La Russia distribuisce documenti nelle aree occupate. Il piano per la grande annessione

Mosca fa disegni sulla mappa

Micol Flammini

Dopo aver proceduto alla consegna dei passaporti, le regioni occupate nel Donbas e in quello che viene chiamato il distretto del sud, il corridoio che porta fino alla Crimea, potrebbero indire un referendum

Roma. Vladimir Putin sta preparando l’annessione dei territori occupati e ieri ha firmato un decreto che renderà più facile per i cittadini delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia richiedere il passaporto russo. Il suo obiettivo è iniziare a creare sacche russe all’interno dell’Ucraina che formino una continuità territoriale con la Russia. Il principio sarà lo stesso adottato nel 2019, quando il presidente russo acconsentì alla distribuzione di passaporti nelle due sedicenti repubbliche di Donetsk e Luhansk, occupate dai separatisti filorussi dal 2014. All’epoca il Cremlino non aveva ancora riconosciuto l’autonomia delle due regioni, ma si stava portando avanti nella creazione di cittadini russi, persone che, un giorno, la Russia sarebbe stata chiamata a difendere dall’assalto degli ucraini: stava mettendo le basi per la guerra scoppiata il 24 febbraio. 

 

Gli amministratori che nell’oblast di Zaporizhzhia agiscono per conto dei russi hanno detto che si tratta soltanto di un primo passo, una transizione momentanea mentre si attende che la regione sia “liberata” – questo è il linguaggio della guerra, che traduce la parola occupazione in liberazione – completamente. Quando sarà nelle mani dei russi allora “non sarà necessario avere zone grigie, non sarà necessaria una repubblica popolare di Zaporizhzhia”, la regione entrerà a tutti gli effetti a far parte della Federazione russa. Questi sono i calcoli dell’amministrazione che si è insediata assieme all’arrivo delle truppe russe. La città di Zaporizhzhia, da cui prende il nome la regione, però non è caduta, resiste e questo rompe ancora i piani di annessione dell’oblast dove sono già stati introdotti i pagamenti in doppia valuta: in grivnie e in rubli. Se la guerra sembra muoversi lentamente, i progetti politici del Cremlino vanno più spediti. A Kherson, la prima regione a entrare sotto il controllo dei russi, i lavori di russizzazione sono incominciati da tempo. Rendere più celere la procedura per richiedere i passaporti non vuol dire immediatamente annettere, ma vuol dire creare una piattaforma legislativa e politica in continuità con Mosca. 

 

Nel decreto firmato da Putin non compare la città di Mariupol, ma secondo Petro Andrushchenko, consigliere del sindaco legittimo della città portuale, i russi stanno offrendo passaporti ai cittadini rimasti intrappolati, coloro che non sono riusciti a fuggire, che vivono ormai da mesi in condizione di miseria. In tutte queste zone sotto il controllo dei russi, i cittadini vengono sottoposti alla propaganda di Mosca, ovunque tranne a Mariupol, dove manca anche l’elettricità. Gli abitanti della città distrutta non avranno quindi potuto vedere le immagini del presidente russo in visita ai soldati russi feriti: tutti molto in forma e con poche ferite addosso, un’immagine in contrasto con la realtà al fronte. E non avranno neppure potuto ascoltare i notiziari che illustravano le realtà secondo Putin: disoccupazione in diminuzione, inflazione in rallentamento, pensioni in aumento. Saranno sfuggite anche le novità riguardo alla loro stessa città dove, secondo il ministero della Difesa russo, il porto è stato sminato e ha ripreso a operare regolarmente, anche a trasportare grano. Al momento queste notizie non sono state confermate. 

 

Dopo aver proceduto alla distribuzione dei passaporti, le regioni occupate nel Donbas e in quello che viene chiamato il distretto del sud, il corridoio che porta fino alla Crimea, potrebbero indire un referendum per chiedere l’annessione formale alla Russia. Il metodo lo conosciamo, è lo stesso applicato con la Crimea. Il sito di notizie Meduza ha sentito alcune fonti che raccontano di un possibile piano più ambizioso: un grandissimo referendum da tenersi l’11 settembre nei territori ucraini occupati e anche in Ossezia del sud, la repubblica separatista che si trova tra Georgia e Russia. Per la stessa data alcuni ipotizzano anche una votazione in Bielorussia. Con o senza Minsk, per Putin potrebbe essere una soluzione per reclamare la vittoria di una guerra disastrosa e dagli obiettivi ridotti. 

 

Se Putin spera di far finire il conflitto imponendo la sua presenza in Ucraina, si sbaglia, non è più il 2014: il mondo guarda e Kyiv non vuole fare concessioni, combatte da otto anni e non può tornare indietro. Uno dei consiglieri di Zelensky, il capo negoziatore per i colloqui di  pace,  Mikhailo Podolyak, ha detto che l’Ucraina esclude concessioni territoriali, che un altro accordo di Minsk è impensabile. Ammettere che le zone occupate sono russe porterebbe soltanto a un conflitto più grande. Podolyak ha espresso quella che è l’opinione della maggioranza degli ucraini che, secondo un sondaggio dell’Istituto di sociologia di Kyiv, hanno risposto per l’82 per cento di essere contrari a concessioni. 

 

Parlando a Davos, Volodymyr Zelensky ha chiesto a Putin di uscire dalla sua realtà, di incontrarlo e di parlare. Ma Putin nella sua realtà sta comodissimo, sta cercando di incastrarci tutti i russi e vede in queste annessioni la possibile vittoria che sul campo di battaglia non ha avuto. Nella sua ultima udienza, quella che ha aggiunto altri nove anni alla sua condanna iniziale, Alexei Navalny, l’oppositore finito in una colonia penale e che ha subìto un accanimento mai visto da parte della giustizia russa, ha approfittato della  presenza in tribunale per dire la sua sulla guerra e sul circolo attorno a Putin che la sostiene: “Quello che sta facendo Putin è senza senso. Un ladro fuori di testa ha messo le mani sull’Ucraina e nessuno capisce cosa voglia farne”. 
 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)