Le contraddizioni di Scholz per giustificare la posizione tedesca su sanzioni e armi

Luciano Capone

Nella versione del cancelliere ci sono delle contraddizioni, che alimentano dubbi e retropensieri

L’ambiguità della Germania rispetto alla guerra in Ucraina è evidente nell’incapacità del governo tedesco di spiegare la sua posizione con argomenti coerenti. La manifestazione più chiaro di questa linea confusa è la lunga intervista allo Spiegel di Olaf Scholz, in cui il cancelliere avrebbe dovuto chiarire la posizione del governo tedesco. E’ invece un insieme di giustificazioni di cosa si è fatto e di cosa non si intende fare che però si contraddicono tra di loro.

 

Una delle questioni più rilevanti è quella energetica, ovvero i massicci acquisti dalla Russia di gas e petrolio che continuano a finanziare la guerra di Putin. Alla domanda sulla decisione di Berlino di opporsi all’embargo sul gas, Scholz risponde di non ritenere che “un embargo sul gas porrebbe fine alla guerra. Se Putin fosse stato suscettibile alle argomentazioni economiche, non avrebbe mai iniziato questa folle guerra”. E poi prosegue dicendo che l’opposizione alla misura non è motivata da ragioni economiche nell’interesse della Germania, ma dell’intera Europa perché una crisi economica “inciderebbe gravemente anche sul finanziamento della ricostruzione dell’Ucraina”. A parte l’ipocrisia di far passare il no alle sanzioni sul gas, richieste dall’Ucraina, come una scelta più nell’interesse della stessa Ucraina che della Germania, è la giustificazione principale, e cioè l’idea che Putin non sarebbe sensibile alle argomentazioni economiche, che è contraddittoria con tutto quello che Scholz ha detto e fatto.

 

In primo luogo perché se Putin non risponde agli incentivi economici non significa affatto che le sanzioni economiche non servano, altrimenti vorrebbe dire che più della realtà conta come Putin se l’immagina. Le sanzioni hanno o meno un effetto a prescindere da cosa pensi lo zar. Putin era convinto che l’Ucraina non esistesse e che avrebbe potuto conquistare Kyiv in pochi giorni: la realtà si è incaricata di dimostrargli che si sbagliava.

 

Secondo. Se come dice Scholz le sanzioni su ciò che è più importante per la Russia (gas e petrolio) non servono, allora le sanzioni da lui approvate su settori molto meno rilevanti dovrebbero essere tolte. Su questo punto Scholz si contraddice nella stessa intervista, quando in un altro passaggio afferma che “la Russia sta affrontando difficoltà estreme: le sanzioni stanno causando enormi danni all’economia russa... Una pace fredda che non è stata suggellata da un accordo non libererà la Russia dal regime delle sanzioni. Putin è sottoposto a una pressione tremenda”. Ma allora Putin è sotto “una pressione tremenda” per le sanzioni o “non è suscettibile” alle sanzioni?

 

Terzo. Se l’embargo energetico non serve a nulla, allora non si capisce perché la Germania stia perseguendo una strategia di medio periodo di sostituzione delle fonti energetiche russe. Non si spiega perché Berlino ha deciso di sospendere il gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2. Nella stessa intervista Scholz dice che bisognava rendersi “più indipendenti dalle importazioni russe” già dal 2014: “Avremmo già dovuto rispondere all’annessione della Crimea con alcune delle sanzioni che ora abbiamo imposto. Ciò avrebbe avuto un effetto”. Ma ciò vuol dire ritenere che le sanzioni energetiche condizionino pesantemente le azioni di Putin. Il contrario di quanto affermato per giustificare il no all’embargo sul gas.

 

Quarto. Se il Cremlino non capisce il linguaggio dell’economia ma solo quello militare, allora la Germania dovrebbe armare l’Ucraina e invece anche su questo fronte è uno dei paesi più ambigui. Scholz ha più volte bloccato l’invio di armi pesanti, prima di dare ieri il via libera alla fornitura di carri armati Gepard, rimangiandosi nel giro di pochi giorni tutte le finte giustificazioni sul perché non fosse opportuno inviarli agli ucraini.

 

Rispetto alle incoerenze sul gas e sulle armi, il commentatore tedesco Wolfgang Münchau ha parlato di “doppiezza del cancelliere”, scrivendo che Scholz o è sotto ricatto di Putin o persegue un’agenda nascosta, in continuità con la linea pro russa del suo partito: “Impedire all’Ucraina di sconfiggere la Russia” perché, dice Münchau, “per l’Spd, la guerra in Ucraina rappresenta una minaccia esistenziale per due ragioni. Espone le politiche filo russe del partito negli ultimi 20 anni. E danneggia il modello economico dell’industria pesante, la parte di economia rappresentata dall’Spd”.

 

Molto probabilmente quella di Munchau è un’esagerazione, ma lo strettissimo legame di ieri tra l’Spd e Mosca e l’ambiguità di oggi del cancelliere rendono l’ipotesi non così assurda. Spetta a Scholz e alla classe dirigente tedesca, sia politica sia economica, fugare ogni dubbio e assumere una posizione chiara e in linea con le responsabilità della Germania. A partire dalle sanzioni sul petrolio russo di cui sta discutendo l’Unione europea.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali