Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale russa (foto di Ansa)

problemi dorati

L'oro che non luccica. Le mosse di Mosca rivelano crescenti difficoltà

Riccardo Trezzi

La Banca centrale russa fissa il prezzo dell'oro al ribasso. La mossa per rispondere alle sanzioni americane, ma forse non basterà

Il 25 Marzo la Banca centrale russa ha annunciato la disponibilità ad acquistare oro fino al 30 giugno a un prezzo fisso di 5 mila rubli al grammo. Questa politica monetaria, perlomeno curiosa, è stata presa come “un nascente gold standard” da commentatori e (ex) politici nostrani dei quali tacciamo il nome per amor di patria. Nei fatti, invece, rivela le crescenti difficoltà di Mosca. Il “gold standard” è stato un sistema monetario in vigore dalla fine del diciannovesimo secolo fino al 1971 nel quale i paesi aderenti fissavano una parità tra la propria valuta e un bene  di riferimento (l’oro). Essendo i cambi bilaterali oro-valute prefissati, i cambi tra le valute (ad esempio tra il dollaro e la sterlina) non erano liberi di fluttuare ma venivano imposti fissi. Non è questa la sede per spiegare perché nel 1971 il Tesoro americano mise fine al gold (exchange) standard. Solo si certifica che l’attuale sistema di cambi flessibili (rublo incluso) non ha nulla a che vedere con quel sistema. Come interpretare quindi la decisione dell’autorità russa di comprare oro a un tasso fisso rublo/oro per un periodo limitato di tempo? 

 

La decisione di Mosca è stata presa a seguito di una nota del Tesoro americano (datata 24 Marzo) nella quale si specifica che le sanzioni si intendono estese alle riserve auree. Ovvero, non potendo gli Stati Uniti congelare l’oro di Mosca (poiché in territorio russo), hanno impedito a soggetti giuridici americani di acquistare oro proveniente dalla Banca centrale russa, ove tracciabile. Ma il cambio stabilito dalla Banca centrale russa al momento dell’annuncio implicava un forte sconto rispetto al prezzo di mercato, poiché la Banca centrale proponeva di acquistare un grammo di oro pagandolo circa 50 dollari americani contro un valore di mercato di circa 63 dollari.

 

Ed è questo il punto. L’unica spiegazione plausibile, infatti, per cui una banca commerciale russa avrebbe venduto oro alla banca centrale a un prezzo inferiore a quello di mercato è che le banche russe non riuscissero a trovare controparti disponibili alla transazione e quindi preferissero incassare liquidità immediata a fronte di uno sconto sul valore dell’oro. Non solo, ma ciò rivela anche (come ammesso dal comunicato della stessa Banca centrale russa) una crescente domanda di oro del settore privato come forma di assicurazione contro una nuova svalutazione del rublo oltre alla crescente necessità della banca centrale di riserve auree dato il congelamento di quelle in valuta estera.

 

Insomma, più che nuovo gold standard quello della Banca centrale russa è un oro che non luccica. Non vi è dubbio alcuno che le sanzioni stiano facendo effetto: il sistema bancario è isolato, la Banca centrale è a corto di riserve e il settore privato è preoccupato per una nuova svalutazione del tasso di cambio. A conferma sono arrivate nella giornata di ieri le stime del Fondo monetario internazionale (Fmi) che prevede per il medio termine non solo una fortissima recessione senza recupero (-8,5% di pil nel 2022, -2,3% nel 2023 e solo +1,5% nel 2024), ma anche inflazione elevata (21,3% nel 2022, 14,3% nel 2023 e 9,0% nel 2024) nonostante il brusco innalzamento dei tassi. Per questo non stupiscono le parole di lunedì della governatrice russa Elvira Nabiullina secondo la quale “il periodo in cui l’economia può vivere sulle scorte è limitato”, ma soprattutto secondo la quale “i produttori russi dovranno cercare nuovi partner, logistica, o passare alla produzione di prodotti delle generazioni precedenti”. 

 

A dire il vero, Nabiullina ha anche aggiunto che il rischio inflativo “non dovrebbe essere incontrollabile”. Noi, però, ci permettiamo di dissentire perché, come spiegato recentemente su queste colonne, esiste un trade-off tra controllo dell’inflazione e stimolo anti-recessivo: per “controllare” l’inflazione Mosca è costretta a una recessione severissima senza prospettive. Ricordando che la differenza vera in questa guerra è proprio questa: da questo lato del muro è dato dissentire.

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