Macron promette di tessere il dialogo in una Francia a pezzetti. La strada dei débat
La promessa di unità è spesso stata tradita. Il cuore francese si era spaccato a metà, ma ancora oggi, quasi cinquant’anni dopo, il presidente ambisce a questo, al monopolio dei cuori, con il dialogo e l’arte del rammendo
Emmanuel Macron ha vinto il suo secondo mandato alla guida della Francia, ha ricompattato il paese contro l’estrema destra lepenista e ha detto che i prossimi cinque anni saranno duri ma saranno diversi da quelli passati, promette di ricucire, di restaurare il confronto e il dialogo tra i francesi. Cinque anni fa, quando lo slancio centrista era al suo esordio e quindi al suo picco d’entusiasmo, Macron aveva detto che non ci sarebbe più stato bisogno, nella sua Francia, di votare l’estremismo: non è accaduto. Oggi l’offerta macroniana convince di fatto un francese su quattro, il resto è dialogo da costruire, cuori da conquistare. La promessa di discontinuità rispetto al passato ha a che fare con i giovani, con l’ecologia, con il potere d’acquisto, ma anche con la leadership stessa del presidente, che ha dato il suo meglio nel primo mandato quando si è buttato nei débat, si è arrotolato le maniche della camicia e si è messo a parlare con i francesi. Fuori dal palazzo, fuori dall’insularità di un team di consiglieri sempre più stretto e più inaccessibile, il Macron delle origini, en marche. E’ consapevole che per essere il presidente di tutti deve allargare il pubblico cui si rivolge: non è soltanto una scelta “più a sinistra”, come si dice ora studiando il totonomine del prossimo primo ministro francese, ma è un nuovo metodo basato sulla convergenza.
La promessa di unità caratterizza tutti i leader che hanno vinto le elezioni dopo la crisi finanziaria del 2009, che aprì le porte a una polarizzazione sociale e ideologica che non ha ancora trovato una compensazione. Quando Joe Biden è stato eletto presidente nel 2020, nel suo primo discorso ha usato parole simili a quelle utilizzate da Macron al Champ de Mars domenica sera: sarò il presidente di tutti (Biden disse anche, in sostanza, che la guerra era finita: in America c’era stata la stagione trumpiana, i francesi ci hanno risparmiato quell’esperienza). Prima di lui, Barack Obama aveva detto la stessa cosa: non c’è un’America blu e una rossa, c’è un’America unica, e io la guiderò tutta intera. Non andò così a Obama né sta andando così a Biden, che fa fatica a trovare un consenso bipartisan alle sue leggi al Congresso e che alle elezioni di mid-term rischia di ritrovarsi con difficoltà ancora maggiori. E’ lo stesso rischio che corre Macron: alle legislative previste per giugno i partiti che hanno perso le presidenziali studieranno e forse troveranno il modo di riunirsi in chiave anti Macron. Il presidente ha anche un problema in più, di cui è prematuro parlare adesso ma che accompagnerà il suo secondo mandato: cercare un successore, dare all’esperienza macroniana un futuro oltre Macron.
A giudicare dalle esperienze recenti in altri paesi occidentali, la restaurazione del dialogo democratico oltre i movimenti sovranisti e populisti è molto complicata. Anzi, si direbbe che è quasi impossibile o almeno finora non c’è un esempio che possa farci dire: ricucire si può. Ma non essendoci al momento un’alternanza possibile – se la sfida è, come è da un po’, tra liberali e illiberali, salta anche la tradizionale scelta tra moderati di sinistra e moderati di destra – non resta che tessere e attrarre, costruire strumenti politici che aggancino chi si sente escluso da un’offerta che sembra costruita per i redditi più alti, per i più anziani, per i più istruiti. Nel dibattito presidenziale del secondo turno del 1974 tra Valéry Giscard d’Estaing e François Mitterrand, il primo trasmesso in televisione in Francia, il secondo disse al primo, parlando della necessità di distribuire in modo più equo la ricchezza: “E’ una questione di intelligenza, ma è anche e soprattutto una questione di cuore”. Giscard d’Estaing rispose con una frase rimasta celebre: “Trovo scioccante e doloroso che lei rivendichi il monopolio del cuore. Lei non ce l’ha, questo monopolio, monsieur Mitterrand”. Giscard d’Estaing vinse al ballottaggio con il 50,8 dei voti, la corsa più serrata della Quinta Repubblica. Il cuore francese si era spaccato a metà, ma ancora oggi, quasi cinquant’anni dopo, Macron ambisce a questo, al monopolio dei cuori, con il dialogo e l’arte del rammendo.