L'intervista
Il nuovo patto di Macron tramite l'analisi politologa di Nicolas Baverez
Meno Jupiter più “proximité”. Il politologo ci spiega che cosa deve fare il presidente per “federare” le anime diverse dei francesi e colmare le fratture della società
Parla di “una vittoria fragile e senza trionfalismi” Nicolas Baverez, uno degli analisti politici più ascoltati di Francia, autore di un recente saggio (“Reconstructions”, Editions de l’Observatoire) sulla ricostruzione di democrazia e capitalismo dopo la crisi sanitaria. Però giudica il risultato “notevole” per il primo presidente che, a differenza dei suoi predecessori Mitterrand e Chirac, è stato rieletto senza l’esperienza di una coabitazione, col 58,5 per cento dei voti, a fronte del 41,5 per la destra sovranista di Marine Le Pen: “Un risultato tanto più notevole quanto più il primo quinquennio Macron è stato segnato dalla crisi dei gilet gialli, dal terrorismo islamico, dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina”. Eppure non si fa illusioni l’avvocato, studioso di Raymond Aron ed economista di vaglia: “La performance di Macron continua a rappresentare un voto fragile, per l’alta percentuale di astensioni e schede bianche, pari al 39 per cento del corpo elettorale, il che non inficia la legittimità della sua vittoria, ma la rende vulnerabile, obbligandolo a tener conto del voto dell’estrema destra, pari al 40 per cento, e a quegli elettori che hanno votato per lui non per sostenere il programma, ma solo per bloccare l’estrema destra ”.
E’ un dato di cui lo stesso Macron è consapevole a giudicare dalle poche e sobrie parole pronunciate dopo i primi exit poll al Champ de Mars. “Verissimo”, ammette Baverez. “Macron ha evitato i trionfalismi perché avverte la gravità dei tempi. Dovrà tener conto di quella Francia che non si riconosce in lui. In fondo, è stato eletto dal 25 per cento, appena un quarto dei francesi, che rappresenta un elettorato piuttosto agiato, urbano, professionale, con un livello di studi superiori. Dopo aver gestito la crisi sanitaria sa bene che deve modernizzare il paese per superare la frattura sociale“.
Per farlo dovrà cambiare metodo di governo oltre che rinnovare i contenuti? “Verosimilmente affronterà subito la questione della governabilità, nominando un nuovo governo, approntando un nuovo modo di governare, e preparando le elezioni legislative di giugno, con misure in difesa del potere d’acquisto. Il cantiere più importante sarà l’ecologia. Inoltre, bisognerà puntare sulla stabilità, con un nuovo patto sociale; assicurare il riarmo militare per migliore la resilienza francese in materia di energia; portare avanti una nuova strategia europea per sostenere l’agricoltura. Saranno questi i grandi temi sui quali puntare per vincere il detto terzo turno delle presidenziali, le legislative. Macron, dopo aver condotto una campagna elettorale per il primo turno tutta rivolta agli elettori di destra, per il secondo turno attenta solo agli elettori di sinistra, dovrà ridefinire un progetto politico”. Quanto al metodo: “Dovrà federare ancora di più le forze della maggioranza, aprire agli altri partiti nella composizione del governo puntare sulla concertazione, sulle conferenze cittadine, persino sui referendum di iniziativa popolare”.
Anche Baverez ritiene che Macron rinuncerà alla “présidence jupitérienne”, fondata sull’immagine di Giove che governa dall’alto del Monte Olimpo il destino degli umani, per una “présidence de proximité” attenta ai bisogni della gente, e sensibile al disagio dei più deboli e perciò più aperta alle concertazione con le parti sociali? “Unire le forze e federare il massimo numero di alleati presuppone il superamento del potere ipercentralizzato della presidenza francese. Macron dovrà associare di più i sindacati, la società civile, i territori. La crisi sanitaria ha dimostrato i limiti dell’iper-centralizzazione. Adesso si tratta di puntare di più e in modo sistematico sulla decentralizzazione facendo leva sui poteri locali sulle energie dei territori”.
Alla discontinuità sul piano interno, corrisponderà una continuità in politica estera? “La vera continuità è la sovranità europea. Macron cercherà di unire le forze per rilanciare le sanzioni contro la Russia, ma dopo i crimini di guerra scoperti a Bucha e gli altri che si scopriranno sarà difficile riaprire il dialogo con Putin”, dice Baverez. “Col nuovo vertice europeo punterà sulla bussola strategica. La Nato, rinvigorita dalla reazione all’aggressione russa contro l’Ucraina, con la recente richiesta di adesione da parte di Svezia e Finlandia, è ormai l’unica chiave per la sicurezza europea. Sicché, invece di ridurre il ruolo della Francia nella Nato, Macron intenderà dar corpo al pilastro europeo in seno alla Nato, sia per la lotta al terrorismo che ridiventa una priorità, sia per sorvegliare le frontiere esterne. A questo si aggiunge l’attenzione alla sicurezza europea in materia di energia e di agricoltura, e una riflessione sul secondo piano di rilancio sulla sicurezza, in vista del vertice di Lione, con la riforma del patto di stabilità per conciliare i nuovi margini di manovra accettabili per quei paesi con un debito pubblico superiore al 100 per cento del pil, come la Francia e l’Italia”.
Ma il disagio sociale quanto inciderà sulla ridefinizione della politica europea? “In effetti, il problema vero è il contesto degradato, da nuova guerra fredda, di cui poco si è parlato in campagna elettorale, un contesto segnato da meno crescita, più inflazione, più alti tassi, ricatti in materia di energia e di agricoltura, la guerra in Ucraina e il conflitto tra le democrazie liberali e regimi autoritari. La difficoltà principale sarà però la politica interna, dove il governo centrista ha una base politica e sociologica minoritaria e dovrà vedersela con un paese scoppiato, due forze estremiste piena di energia, e con la dinamica della collera innescata dai suoi oppositori. Il voto per le legislative di giugno è già la priorità per Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon, anche se il maggioritario a doppio turno gioca a loro svantaggio. Dalle urne in giugno uscirà una maggioranza parlamentare composita a favore di Macron, ma resta l’incognita del rapporto con gli eletti e i gruppi parlamentari di estrema destra e di estrema sinistra”.