svela un tratto della debolezza russa – l’intelligence carente, le comunicazioni scarse, i carri armati senza pezzi, gli incrociatori che affondano – e quando la verità vince sulla propaganda la reazione è quella di Bortko: mettersi a piangere. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)