peach state
In Georgia il trumpismo si ferma: alle primarie confermati Brian Kemp e Brad Raffensperger
L'attuale governatore e l'attuale segretario di stato vincono le primarie repubblicane per le elezioni del 2022, sconfiggendo i candidati sostenuti da Trump. Ma per le candidature al Congresso l'ex presidente mantiene la presa sul partito
La bestia nera di Donald Trump ha un nome: Georgia. La notte di primarie nel Peach state ha incoronato due dei nemici giurati dell'ex presidente. Sono Brian Kemp e Brad Raffensperger, rispettivamente attuali governatore e segretario di stato, entrambi riconfermati come candidati del Partito repubblicano per le elezioni del 2022. A rendere ancora più cocente la sconfitta di Trump, c'è il fatto che quelle di ieri siano state tra le primarie più partecipate della storia dello stato, con un incremento dei votanti del 168 per cento rispetto a quelle del 2018.
Brian Kemp ha sconfitto il candidato benedetto da Trump, l'ex senatore David Perdue, arrivato secondo già alle elezioni della camera alta nel 2021 (quelle alla vigilia di Capitol Hill), in tutte le contee del paese. Il governatore uscente ha ottenuto il 73,7 per cento dei voti dei repubblicani, staccando lo sfidante di più di mezzo milione di schede. Ha vinto con ampio margine anche Raffensperger, grazie al 52 per cento dei consensi rispetto al 34 del candidato trumpista Jody Hice. Ciliegina sulla torta: vince la riconferma anche il procuratore generale Chris Carr, che sconfigge l’uomo di Trump John Gordon, acceso sostenitore delle teorie sulla frode elettorale dei democratici.
Le primarie per il Congresso smorzano invece la sconfitta della linea trumpiana. Confermate due figure vicine all'ex presidente, Marjorie Taylor Greene (70 per cento dei consensi) e Andrew Clyde, che aveva definito l’assalto al Campidoglio come “una normale visita turistica”. A Trump anche il candidato per il Senato, l’ex giocatore di football Herschel Walker, che correva di fatto senza opposizione e sulla nomina del vicegovernatore, che sembra stata conquistata senza bisogno del ballottaggio da Burt Jones.
Politico scrive che “Raffensperger è probabilmente l'amministratore elettorale più famoso d'America” da quando, dopo le elezioni del 2020, venne resa pubblica una sua chiamata con Donald Trump in cui questo gli chiedeva: “Trovami 11.7000 voti”. Erano le schede necessarie per ribaltare il risultato in Georgia, dove Joe Biden aveva ottenuto una vittoria storica – i dem non vincevano qui dal 1980. L’ex presidente aveva addirittura minacciato il segretario di stato, agitando la possibilità di un’indagine contro di lui: “Sai, questo è un crimine. E non puoi lasciare che accade. Per te sarebbe un grande rischio”. Il segretario aveva risposto che i dati di Trump – quelli secondo cui il Gop aveva vinto lo stato di “centinaia di migliaia di voti” – erano errati e nel mentre aveva registrato la conversazione, poi resa pubblica. Da lì, Raffensperger è stato bollato come nemico numero uno di Trump e del trumpismo, un complice della frode, un collaborazionista dei democratici. Ma non per gli elettori repubblicani della Georgia, a quanto emerge da ieri.
Kemp, che ha ricevuto tra gli altri l’appoggio di George Bush e quello (più discreto) dell’ex presidente Mike Pence, è un politico molto conservatore. Duro sull'immigrazione, per le armi e per il taglio delle tasse, si definiva "un conservatore politicamente scorretto". Tanto che nel 2018 Trump gli concesse l’endorsement per le primarie, che lo portarono a sfidare la democratica afroamericana Stacey Abrams e a conquistare il governatorato. Lo strappo tra i due si consuma solo dopo le presidenziali di due anni fa, quando Kemp si rifiuta – “non ha fatto assolutamente niente”, dirà Trump – di opporsi alla certificazione della vittoria di Joe Biden. A marzo del 2021 il governatore manda anche segnali di distensione e afferma che appoggerà un eventuale nuovo tentativo di Trump. Ma il tycoon è permaloso e non perdona, scherzando dice che in Georgia preferirebbe addirittura la candidata progressista afromericana dei democratici, la Abrams.
L’attuale governatore è stato al centro di una serie di accuse di “vote suppression”. Prima delle elezioni del 2018, quando era segretario di stato, avrebbe rifiutato più di 50mila richieste di iscrizione ai registri elettorali, la maggior parte di afroamericani, e avrebbe cancellato almeno 500mila cittadini già iscritti secondo pratiche molto discutibili. Due mosse che lo avrebbero avvantaggiato nelle elezioni dello stesso anno. Il giorno del voto poi ci sarebbero stati dei sequestri fraudolenti dei macchinari per contare le schede, specie nelle contee dove la vittoria era in bilico, per aumentare i tempi del processo, scoraggiando così un maggior numero di elettori dall’esprimere la preferenza. Ora a novembre sarà di nuovo Kemp contro Abrams e Trump avrà modo di tenere fede alla sua battuta se vorrà, augurando la vittoria a una delle figure più progressiste dei dem. Chissà che non sia davvero così permaloso.
L'editoriale dell'elefantino