Prove di parata

Putin rinuncia alla vittoria del 9 maggio e nella Piazza Rossa porta un esercito striminzito

Micol Flammini

Mancano soldati e mezzi, e sul campo di battaglia non ci sono successi da rivendicare. C’è chi propone di portare gli ucraini catturati e che ora sarebbero detenuti in colonie penali fuori Mosca

Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto che il 9 maggio non è una data rilevante per la guerra in Ucraina. Il cambio di programma è ormai ufficiale, nasce da una necessità: sul campo di battaglia non ci sono vittorie da rivendicare.  Non ci sono città non in macerie in cui sfilare vittoriosi per ricordare la  Grande guerra patriottica, la vittoria contro la Germania nazista. Neppure la “seconda fase” annunciata nel Donbas ha portato risultati soddisfacenti, quindi ora il messaggio è un altro: facciamo le cose con calma. Bisogna però comunicarlo ai russi, e a farlo ci pensa il Primo canale della televisione russa, con il conduttore Vladimir Solovev che dice ai suoi ospiti, lì per annuire: “Non abbiamo bisogno di andare  di fretta, non serve finire in tempo per una festa prestabilita”. Nella capitale russa, le strade attorno alla Piazza Rossa sono state chiuse al traffico, sono cominciate le prove per la grande parata, che però sarà sottotono rispetto agli altri anni. Ha gli stessi problemi del fronte: mancano uomini e mezzi. Nel 2020 i veicoli erano 234; nel 2021 erano 197, quest’anno saranno 131. Non ci sarà la varietà degli altri anni, perché alcuni modelli saranno in guerra. Sfileranno invece i veicoli di ultima generazione, prodotti  in numero limitato e che  non sono stati ancora impiegati in Ucraina. L’aviazione invece  comporrà con i Mig-29 coreografie a forma di Z, la lettera simbolo dell’invasione, ma il numero di velivoli anche sarà inferiore rispetto agli altri anni. 

 

Molti modelli sono  in Ucraina, alcuni sono stati abbattuti,  e se i Sukhoi saranno in numero ridotto, la Russia nel cielo della  Piazza Rossa farà però sfoggio degli Ilyushin Il-80, chiamati “aerei del giorno del giudizio” perché sono progettati per essere utilizzati in caso di guerra nucleare. Secondo il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, le perdite russe superano i ventimila uomini, secondo gli Stati Uniti sono tra i settemila e i quindicimila soldati. Per  la parata non ci sono abbastanza uomini. Sfilare il 9 maggio era prerogativa dei soldati di leva, ma ora sono al fronte, spesso in prima linea, e i superstiti non possono essere riportati indietro  per marciare per Putin.   Alcune indiscrezioni raccontano  che ci sarà un gran numero di soldatesse in Piazza Rossa. Più allarmanti sono le informazioni che riguardano il progetto di utilizzare i soldati ucraini catturati e che ora sarebbero detenuti in colonie penali fuori Mosca.

 

Far sfilare gli ucraini  servirebbe a due scopi: rimpolpare i ranghi  e umiliare l’avversario.  La parata, che non si tiene soltanto a Mosca ma nella maggior parte delle città russe, rischia davvero di tramutarsi in uno spettacolo di un esercito che perde pezzi. Accanto a Putin ci saranno,  come al solito,  i veterani con le uniformi della Seconda guerra mondiale, e il presidente russo che non aveva voluto rinunciare alla parata neppure durante la pandemia e che, in questi anni, ne aveva fatto un grande evento per mostrare – per illudere i russi e anche gli occidentali – l’enorme portata dell’esercito russo, pronuncerà sicuramente un discorso. Avrebbe voluto fosse di vittoria, più probabilmente, secondo fonti occidentali e ucraine, sarà un discorso per annunciare “una mobilitazione generale”, per dichiarare guerra ancora una volta. Per annunciare una nuova fase. Rimane il solito problema: se gli uomini e i mezzi mancano per la parata, mancano anche per la guerra. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)