(Foto di Ansa) 

Dopo l'annuncio del nuovo governo

Quante polemiche sul ministro woke scelto da Macron per l'Istruzione

Mauro Zanon

Pap Ndiaye è stato nominato all'Education nationale al posto di Enthoven ma tra i due i punti in comune sembrano non esserci, soprattutto riguardo al wokismo 

Parigi. Anche un filosofo liberale e voce autorevole della sinistra laica parigina come Raphaël Enthoven è rimasto spiazzato dalla nomina di Pap Ndiaye all’Éducation nationale, ossia al ministero dell’Istruzione francese. Perché questo storico di origini senegalesi, direttore del Musée de l’Histoire de l’Immigration a Parigi, è l’esatto contrario di ciò che è stato il suo predecessore, Jean-Michel Blanquer, difensore della laïcité e dell’universalismo repubblicano: è un adepto dell’ideologia woke. “Come non essere sorpresi dal fatto che il ministero dell’Istruzione venga occupato in successione da due persone che sono palesemente agli antipodi su certe questioni fondamentali?”, ha twittato Enthoven, aggiungendo: “Il ‘macronismo’ ha voltato apertamente le spalle a tutti quelli che, senza venir meno alla lealtà, volevano dargli una colonna vertebrale. Il che rende oggi il macronismo un aggregato di interessi successivamente attenti o indifferenti all’urgenza repubblicana e al pericolo della santa alleanza tra l’islamismo e i buoni sentimenti”. 


Tutto, effettivamente, oppone Jean-Michel Blanquer al nuovo inquilino del ministero dell’Istruzione, specialista della storia sociale degli Stati Uniti e delle minoranze, imbevuto delle ideologie in voga oltreoceano, il decolonialismo, il razzialismo, il wokismo. Blanquer aveva fatto della lotta contro il pensiero woke una della priorità della seconda parte del suo mandato, al punto da creare nell’autunno del 2021 un centro studio contro la suscettibilità identitaria chiamato Laboratoire de la République. “Alcune ideologie dividono le società, e in particolare le società occidentali, repubblicane e democratiche coma la nostra. Bisogna sapere individuare ciò che può compromette la democrazia e la Repubblica. Il wokismo è una di queste ideologie”, dichiarò Blanquer a Europe 1. Intervistato sul tema dal Monde, Ndiaye, ex allievo dell’École normale supérieure che ha studiato all’Università della Virginia grazie a una borsa assegnatagli in nome della “discriminazione positiva”, ha celebrato il sussulto dei giovani che si definiscono woke e si iscrivono in una “lunga storia di mobilitazione politica”. In un colloquio con la rivista Jeune Afrique, commentando la furia iconoclasta dei militanti di Black Lives Matter, Ndiaye disse che l’abbattimento della statua del generale Lee a Charlottesville, realizzata dallo scultore francese Jean Antonin Mercié, e di quella di Giuseppina de Beauharnais a Fort-de-France “non sono un problema”, anzi, rappresentano “una delle vie possibili” per combattere il razzismo. 


Contro l’incursione dell’islamogoscismo nelle accademie francesi, Blanquer e la sua collega all’Università, Frédérique Vidal, hanno alzato più volte la voce durante il primo quinquennio. Per Ndiaye, invece, l’islamogoscismo “non corrisponde ad alcuna realtà, anzi, è un modo per stigmatizzare alcune correnti di ricerca”. Nel 2016, accanto alla scrittrice Fred Vargas, l’attuale inquilino del ministero dell’Istruzione partecipò a una delle cosiddette “riunioni non-miste”, ossia vietate ai bianchi, organizzata all’Università di Paris 8, per parlare della “condizione dei neri” (sulla questione ha scritto un libro nel 2008). Nel 2018, chiacchierando con France Culture, affermò che “il ‘genio francese’ nasconde spesso un universalismo sciovinista, maschile, bianco, eterosessuale”, e nel 2019, a colloquio con il Monde, disse che in Francia “esiste un razzismo strutturale”. Lo scorso anno, assieme alla militante Constance Rivière, ha pubblicato un rapporto sulla diversità all’Opéra di Parigi, invitando la prestigiosa istituzione a “decolonizzare” il suo repertorio, perché “la stragrande maggioranza” delle opere “contiene degli elementi razzisti e sessisti”. 
Dal punto di vista politico, la scelta di Ndiaye va vista come un tentativo da parte di Macron di sedurre l’elettorato di Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale, in vista delle elezioni legislative. Ma i pericoli di questa virata woke sono molti. 

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