Il costo della guerra
Gli americani sono pronti a pagare un extraprezzo per difendere la libertà, ci dice Larry Summers
“Il presidente Biden sta mostrando una leadership superba”, dice al Foglio il presidente emerito dell’Università di Harvard
Milano. Con l’inflazione non si può essere lenti o gentili, “se non si agisce velocemente si perde la credibilità” e poi è tutto in salita, dice Larry Summers nell’aula magna dell’Università Bocconi dove si ricorda il professor Alberto Alesina, scomparso nel maggio di due anni fa. Summers è stato segretario al Tesoro dell’Amministrazione Clinton, presidente del Consiglio degli economisti dell’Amministrazione Obama, oggi è presidente emerito dell’Università di Harvard e dal 2021 è molto critico nei confronti della Federal Reserve e dell’Amministrazione Biden che pure gli è molto affine. I democratici subiscono la pressione di Summers sul tema dell’inflazione soprattutto quando lui dice che non si può dare tutta la colpa alla guerra se i prezzi stanno andando fuori controllo.
Ma Summers non vuole infierire, non certo se si parla dell’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina. “Il presidente Biden sta mostrando una leadership superba”, dice al Foglio, il nuovo mondo si sta disegnando grazie alla guida americana. Mentre il sostegno alla guerra si sfilaccia, Summers che pure diventa “nervoso” quando vede troppa lentezza nel gestire gli effetti di un fenomeno inflattivo che poteva essere contenuto, ci dice: “Sono convinto che gli americani e gli occidentali sono pronti a pagare un extraprezzo per difendere la libertà”. Gli Stati Uniti sono in una situazione molto diversa rispetto all’Europa: anche Mario Draghi, sullo stesso palco assieme a Summers in Bocconi, sottolinea che da questa parte dell’Atlantico l’inflazione è più sotto controllo.
“In America abbiamo le elezioni di metà mandato a novembre”, dice Summers, “manca ancora tanto tempo ma la situazione non sembra favorevole al Partito democratico”. Nel spiegare le ragioni di una prospettiva poco rosea – secondo i sondaggi i democratici potrebbero perdere la maggioranza sia alla Camera sia al Senato – Summers però non fa accenno alla guerra. Dice che certe candidature sono “problematiche”, e si riferisce alle selezioni fatte da Donald Trump – che sulle contese per i governatori non stanno andando bene ma su quelle al Congresso sì – che possono rallentare se non annientare l’agenda della Casa Bianca. Summers dice anche che se davvero la Corte Suprema rivedrà la Roe vs Wade ci potranno essere degli effetti a oggi non prevedibili – e questi li immagina più a favore del Partito democratico, e chissà se ha ragione. Ma i costi della guerra, per quanto saranno alti, secondo Summers saranno assorbiti dalla consapevolezza degli americani “che difendere la libertà ha un prezzo”.
C’è “un enorme sostegno al Congresso per come l’Amministrazione sta gestendo la guerra, la mano ferma di Biden gli sta dando consenso”, e anche una insperata luna di miele bipartisan. Summers è stato critico sul piano di investimento su cui la Casa Bianca si sta tormentando al Congresso, sempre perché si inserisce in un contesto inflattivo che la Fed non ha voluto vedere – diceva che era temporaneo e Summers continuava a innervosirsi – e che lo stesso Biden ha minimizzato. Bisognava essere più muscolari, avere la mano ferma che oggi Washington ha nel difendere l’Ucraina. Ma per questo economista coriaceo che si porta addosso gli oneri e gli onori del benessere sregolato degli anni Novanta, ci sono soldi che sarebbe meglio risparmiare e altri che vanno spesi. Di certo quando si tratta di “liberty and freedom” – che invidia, noi abbiamo una sola parola per dire libertà – si paga quel che serve, dice Summers, mentre sorride controllando l’esito del tampone, il via libera per tornare a casa.
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