Allentare il cappio
L'Ue sceglie un embargo lento al petrolio di Putin. Deroghe per Ungheria e Slovacchia
Il pagamento in rubli chiesto da Mosca divide l’Unione europea. Cingolani prima asseconda la minaccia della Russia poi smentisce
Bruxelles. La Commissione di Ursula von der Leyen oggi dovrebbe proporre agli stati membri di adottare un embargo sulle importazioni di petrolio dalla Russia. Ma, fra tempistica, eccezioni e deroghe, l’unità dell’Unione europea inizia a scricchiolare, compromettendo l’efficacia delle sue sanzioni. La decisione di inserire il petrolio nel sesto pacchetto è arrivata solo dopo che Germania e Austria hanno tolto il veto all’embargo. Tuttavia entrambi i paesi hanno ottenuto di avere più tempo per emanciparsi dal petrolio russo. Secondo le indiscrezioni circolate a Bruxelles, il divieto di importazione di greggio e prodotti raffinati dalla Russia dovrebbe essere effettivo solo alla fine dell’anno. Ma non per tutti gli stati membri. Ungheria e Slovacchia potrebbero ottenere una deroga temporale più lunga o essere totalmente escluse dall’embargo. Il premier ungherese, Viktor Orbán, aveva definito gas e petrolio come una “linea rossa”. Domenica il suo governo ha minacciato di bloccare il sesto pacchetto con il veto. Per non correre il rischio di un clamoroso stallo che avrebbe messo in luce la rottura dell’unità dell’Ue, la Commissione ha scelto la via di una risposta disunita.
Più che a Bruxelles, la svolta sul greggio va cercata a Berlino. Il ministro dell’Economia, Robert Habeck, ha spiegato che la Germania è riuscita a ridurre la quota di importazioni dalla Russia dal 35 al 12 per cento. Attualmente “c’è una sola raffineria che lavora solo con il petrolio russo”. Per Habeck, “è un problema locale grosso” (in particolare per la zona di Berlino), ma un embargo immediato “non colpirebbe l’economia nazionale nel suo insieme”.
Tuttavia “sarebbe d’aiuto avere un po’ di settimane o mesi per prepararsi”, ha spiegato Habeck. L’embargo lento proposto dalla Commissione dovrebbe ricalcare il calendario che la Germania aveva già previsto a inizio marzo: l’uscita dal petrolio a fine 2022. La Commissione aveva fatto la stessa cosa con l’embargo sul carbone, con un periodo transitorio di quattro mesi per i contratti in essere che consente alla Germania di continuare a importare per quasi tutta l’estate. Il problema delle raffinerie che possono usare solo greggio russo tocca anche Ungheria e Slovacchia. In realtà, il governo di Bratislava sostiene da tempo l’embargo su petrolio e gas. La Commissione ha aggiunto la Slovacchia per non dare l’impressione di fare un favore a Orbán. Se il premier ungherese non si opporrà – e se non emergeranno problemi su altre misure, come l’esclusione di Sberbank da Swift – il sesto pacchetto dovrebbe essere approvato in settimana dagli ambasciatori dei 27.
Nel frattempo, si è aperta un’altra frattura dentro l’Ue sul diktat di Vladimir Putin di pagare le forniture di gas in rubli. Il tema è stato discusso dai ministri dell’Energia in una riunione straordinaria, dopo che Gazprom ha tagliato le forniture a Polonia e Bulgaria. “Continueremo a pagare i contratti in euro o in dollari. Non possiamo accettare manovre che violano i contratti”, ha avvertito il ministro francese, Barbara Pompili, che ha presieduto la riunione. Il suo omologo italiano, Roberto Cingolani, era assente (a Bruxelles c’era il sottosegretario Vanna Gavia) e ha inviato un messaggio via Politico.eu: “Sarebbe bene per qualche mese, almeno, permettere alle società di andare avanti e pagare in rubli”. La commissaria all’Energia, Kadri Simson, ha denunciato “un ovvio tentativo (di Putin) di dividere i nostri paesi” e ha risposto a Cingolani che il sistema di pagamenti in rubli è una violazione delle sanzioni. Lo scenario di tagli delle forniture ad altri paesi è considerato sempre più probabile. Simson ha chiesto ai ministri di “aggiornare i piani di contingenza” per sopravvivere senza gas russo. Cingolani ha poi smentito di aver aperto al pagamento in rubli, ma ritiene che lo schema euro-rubli non violi le sanzioni.