L'intervista
Il generale Camporini ci spiega come si passa all'offensiva contro Putin
L'ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare e della Difesa delinea le azioni per fermare la Russia: "Una distinzione tra categorie di armi esiste ma l’impiego sul campo dipende dalle condizioni di contesto, l'importante è fornire le armi contro l’aggressore"
Roma. “Difensive? Offensive? L’importante è fornire le armi contro l’aggressore”, parla così al Foglio il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare e della Difesa. “Una distinzione tra categorie di armi esiste ma l’impiego sul campo dipende dalle condizioni di contesto. Un bombardiere strategico è un’arma offensiva, al pari di un sottomarino nucleare, mentre un missile anticarro è prevalentemente difensivo ma ciò non impedisce che esso possa essere impiegato in modo aggressivo”. Generale Camporini, il presidente Zelensky lamenta la lentezza nella fornitura di armi offensive. L’occidente deve fare di più? “Si fa quel che si può. Alla fine anche il presidente ucraino si è reso conto che la richiesta di No fly zone non era accettabile e ha smesso di parlarne. Ora si discute di inviare ai combattenti mezzi blindati e artiglieria pesante che, considerando la situazione sul campo, potrebbero essere considerate come armi difensive”.
Sempre Zelensky e il presidente americano Biden hanno parlato di “genocidio”, una fattispecie penale modellata sulla Shoah, una tragedia unica nella storia umana. Non sarebbe meglio attendere l’esito di indagini e processi? “Il genocidio è un crimine molto specifico, consiglierei cautela anche se comprendo l’intento propagandistico per far colpo sull’opinione pubblica. Si parla di genocidio a proposito dello sterminio degli ebrei o del popolo armeno o degli indiani d’America nell’Ottocento. Dubito che sussistano i presupposti giuridici”. A proposito di propaganda, come interpreta la scelta del presidente russo Putin di insignire di una onorificenza la 64esima brigata fucilieri motorizzati, quella accusata dei massacri di Bucha? “Anche se il reparto in questione si fosse mostrato il più eroico sul campo, io avrei atteso a compiere un simile gesto, considerate le polemiche in atto. Se questa considerazione non è stata fatta, temo che sia subentrato un pensiero ben più insidioso: ogni azione compiuta per umiliare il popolo ucraino è consentita, anche con un certo compiacimento. Del resto, le forze armate russe non sono estranee ad atti particolarmente crudeli. In un libro di qualche anno fa, un ex combattente di nome Arkadij Babcenko che aveva partecipato a due campagne in Cecenia, nel ’95 da soldato di leva e nel ’99 da volontario, raccontava il tipo di disciplina imposto dai vertici militari, il livello di corruzione dilagante tra i generali russi che vendevano munizioni ai ribelli. Adesso per le strade delle città ucraine assistiamo alle razzie negli appartamenti, un fatto inaudito. Anche in guerra esistono delle regole, e non si venga a dire che pure noi occidentali abbiamo la coscienza sporca. C’è una differenza fondamentale: in Iraq e altrove i nostri soldati sanno che, se sbagliano, andranno incontro a un processo e, in caso di condanna, a una punizione. Tra le truppe russe invece prevale il senso di impunità”.
Il governo di Pechino ha fatto sapere che rafforzerà il “coordinamento strategico” con la Russia indipendentemente dall’evolversi della situazione internazionale. “E’ una posizione preoccupante perché potrebbe preannunciare un’estensione del conflitto. La Cina, del resto, ha interesse ad assicurare la mobilità delle merci in entrata e in uscita, non trae alcun vantaggio dalla prosecuzione della crisi perché ha bisogno di far circolare le merci per garantire la pace sociale interna. Un tale annuncio potrebbe celare l’intenzione di entrare nel conflitto in funzione anti Usa, con un occhio a Taiwan. Sarebbe la terza guerra mondiale”. La storia ci insegna che a volte basta un incidente. “Lei pensi a Sarajevo, anche allora il mondo era interdipendente, eppure il proiettile contro l’arciduca Francesco Ferdinando condusse alla Prima guerra mondiale. Se Pechino si convince che non c’è alternativa alla guerra aperta con gli Stati Uniti, entriamo in uno scenario di totale instabilità”. L’Europa ha isolato la Russia senza offrire alternative geopolitiche all’abbraccio con la Cina? “Io sono tra quelli che hanno sempre pensato che con Mosca ci legano anzitutto radici culturali comuni. Le nostre responsabilità le abbiamo ma Putin, non la Russia, ha deciso di non concedere spazio alla mediazione perdendosi nel sogno imperialistico di Pietro il Grande. Per una landa semideserta come la Russia, la vicinanza a una potenza sovrappopolata non è garanzia di sicurezza”.