il pericolo default
Medvedev minaccia l'Ue, ma le sanzioni si fanno sentire a Mosca
La Russia fa la voce grossa, ma le misure occidentali avranno effetti molto duri. Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale avverte la Duma per prepararsi a una "trasformazione strutturale" dell'economia
Ribattendo alle presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen secondo cui il default della Russia è solo una questione di tempo, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev si è rivolto alle paure più profonde degli europei, e dopo l’escalation nucleare ha minacciato il collasso economico, l’iper-inflazione e un’invasione di profughi “che provocherà un’ondata di criminalità violenta peggiore di quella albanese”. Parole che rivelano il modo in cui i falchi del Cremlino considerano la democrazia: una debolezza occidentale da usare a proprio vantaggio influenzando l’opinione pubblica con minacce e notizie false.
Ma se l’Europa deve fare i conti con la disinformatija, la Russia deve fare i conti con la realtà, anche senza dibattito democratico. In un discorso alla Duma la governatrice della Banca centrale Elvira Nabiullina ha preparato i parlamentari russi ai tempi che verranno, spiegando che dopo aver colpito il sistema finanziario le sanzioni occidentali avranno un impatto più forte sull’economia reale, e che si potrà fare affidamento sulle scorte solo per un periodo limitato. “Per questo”, ha aggiunto “già nel secondo e terzo trimestre entreremo in un periodo di trasformazione strutturale e di ricerca di un nuovo modello”. Nabiullina ha sottolineato che la banca centrale non sosterrà il rublo a ogni costo “perché questo limiterebbe l’adattamento dell’economia alla nuova realtà”.
Le aziende russe dovranno adattarsi ai problemi causati dalle restrizioni sulle importazioni e sulla logistica, cercare nuovi partner e forse ”passare alla produzione di prodotti di generazioni precedenti”, e cioè regredire tecnologicamente. In quello che è il suo discorso più importante dall’inizio della guerra, la banchiera centrale – che secondo alcune indiscrezioni voleva dimettersi ma le è stato impedito da Vladimir Putin – ha confermato le previsioni di inizio aprile dal Centre for Strategic Research (Csr), think-tank moscovita (di cui Nabiullina è stata presidente) presieduto da Maksim Reshetnikov, l’attuale ministro dello Sviluppo economico. Secondo il Csr la pressione delle sanzioni sull’economia russa mette a rischio fino a due milioni di posti di lavoro nel 2022. Allarme già ben visibile a Mosca, alle prese con la disoccupazione causata dall’esodo di aziende straniere che secondo il sindaco Sergei Sobyanin (membro del partito di Putin, Russia Unita) rischia di lasciare 200 mila persone senza lavoro. La Banca mondiale prevede un crollo del pil di 11 punti.
A minacciare la solidità dell’economia russa e la capacità di trasformarsi c’è anche la fuga dei cervelli. Secondo l’Associazione russa per le comunicazioni elettroniche (Raec), già a fine febbraio circa 70 mila professionisti dell’high tech avevano già lasciato il paese. L’esodo di professionisti altamente specializzati unita alle sanzioni sulle componenti di tecnologia avanzata come i chip mette a rischio due settori strategici del potere della Russia: la difesa e l’esportazione di idrocarburi. Inoltre, il rischio degli effetti di sanzioni secondarie ha reso molto prudente la volontà della Cina e di altri paesi di fare grandi investimenti. Anche se le sanzioni occidentali possono sembrare deboli o inefficaci, va ricordato che la guerra è solo al 55° giorno. I limiti imposti all’economia russa faranno sentire gli effetti più pesanti nei prossimi 3-6 mesi, e negli anni successivi fino a quando la Russia non avrà trasformato la sua economia in un modo che, almeno per ora, non sembra chiaro neanche al Cremlino.