La sfida Le Pen-Macron spiegata con il monopolio del cuore
Chi vincerà non si sa. Ma chi ha vinto nell'ultimo dibattito, ai punti, sembrerebbe lei: Marine, che tiene testa al presidente francese, anche se il putinismo dissimulato non è così efficace
Chi vincerà non si sa, ovvio. Chi ha vinto, ai punti, sembrerebbe lei, Marine. Piccola vendetta fredda, cinque anni dopo. Era inevitabile. Malgrado il nome, l’origine, la storia personale, le idee, le connessioni pericolose in Francia e all’estero, malgrado il putinismo, la voglia di chiudere un paese tra i più aperti al mondo, malgrado la sciatteria sovranista e programmi economici da alto medioevo, l’offensiva dello charme un punto lo ha segnato, in tv; inevitabile forse, perché Macron risulterà sempre il presidente dei ricchi e lei la candidata del popolo. Un fattore di genetica politica al quale si associa un fattore di genetica e basta. Perché in cinque anni ha preso risalto, di contro non solo a Macron, ma a Zemmour e altri tromboni oggi indispensabili alla vittoria di Macron, il suo essere donna, femme, épouse, mère, zia eccetera.
(Il tempo di parola e il tempo d’immagine sono in perfetta parità, negli auspici di Tf1. Le telecamere sono diciassette. I temi sono scanditi in anticipo, Léa Salamé e Gilles Boileau cercano di farli rispettare con scrupolo all’americana, tanto al potere d’acquisto, tanto alla politica estera e alla guerra, tanto alle pensioni, alla sanità, al bilancio eccetera. Lui è pronto dalle 20, con Brigitte. Lei lo stesso, ma con Jordan Barella, il giovane segretario del partito. Abito scuro, quasi cravatta nera per Marine, Macron un po’ più chiaro. Gli adepti pronti a diffondere forze e debolezze del candidato amato e dell’avversario con un occhio, due occhi ai social).
Comincia lei con un riferimento al popolo, sorride, ride, sembra serena. Il popolo soffre da cinque anni, precarietà, un’altra scelta di buon senso è possibile. Rinascita democratica, protezione collettiva, sicurezza, potere d’acquisto. Pippone efficace sulla concordia e la giustizia. Lui più formale, chiarificazione per decidere tra qualche giorno. Periodo difficile, crisi ignote da un secolo, ritorno della guerra dopo la pandemia. Più indipendenza e più forza per il paese, migliorando la vita quotidiana, scuola, salute, rendere migliore la vita. La Francia più forte se grande potenza ecologica del XXI secolo. Meno efficace, ma molto serio.
Economia. Marine. Sono portavoce dei francesi, questo sono. Elenco delle lamentele. Generico. Attacco alla tassa sul carburante, ammiccamento ai gilet gialli. Via per sempre l’iva sull’energia. Imbrogliata sulle cifre da subito. Granquilla. Un poco falsa. Ma suadente la sua demagogia. Restituire ai francesi i loro soldi, bum. Ma detto bene. Emmanuel. Il potere d’acquisto è cresciuto, ma voi avete ragione, c’è collera, non si arriva alla fine del mese di questi tempi. Serve uno scudo. Bloccare i prezzi, è più efficace dell’eliminazione dell’iva. Voi avete votato contro lo scudo. Io difendo il mio bilancio: cerco l’efficacia. Un dispositivo di crisi. Il lavoro. Voi nel programma non citate la parola disoccupazione. Grazie, è un riconoscimento per quanto abbiamo fatto creando lavoro per i francesi. Rivalorizzate le pensioni. La controscena di Le Pen è seria, non sarcastica. Prende colpi ma con stile presidenziale.
