(Foto di Ansa) 

Le minacce cibernetiche di Putin mettono in affanno i servizi segreti

Valerio Valentini

La volontà di potenziare i servizi segreti italiani è stata affrettata dalle operazioni militari in Ucraina: l'Agenzia italiana per la cybersicurezza si trova ora a rincorrere gli altri stati nel momento di massima allerta internazionale

Per una bizzarra coincidenza, l’avvio delle operazioni per rafforzare la nostra difesa cibernetica è scattato alla vigilia dell’altra “operazione”, quella sedicente speciale lanciata da Vladimir Putin nell’invadere l’Ucraina. E forse allora non è un caso che il precipitare degli eventi, la deflagrazione di una crisi diplomatica a livello globale, abbia indotto il governo a valutare un immediato passo in avanti, nella direzione intrapresa. Perché il bando pubblicato in Gazzetta ufficiale il 22 febbraio, quello con cui l’Agenzia italiana per la cybersicurezza lancia un concorso per assumere 50 esperti informatici, potrebbe essere seguito a breve da ulteriori misure in tal senso. Perché i vertici dei nostri servizi ritengono per nulla astratta l’eventualità di ritorsioni paraterroristiche da parte del Cremlino nei paesi più esposti nel sostegno a Kyiv. E tra le varie minacce attuabili quella “ibrida” – soprattutto quella cibernetica –  è di gran lunga la più attuabile. Se non altro, perché sfugge ai vincoli convenzionali, ai confini fisici, a cui pure la logica folle della guerra deve sottostare. E a volte colpisce anche di rimbalzo. Non a caso un paio di settimane fa, mentre ancora infuriava la battaglia intorno alla capitale, i collaboratori di Roberto Baldoni, il prof. messo a capo dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, hanno allertato l’ambasciatore Pier Francesco Zazo perché li aiutasse in tutta fretta a contattare alcune aziende di mobili italiane con sede in Ucraina: stavano per condividere dei sistemi di autentificazione “infettati” da Mosca, il che avrebbe diffuso anche nelle reti italiane uno di quei malware che hanno mandato in tilt centinaia di siti nel paese invaso – i russi, dall’inizio della guerra, ne hanno diffusi tre, di tipologia Wiper, tutti e tre assai letali. L’operazione d’emergenza è andata a buon fine, ma l’affanno con cui è stata condotta ha ribadito la necessità di una svolta. 

 

Del resto Baldoni si ritrova a dover fare di necessità virtù: a dare forma, cioè, con anni di ritardo rispetto a Germania e Francia, per non dire di Israele e Stati Uniti, a un’agenzia appena nata, e farlo per giunta in un momento di allerta mondiale. La task force di cui si serve l’agenzia, il Csirt, può contare su 70 esperti informatici e un budget annuo  di appena 700 mila euro. Senza considerare, poi, che l’Italia deve ancora dotarsi di un vero Registro delle infrastrutture sensibili sul modello di quello americano: nel proteggere da possibili attacchi cibernetici i gangli vitali del paese – gli snodi energetici e sanitari anzitutto, ma anche i siti istituzionali, dalla Consob a Banca d’Italia, fino ai principali hub nazionali delle telecomunicazioni – l’Agenzia è costretta ad agire in un perimetro normativo un poco fumoso. E perfino per mettere in sicurezza i quasi 2.800 enti pubblici che utilizzano un antivirus russo come Kaspersky, in Italia bisogna muoversi tramite raccomandazione, non essendo ancora attiva una procedura che relega in blacklist gli strumenti ritenuti più rischiosi, come in America. E anche su queste anomalie si concentrerà un dossier che Baldoni pubblicherà a inizio maggio, dove verranno fissati 80 obiettivi da raggiungere entro il 2026.
Il Pnrr, anche qui, ci obbliga a colmare le nostre lacune. E i 640 milioni destinati alla cybersicurezza serviranno a rafforzare la nostra rete di sicurezza. Entro fine anno,  bisognerà rendere operativa la nuova Agenzia. E intanto, si inizia dalle assunzioni. Il bando pubblicato a fine febbraio consentirà di affiancare 50 nuove persone alle 90 che già lavorano nell’Agenzia. Ma il governo sta valutando la possibilità di accelerare sui prossimi obiettivi che fissano a 300 i tecnici da arruolare entro il 2023, per arrivare fino a 800 nel 2026. Un piano rafforzato di assunzioni, per fare prima e fare meglio, non è escluso. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.