il racconto di meduza
Cosa ne è degli ucraini deportati nell'estremo oriente russo
Le autorità hanno promesso case e lavoro ma i rifugiati rimangono senza vestiti e senza la possibilità di andare altrove. Le testimonianze raccolte dalla rivista russa Meduza
Più di 300 rifugiati provenienti da Mariupol vivono da tre settimane nella città di Wrangel, nell’estremo oriente della Russia: nel territorio di Primorsky Krai. Durante le settimane di assedio russo a Mariupol, ora occupata, molti residenti non sono riusciti a fuggire in sicurezza verso i territori controllati da Kyiv. Alcuni civili nel tentativo di evacuare sono stati deportati con la forza nella città russa di Taganrog. Arrivati alla stazione ferroviaria locale, sono stati convinti a recarsi nell’estremo oriente del paese, dove sono stati promessi loro alloggi gratuiti, tassi ipotecari ridotti, sostegno al trasferimento e posti di lavoro. Così, circa 300 rifugiati ucraini sono finiti in una piccola città sulle rive della baia di Nachodka. Nelle interviste rilasciate a Meduza, i rifugiati che vivono a Wrangel hanno raccontato cosa è successo dal loro arrivo in Russia.
Prima del 24 febbraio, Anastasia lavorava come segretaria in una clinica privata di Mariupol. “Una mattina, circa mezz’ora dopo essere arrivata al lavoro, c’è stata un’enorme esplosione, poi un’altra. Ci è stato detto di tornare a casa”, dice, ricordando il giorno in cui Mosca ha lanciato l’invasione su larga scala dell’Ucraina. Anastasia è rimasta a casa con il marito Oleh e la figlia di cinque anni fino al 5 marzo, mentre i bombardamenti si avvicinavano sempre di più. L’elettricità, l’acqua e il gas erano stati interrotti, così come il servizio telefonico. “Il 5 marzo abbiamo visto i colpi di mortaio esplodere fuori dalla nostra finestra. Io e mia figlia siamo corse nel seminterrato dell’ospedale pediatrico, perché era il rifugio più vicino a casa nostra”, ha raccontato Anastasia. Hanno trascorso quasi un mese in quel seminterrato, insieme ad altre 200 persone, tra cui donne in travaglio – e poi anche i loro neonati. Nessuno sapeva come uscire dalla città. A causa della mancanza di elettricità e di servizi telefonici, le informazioni sui corridoi umanitari non hanno raggiunto le persone nascoste nel seminterrato. Anastasia ha detto che non c’era modo di raggiungere Zaporizhzhia e che gli ultimi treni per Kyiv (e da lì per la Polonia) avevano già smesso di funzionare alla fine di febbraio. Il 23 marzo, chi aveva un’auto si è diretto verso il villaggio di Bezimenne, che era sotto il controllo delle truppe russe. Tutti gli altri rimasero lì, nel seminterrato, ad aspettare. “Non avevamo né acqua né cibo e da due settimane non vedevamo nemmeno una fetta di pane. Il 27 marzo, un gruppo di soldati dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk (Dnr) ci ha trovati. Ci hanno chiesto se avessimo bisogno di qualcosa e, cinque o sei ore dopo, ci hanno portato un po’ di cibo, pane e acqua, oltre al carburante per il generatore, che ci ha salvati. Abbiamo iniziato subito a chiedere loro come potevamo uscire”, ricorda Anastasia.
Dall’inizio della guerra, secondo il ministero degli Esteri russo sono entrati in Russia quasi 900.000 rifugiati ucraini. I bombardamenti spesso hanno impedito ai civili di raggiungere il territorio controllato dall’Ucraina. I rifugiati di Wrangel non hanno detto a Meduza come abbiano attraversato esattamente il confine con la Russia. Ma ci sono molte testimonianze del processo di “filtraggio” a cui gli ucraini sfollati sono stati sottoposti dalle autorità russe, che include interrogatori e ispezioni, anche dei loro telefoni. Per alcuni, il processo ha comportato la permanenza per diverse settimane nei “campi di filtraggio”. Il 2 aprile, le truppe della Dnr hanno portato la famiglia di Anastasia a Novoazovsk, poi a Donetsk e poi ancora a Matveyev Kurgan, nella regione russa di Rostov. Poi sono stati mandati a Taganrog. Lì, “alcuni ragazzi” alla stazione ferroviaria hanno presentato loro un programma che fornisce sostegno per il trasferimento a Vladivostok, una delle principali città sulla costa pacifica della Russia. (I “ragazzi” alla stazione ferroviaria hanno dato ad Anastasia degli opuscoli della “Società per lo sviluppo dell’estremo oriente”, una società statale che si occupa di convincere i rifugiati a reinsediarsi nell’estremo oriente russo).
