La Russia di Putin sembra "1984". E il capolavoro di Orwell diventa un simbolo per riconoscersi tra dissidenti
Il Cremlino orwellizzato stravolge Orwell. Per capirsi oggi basta un libro
In una Russia dove si viene ormai arrestati per essere scesi in piazza con un foglio bianco la distopia dello scrittore inglese torna a essere di sconvolgente attualità. Intanto la propaganda putiniana prova a raccontare che il romanzo non è ispirato all'Urss ma “dalla fine del liberalismo” di stampo occidentale
Dmitri Silin aveva scelto una forma di protesta che gli sembrava intelligente e non rischiosa nello stesso tempo: si era piazzato in una delle vie centrali di Ivanovo con un tavolino pieghevole, sul quale aveva sistemato decine di copie del romanzo “1984” di George Orwell. La sua attività di divulgazione letteraria è stata notata dalla polizia, e ora l’imprenditore rischia una pesante multa per “discredito delle Forze armate”, il nuovo articolo del codice amministrativo diventato il flagello dei dissidenti. In una Russia dove si viene ormai arrestati per essere scesi in piazza con un foglio bianco – tanto sia chi protesta sia chi arresta sanno entrambi benissimo cosa ci dovrebbe essere scritto – la distopia dello scrittore inglese torna a essere di sconvolgente attualità, e i camion con i maxischermi che vengono portati dall’esercito russo sulle rovine di Mariupol – prima dell’acqua, prima dei medicinali, prima della luce – per trasmettere nelle strade i telegiornali di Mosca sono una rappresentazione quasi letterale del Grande Fratello.
I segni della “orwellinizzazione” sono ovunque, dall’arresto dei manifestanti identificati dalle telecamere a riconoscimento facciale alla battaglia del Cremlino per imporre la propria versione della storia, dalla quale dedurre poi le rivendicazioni territoriali del presente. L’antropologa Aleksandra Arkhipova sta studiando la creatività di protesta delle ultime settimane, tra meme, graffiti, vignette, barzellette e canzoni.
Dice che l’antiutopia del grande scrittore inglese sta andando a ruba nei negozi. Viene comprata dai giovani, che curiosamente preferiscono all’ebook (o a una versione pirata gratuita) il cartaceo: “Il libro fisico funziona da segnale di riconoscimento. Per esempio, entrate in un bar e siete incerti se fare una battuta sulla guerra, ma un volume di ‘1984’ appoggiato alla cassa segnala che vi trovate tra amici”, spiega Arkhipova. Un Orwell che spunta da uno zainetto aiuta a fare conoscenze, o anche a non sentirsi soli, in un mondo che sembra impazzito e crede che la guerra sia pace, anzi, che la guerra non esista, sostituita dalla neolingua della “operazione militare speciale di costrizione alla pace”.
In Oceania, la libertà è schiavitù, e anche i responsabili della propaganda russa si accorgono del potere dirompente del romanzo, per sovvertirlo in classico stile orwelliano. Interrogata dagli studenti dell’Università di Ekaterinburg sui paralleli con il romanzo, la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova non ha esitato a esporre una versione dei fatti sconosciuta ai manuali di storia della letteratura: il modello descritto in “1984” non sarebbe stato ispirato dall’Unione sovietica, ma “dalla fine del liberalismo, che avrebbe portato l’umanità in un vicolo cieco”. L’idea che Orwell avesse descritto un totalitarismo a metà tra Hitler e Stalin – non a caso il romanzo era stato proibito in Urss – è “un fake globale”, imposto dall’occidente, sede di una società “fantascientifica, che annienta l’essere umano”. In piena sintonia con le idee di Vladimir Putin sulla “fine del liberalismo”, Zakharova – una delle voci più aggressive della propaganda, che non esita a insultare politici e capi di stato sgraditi a Mosca – ha raccontato agli studenti che in Russia c’è una libertà che “altrove si sognano”, e che l’invasione dell’Ucraina serviva a impedire una guerra atomica che Kyiv stava per lanciare su ordine degli Stati Uniti.
Di solito le esternazioni della portavoce della diplomazia russa, celebre per aver accusato gli ucraini di “nazismo” per aver rivendicato il borsh come piatto nazionale, non vengono prese molto sul serio, ma stavolta i giornalisti hanno cercato per una smentita Viktor Golyshev, autore della traduzione classica di “1984” in russo. Il traduttore – che oltre a presiedere la gilda della traduzione letteraria ha anche lavorato sulle versioni russe dei romanzi di Salinger e J. K. Rowling – è stato prudente, confermando che il romanzo “è dedicato a uno stato totalitario, non si parla di nessun tramonto del liberalismo”, ma evitando ogni rischioso paragone con il presente. “Vero, abbiamo la ******, ma ci sono ancora dei giornali”, ha detto, senza forse cogliere in pieno l’aspetto orwelliano della neolingua degli asterischi, che nei testi stampati sostituiscono l’impronunciabile parola guerra (molti giornali che mettono tra parentesi la definizione ufficiale di “operazione speciale”, per aderire alla legge e nello stesso tempo segnalare al lettore che la guerra esiste). Un mondo surreale che Aleksandra Arkhipova riassume nella sua barzelletta preferita: “Avete sentito, in Russia hanno eretto un monumento a Orwell! Come, dove? Dovunque!”.