Poi cede a un moto di stizza, quando lui le rimprovera la sua assenza a un dibattito sul potere d’acquisto e il voto contrario al blocco dei prezzi. Lei replica sull’iva, ma è meno credibile su questi temi, e lo sente. Lei si riferisce alla vita vera, lui replica siamo tutti nella vita vera, momento Giscard. Lei in difficoltà sul controllo statale dei salari. Lui all’offensiva della competenza. Ma lei più nella vita vera, per così dire. Lei molto calma, dice cose generiche ma le dice bene, con l’aria di una presidentessa potenziale. Si impappina su inflazione e crescita. Lui molto dottorale, accademico, sornione, ironico, abile, ma tecnico. Il suo charme è per gli informati, per le città, per chi sa o vuole sapere. E’ fuori dall’orizzonte della protesta, che praticava alla grande nel 2017. Emmanuel firma un assegno alimentare per studenti e vulnerabili. A momenti sull’iva lei boccheggia letteralmente. Terreno scivoloso l’economia, come cinque anni fa. Non c’è gara. Sull’inflazione è imbattibile.
Guerra. Macron. Armi, accoglienza, sostegno all’Ucraina. Contro l’escalation, l’éscalade. Europa. Esercito. Toni da uomo di stato. Le Pen. Solidarietà e compassione per gli ucraini, aggressione inammissibile. Ammetto che avete preso misure giuste. Siamo mobilitati anche noi. C’è un confine tra aiuti e cobelligeranza. Critico le sanzioni sull’energia. Un cataclisma per le imprese e le famiglie. Non possiamo fare harakiri. Paura che Russia e Cina si chiudano in un pericoloso blocco delle superpotenze. Imbarazzata. Si capisce che il putinismo dissimulato non è così efficace. E Macron ha buon gioco a rimproverarglielo. Annessione della Crimea, Marine è stata la prima a riconoscerla. Voi dipendente da banche russe, tutto trasparente e conosciuto. Voi non parlate ad altri che non siano i vostri banchieri. Ambiguità, non siete liberi su questo soggetto. Fenomenale. Lei risponde, sono libera e sono una patriota. Mantiene il suo sangue freddo. Gli rimprovera i suoi incontri con Putin. Negli argomenti Macron le dà, sulle bache russe sono legnate, nel tono lei si mostra diversa da cinque anni fa, o cerca di esserlo con un minimo di credibilità, il che fa notizia.
Devo chiudere su questo scontro alle nove e quaranta. Nel 1981, a quattro giorni dalla vittoria a sorpresa di Mitterrand, il giornalista italiano di gran lunga migliore, più competente e informato, il compianto Alberto Ronchey, si lasciò sfuggire un “vincerà Giscard” che non si perdonerà mai. Le varianti erano troppe, i voti di scarto furono risibili, quattrocentomila, con il contributo determinante dei territori d’oltremare. Dopo sette anni di regno da riformatore gentile d’Europa, Giscard poteva sembrare imbattibile, tanto più che nel carro di Mitterrand erano provvisoriamente ospitati, per essere scaricati subito alla prima occasione, i comunisti, allora impopolari al centro, un fardello elettorale, s’immaginava. Ronchey non faceva previsioni, ma analisi puntuali, d’abitudine, e imbattibili. Quel giudizio incauto dipendeva da una frase meravigliosa che Giscard aveva consegnato, sette anni prima, nel 1974, come una coltellata al suo rivale, quando massimamente popolareggiava e solidareggiava e socialisteggiava contro il presidente dei ricchi di allora: voi non avete il monopolio del cuore. Che stoccata. Eppure nel 1981 fu vero l’inverso, il monopolio del cuore del presidente del popolo e dell’unione della gauche si affermò nella minuscola maggioranza che diede alla Francia quattordici anni di mitterrandismo senza cuore, eseguiti alla grande sullo scenario del mondo e dell’Europa, con un cinismo fiorentino quasi senza precedenti, almeno dal sedicesimo secolo europeo, in collaborazione, va da sé, con il forte partito dei ricchi, dell’argent, che Mitterrand disprezzava ma sapeva usare come nessuno. Dio non voglia che la storia si ripeta. Ha vinto Marine, forse, vincerà Macron, forse.