The good spy

Avril Haines ha reso l'intelligence americana l'arma che ha cambiato la guerra in Ucraina

Paola Peduzzi

Oggi gli americani condividono ancora più informazioni con Kyiv rispetto all’inizio del conflitto e già ne condividevano tantissime. La strategia della direttrice della Cia sta rallentando i russi in Donbas

L’agenzia di intelligence americana ha cambiato le sue linee guida riguardo alla condivisione con gli ucraini delle informazioni sulla Russia. Una fonte di Bloomberg ha detto che Avril Haines, direttrice della National Intelligence, ha avvisato il Congresso di queste modifiche adottate dopo che Vladimir Putin ha annunciato la “riorganizzazione” delle operazioni in Donbas. Oggi gli americani condividono ancora più informazioni rispetto all’inizio del conflitto e già ne condividevano tantissime, e ancora prima avevano deciso di far sapere pubblicamente quel che sapevano dell’organizzazione russa dell’invasione. E’ stata una strategia decisiva, tanto che oggi alcuni dicono che la Haines è forse il miglior capo dell’intelligence di sempre, migliore di Putin, che pure della propria storia da spia ha fatto la sua dottrina. 

 

Avril Haines è stata la prima nomina dell’Amministrazione Biden a essere confermata al Senato: i senatori repubblicani le chiesero conto dei suoi trascorsi come vice di John Brennan alla Cia e dei suoi anni nel settore privato, durante gli anni di Trump, nella società WestExec, che è stata fondata dall’attuale segretario di stato, Antony Blinken. I senatori democratici le chiesero conto dell’hackeraggio sui computer del Senato che investigava sulle torture e le rendition della Cia, che la Haines aveva deciso di minimizzare e poi di far scomparire. L’ala radicale dei democratici, anche fuori dall’Aula, le chiese conto della sua partecipazione alla “strategia dei droni” dell’Amministrazione Obama, del suo impiego presso la Palantir, la controversa azienda del trumpiano libertario Peter Thiel (secondo Intercept, la Haines ha fatto sparire dal suo curriculum quella breve esperienza) e del suo appoggio dato ai vertici della Cia scelti dallo stesso Trump. Fuori dalla politica, i ritrattisti si sono invece dilettati a raccontare la sua passione per gli aerei, il marito pilota (e suo istruttore), la libreria-bar che aveva a Baltimora dove leggeva testi erotici, la cintura marrone di judo e poi la laurea tardiva in Giurisprudenza a Georgetown, che l’ha infine catapultata nel cuore dell’Amministrazione Obama, tra il dipartimento di stato, il consiglio di Sicurezza nazionale e la Cia: John Brennan, che la chiama la “bohémienne”, la volle come sua vice quando fu nominato direttore della Cia. E poi è circolata anche la frase detta da un suo amico: il motto della Haines è “se una cosa non è legale, non si fa”. Lavorando nel mondo dell’intelligence, dove i confini del lecito e dell’illecito si confondono con la necessità e l’urgenza, Haines ha probabilmente imparato a circostanziare meglio il suo motto. Poi è arrivata l’invasione di Putin. Anzi, l’organizzazione dell’invasione: a novembre, la Haines aveva cominciato a mostrare le prove degli spostamenti russi verso i confini, aveva allertato le intelligence alleate (gli inglesi erano stati i più reattivi e già a gennaio avevano iniziato a inviare sostegno militare all’Ucraina) e poi con Biden aveva deciso la strategia della trasparenza che ha scandito il mese di febbraio, dividendo  (già) il mondo tra chi diceva che l’America stava provocando Putin e chi diceva che l’America stava anticipando e denunciando le mosse belligeranti di Putin.

 

Poi è tornato il segreto. A marzo, testimoniando al Congresso, la Haines ha detto che il mondo aveva sbagliato a interpretare Putin, si era illuso su Putin, e che quell’errore non doveva più essere ripetuto. Disse anche che i servizi americani erano già molto operativi nell’aiutare gli ucraini a contrastare l’avanzata dell’esercito russo. Oggi che stiamo cercando di raccontare con più informazioni (e orrori) la prima fase della guerra, scopriamo giorno dopo giorno che se le armi sono arrivate con ritardo rispetto alle richieste e alle necessità di Kyiv, l’intelligence invece ha operato fin da subito consentendo all’esercito ucraino non soltanto di evitare la guerra-lampo di Putin, ma anche di constringerlo alla cosiddetta riorganizzazione. Ora la maggiore condivisione di informazioni consentita dalle nuove linee guida della National Intelligence riguarda lo scontro nel Donbas, una guerra tecnicamente diversa rispetto a quella nelle città e, sulla carta, più complicata per l’esercito ucraino. Un giornalista dell’Nbc che si occupa di intelligence ha detto che è stato chiesto ai reporter di non parlare delle eventuali strategie di cui vengono a sapere perché potrebbero dare un vantaggio a Putin. Se i russi vengono a sapere cosa sanno gli americani, li anticipano. Ora la strategia è di nuovo quella della segretezza, la tattica classica delle spie, quella di cui il maestro è Putin, ma maestra sembra anche la Haines: se le operazioni russe in Donbas vanno a rilento, è ancora una volta grazie all’intuizione originaria sul ruolo dell’intelligence, e alla convinzione più recente che Putin si può battere.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi