I limiti della sfida militare e tecnologica di Russia e Cina agli Stati Uniti

Luciano Capone

L'America è una superpotenza in declino, ma il disastro delle forze armate di Mosca in Ucraina e il flop dei vaccini anti Covid di Pechino dimostrano che per gli sfidanti Putin e Xi la strada è ancora lunga

Gli Stati Uniti sono la superpotenza globale decadente. I segni del declino si sono recentemente intensificati: sul piano militare e di politica internazionale, con il ritiro frettoloso e disastroso dall’Afghanistan; sul piano della politica interna, con la pessima gestione dell’epidemia Covid; sul piano istituzionale, con l’assalto dei trumpiani al Campidoglio dopo le elezioni presidenziali. Di queste evidenti criticità hanno cercato di approfittare le potenze, come Russia e Cina, che hanno l’obiettivo di rimettere in discussione l’assetto unipolare dominato dagli Stati Uniti per ridefinire un sistema multipolare in cui ci sia un posto a capotavola anche per loro. Le cose, però, non stanno andando come previsto. Se Washington piange, Mosca e Pechino non ridono.

 

Anzi, per certi versi rischiano di piangere di più, proprio per i fallimenti nei campi in cui competono con gli Stati Uniti. La sfida di Putin alla Nato, e quindi a Washington, è quella di ridefinire gli equilibri globali in virtù del suo ruolo di superpotenza militare. L’invasione dell’Ucraina e la rapida conquista di Kyiv dovevano essere la prova di forza dell’Armata russa, e invece l’operazione si è rivelata un colossale fallimento. A prescindere da come andrà a finire la guerra, questi 50 giorni di conflitto hanno già dimostrato lo stato disastroso delle forze armate russe: disorganizzazione, problemi logistici, mezzi obsoleti, intelligence scadente, comunicazioni intercettate, carri armati portati via dai trattori e un numero impressionante di alti ufficiali e generali uccisi.

 

L’emblema della disfatta è l’affondamento dell’incrociatore Moskva, l’ammiraglia della mitica Flotta del Mar Nero, quella fondata dal principe Potëmkin. Che la fregata sia stata colpita da missili ucraini, come dicono Kyiv e il Pentagono, o che sia colata a picco a causa di un’esplosione a bordo e del mare tempestoso, come dice Mosca, cambia poco. Anzi la versione del Cremlino, se fosse vera, è addirittura peggiore: la più importante nave da guerra, in servizio da 40 anni senza che abbia mai subìto alcun incidente, prende spontaneamente fuoco, subisce una serie di esplosioni delle sue munizioni e, dopo che l’equipaggio è scappato, affonda per una tempesta proprio durante la più importante operazione militare della storia della Federazione russa. La prova di forza di Putin è servita a dimostrare, probabilmente anche a se stesso, quanto la superpotenza militare russa sia inadeguata rispetto alle sue ambizioni.

 

Qualche problema analogo lo sta mostrando la Cina, che ha sfidato l’America come potenza tecnologica. Un terreno importante di confronto è il Covid, che Pechino in una prima fase ha gestito in maniera brillante. Quando a novembre è emersa la nuova e più contagiosa variante Omicron il Global Times, quotidiano di regime, scriveva che i paesi occidentali sarebbero stati più colpiti per “il loro allentamento non scientifico delle misure di controllo dell’epidemia e l’eccessiva fiducia nei vaccini”. La Cina, invece, ne sarebbe uscita meglio grazie alla strategia Zero Covid e ai suoi “vaccini inattivati migliori in termini di gestione delle varianti rispetto ai vaccini m-Rna”.

 

La realtà, con i disumani lockdown di Shanghai e delle principali città cinesi, sta dimostrando che la strategia Zero Covid non solo è insostenibile ma rischia di amplificare i problemi economici. Come scrive l’Economist, “la policy zero Covid è diventata un vicolo cieco da cui il Partito comunista non ha una rapida uscita”. Inoltre, i vaccini cinesi hanno dimostrato un’efficacia nettamente inferiore ai vaccini a mRna americani e occidentali. Ed è proprio la peggiore qualità dei vaccini, sia in termini di efficacia sia di durata, che costringe il regime di Pechino a perseguire lockdown rigidissimi che comunque, in presenza di una variante così contagiosa, sono sempre meno efficaci e sostenibili.

 

Se la Cina puntava sulla Russia per ammodernare il proprio esercito e la Russia sulla Cina per sostituire le importazioni hi-tech dopo le sanzioni occidentali, entrambe si renderanno conto che la strada della sfida alla declinante egemonia americana non è esattamente in discesa.

 

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali