La strategia

Così la Russia ha trasformato i social in armi di disinformazione anche in Italia

Lo scorso 11 aprile è entrato in tendenza in Italia su Twitter l'hashtag #ZelenskyWarCriminal, lanciato ben 4.775 volte

Filippo Passeri

Mosca utilizza le varie piattaforme, ormai da anni, come potenti risorse di propaganda, ottenendo ottimi risultati

Twitter si conferma un’arma di propaganda fondamentale per il Cremlino. Secondo un report realizzato dall’Observatory of Social Media dell’Indiana University in collaborazione con il Politecnico di Milano, dall’invasione russa dell’Ucraina, il 24 febbraio, si sono moltiplicati gli account Twitter nati ad hoc per operare disinformazione pro-Cremlino all’interno della piattaforma. Il giorno dell’invasione sono stati creati ex novo ben 38 mila nuovi account, contro i 13 mila del giorno precedente, un balzo che può essere facilmente ricondotto all’opera di propaganda di Mosca, che utilizza i social, ormai da anni, come una potente risorsa di propaganda. Secondo il report, oltre alla creazione di nuovi account, diversi profili non autentici hanno iniziato a pubblicare contenuti simili, più o meno nello stesso periodo, inneggiando alla guerra di “denazificazione” promossa da Putin.

   

 

Un esempio di come agisce la propaganda russa può essere Redfish, una media company con sede a Berlino che si descrive sull’account Twitter in questi termini: "NOT Russia state-controlled media. Editorially independent. With the oppressed" e vanta un combinato di 1,4 milioni di follower sui diversi social network. La realtà che si cela dietro a questa compagnia è ben altra: è gestita da ex dipendenti di Russia Today ed agisce, sotto copertura, come voce di propaganda del Cremlino. Proprio Redfish ha pubblicato il primo giorno di guerra una mappa che mostrava l'Europa, parti del Medio Oriente e dell'Africa, evidenziando gli attacchi aerei nelle "ultime 48 ore" in Ucraina, Siria, Yemen e Somalia. Il post avvertiva di non dimenticare le guerre che accadono in altre parti del mondo ed è diventato subito virale sui social, anche in Italia. Ciò che nessuno sapeva, però, era che l'immagine era stata creata, ad arte, da Mosca.

  

L'immagine prodotta da Redfish diventata virale  

  

Queste azioni possono essere ricondotte all’information warfare in cui il Cremlino è maestro e si sostanziano in una guerra per il controllo dell’opinione pubblica che trasforma i social network in armi di disinformazione e influenza politica. Un esempio precedente al conflitto in Ucraina è lo scandalo “Russiagate”: nel 2016 i servizi di intelligence della Russia hanno svolto una serie di attività per favorire l’elezione di Donald Trump. Mosca attraverso un esercito di troll ha invaso i social media, e con un’azione coordinata di profili fake la International Research Agency (Ira), di base a San Pietroburgo, ha interferito nel dibattito pubblico statunitense drogando la discussione con contenuti divisivi e agendo con obiettivi specifici, come quello di dissuadere la popolazione afroamericana dal recarsi ai seggi. Vediamo quindi che l’azione e la nascita di profili fake non è nuova ma è un’arma che il Cremlino utilizza, con ottimi risultati, da diverso tempo.

 

Anche in Italia i troll russi sono molto attivi, l’undici aprile, per esempio, è entrato in tendenza su Twitter l’hashtag #ZelenskyWarCriminal, che è stato twittato ben 4.775 volte, a testimoniare che l’azione di propaganda di Mosca impregna anche i feed nostrani. I risultati di questa operazione si vedono: il sondaggio di Demos & Pi per La Repubblica, uscito il 19 aprile, fornisce dati che avvalorano il lavoro del Cremlino, quasi metà degli italiani, infatti, ritiene l’informazione sul conflitto “distorta e pilotata” e addirittura una persona su quattro ritiene le notizie e le immagini dei massacri largamente falsificate, costruite ad arte dal governo ucraino.

  

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