Attirati dal programma
Olga lavorava come infermiera a Mariupol. Suo marito era un elettricista e sua figlia un ingegnere. Avevano un’auto e “vivevano bene”, racconta. Durante l’assedio di Mariupol, hanno trascorso un mese e mezzo – dal 24 febbraio all’8 aprile – rifugiati in uno scantinato. La loro casa è stata distrutta dai bombardamenti un mese dopo l’inizio della guerra. “Non c’era modo di raggiungere una zona più sicura dell’Ucraina, l’unica opzione era la Russia”, dice Olga. “Ma anche in Russia, avevamo poche scelte su dove andare: a Kirov o in estremo oriente, nell’ambito del programma di reinsediamento. Siamo stati attirati qui dal programma. Pensavamo che ci sarebbe stato offerto un mutuo al 2 per cento, ma poi si è scoperto che era riservato alle famiglie in cui entrambi i coniugi hanno meno di 35 anni: lo abbiamo saputo solo dopo essere saliti sul treno”. Secondo diversi rifugiati intervistati da Meduza, una volta arrivati a Taganrog è stata offerta loro la “possibilità” di partecipare al programma di reinsediamento in estremo oriente. Alla stazione ferroviaria gli hanno consegnato dei volantini: dicevano che, una volta trasferiti lì, avrebbero ricevuto 2.500 euro di assistenza al trasferimento per ogni membro della famiglia, oltre a certificati di alloggio del valore massimo di 600.000 rubli (oltre 9 mila euro) per ogni rifugiato. Cifre simili sono state annunciate dal governo del Primorsky Krai durante un incontro con i rifugiati. Ma ciò che non gli è stato detto è che i prezzi degli alloggi nel Primorsky Krai non sono economici: solo Mosca, San Pietroburgo e Sochi sono più cari. Inizialmente erano state preparate 14 strutture di alloggio temporanee per ospitare un totale di 1.350 rifugiati provenienti dall'Ucraina; un terzo di esse erano state allestite a Vladivostok. Tuttavia, secondo una fonte di Meduza del ministero regionale per le situazioni emergenziali, al 12 maggio nessuno viveva nelle strutture di accoglienza temporanee di Vladivostok. Secondo Anastasia, all'arrivo alla stazione ferroviaria, alla sua famiglia è stato detto – senza ulteriori spiegazioni – che avrebbero alloggiato nella piccola città di Wrangel, vicino alla città portuale di Nakhodka, anziché a Vladivostok.
Nessuno offre un buon lavoro
Il 21 aprile, 308 rifugiati provenienti da Mariupol sono arrivati a Nachodka via Taganrog. Prima del loro arrivo, il governo regionale ha riferito che c’erano più di 1.700 posti di lavoro vacanti per i rifugiati di Mariupol in più di 200 organizzazioni. Una settimana prima dell’arrivo dei rifugiati, l’ufficio stampa del ministero per lo Sviluppo dell’estremo oriente e dell’artico russo aveva annunciato che c’erano ben 62.000 posti vacanti elencati nel database del Servizio per l’impiego di Primorsky e che gli specialisti stavano già offrendo lavoro ai rifugiati. “Le persone si stanno dirigendo verso l’estremo oriente con la chiara consapevolezza che lì le attende un nuovo lavoro”, ha dichiarato il capo del ministero, Alexei Chekunkov. Tuttavia, una fonte a conoscenza della situazione ha riferito a Meduza che, a tre settimane dall’arrivo, la maggior parte dei rifugiati provenienti da Mariupol non è riuscita a trovare lavoro. Il problema, secondo i rifugiati, è che gli stipendi per la maggior parte delle posizioni non bastano nemmeno per coprire l’affitto. “Mentre eravamo sul treno, hanno raccolto le nostre informazioni. Ci hanno detto che sarebbero state trasmesse a un centro per l’impiego e che, quando saremmo arrivati, avremmo avuto un lavoro pronto. Tutti abbiamo chiesto un impiego che includesse anche l’alloggio e ci è stato detto che così sarebbe stato: ma le cose non sono andate come ci aspettavamo. A mio marito è stato offerto un posto a bassa retribuzione, mentre a me non è stato offerto nulla”, ha raccontato Olga. Racconta anche che gli operatori sanitari ucraini devono sottoporsi a una ricertificazione per poter lavorare in Russia. Quindi, per il momento, non può lavorare nel suo settore. "A Nachodka", dice Olga, "nessuno offre un buon lavoro o un aiuto per l'alloggio".
A Oleksiy, arrivato da Mariupol, è stato offerto un posto di lavoro in un impianto di lavorazione del pesce di proprietà di Dobroflot, la più grande holding di pesca dell'estremo oriente. Ma è rimasto sorpreso dal salario offerto di 35.000 rubli (poco più di 500 euro) al mese. E’ molto più basso del salario medio regionale di 54.000 rubli (800 euro), secondo i dati di febbraio di Primorskstat. "Non sono disposto a lavorare per così poco: in Ucraina non ho mai guadagnato meno di 1.000 euro al mese", ha detto. Oleksiy dice che gli è stato offerto anche un lavoro per decapitare polli in un'azienda agricola, sempre per 500 euro al mese. Sebbene continui a cercare lavoro a Primorye, sta pensando di andare in Yakutia: pensa che lì potrà trovare un lavoro meglio retribuito. Anche Anastasia non è ancora riuscita a trovare un lavoro. "Per affittare una casa, bisogna pagare una commissione all'agente immobiliare e versare un deposito, per non parlare dell'acquisto di cibo e della ricerca di un lavoro. Non so a chi rivolgermi per ottenere aiuto e non so cosa fare", dice. I documenti del marito Oleh sono stati bruciati quando il loro edificio è stato bombardato a Mariupol. Sta cercando di ottenere dei documenti provvisori. "E’ un operatore di macchine e non siamo riusciti a trovare nulla di simile al suo lavoro nelle vicinanze. Ma a questo punto, prenderemo in considerazione qualsiasi cosa. L'importante è ottenere nuovi documenti il prima possibile, altrimenti non potrà nemmeno aprire un conto in banca. Quindi potremmo aspettare un po' per il pagamento di 150 euro", dice Anastasia.
Il governo del Primorsky Krai dovrebbe fornire ai rifugiati un pagamento una tantum di 10.000 rubli (150 euro) come aiuto finanziario. Al momento però, i rifugiati hanno ricevuto solo carte di credito. I fondi devono ancora essere trasferiti. Per il momento, Anastasia e suo marito vivono in un hotel. Tuttavia non sanno per quanto tempo potranno rimanere lì. Anastasia pensava che avrebbero potuto trascorrere un anno lì, visto che è stato concesso loro l'asilo temporaneo proprio per quel periodo. Oleh dice che quando si sono trasferiti nell'hotel è stato detto loro che avrebbero potuto rimanere lì per tre mesi: ora hanno scoperto che dovranno andarsene entro il 21 maggio.
Alcuni rifugiati hanno già iniziato a lasciare Nachodka. Il dipartimento per la Migrazione della sezione regionale del ministero degli Interni dice di aver ricevuto più di 300 domande di asilo temporaneo in Russia. I titolari hanno il diritto di risiedere e lavorare in Russia per un periodo di un anno. Il dipartimento per la Migrazione ha anche riferito che 150 cittadini ucraini intendono partecipare al programma di reinsediamento volontario per i connazionali russi. Mariupol, intanto, è quasi completamente in rovina. A causa dei bombardamenti, il 90 per cento degli edifici residenziali è danneggiato. Alla fine di marzo, il sindaco di Mariupol Vadym Boychenko ha riferito che i danni agli edifici residenziali sono così ingenti che solo la metà potrebbe essere restaurata.
I bambini sono smarriti e sotto choc
Ai rifugiati ucraini fuggiti dalla guerra non sono stati forniti nemmeno i vestiti dalle autorità del Primorsky Krai che li hanno invitati in estremo oriente. I volontari locali sono intervenuti per aiutare i rifugiati a proprie spese, acquistando vestiti, scarpe, biancheria intima e altri beni di prima necessità. Gli ucraini che sono riusciti a trovare un lavoro hanno chiesto aiuto ai volontari per l’abbigliamento da ufficio. Ma quasi tutti hanno bisogno di vestiti per tutti i giorni. “L’altro giorno abbiamo preparato una valigia piena di cose che le persone ci avevano chiesto. Una donna è scoppiata a piangere quando l’ha aperta”, ha raccontato una volontaria.
I volontari stanno cercando di raccogliere fondi. Un residente locale ha donato 100.000 rubli (1.500 euro) che sono già stati spesi. Per soddisfare le esigenze di tutti, dovranno raccogliere altre centinaia di migliaia di dollari. "Alcuni dei rifugiati sono piuttosto anziani", dice uno dei volontari. "Uno di loro ha chiesto degli occhiali, un altro un apparecchio acustico. Forse il governo regionale li aiuterà in qualche modo, ma tutto procede troppo lentamente. Durante uno dei nostri incontri con le autorità locali, ci è stato detto di non portare altre medicine. Ci hanno detto che avrebbero provveduto loro. Ma la volta successiva, sono stato avvicinato da una donna che ha chiesto sciroppo per la tosse e vitamine per il suo bambino. Un'altra persona ha chiesto un collirio. Non ci è chiaro se i rifugiati vogliano marche familiari o se le autorità locali non gli forniscano nulla". Alcuni rifugiati sono arrivati a Primorsky Krai con i loro bambini, che hanno bisogno di vestiti. "I bambini sembrano smarriti e sotto choc", dice a Meduza uno dei volontari. "Una bambina era seduta nell’angolo di un corridoio dell'hotel. Abbiamo trovato delle scarpe da ginnastica della sua taglia e le ha provate. Le stavano benissimo. Ma lei ha detto: 'Continuerò a indossare le mie vecchie'".
Copyright Meduza
(traduzione di Priscilla Ruggiero)