Il sacco di Kyiv: opere d'arte, metalli e soprattutto il grano

Micol Flammini

Quello che Mosca non devasta, lo razzia, e più la guerra va avanti più l'Ucraina si ritrova impoverita. I furti della Russia hanno un impatto su tutto il mondo e, nel caso di grano, c'è un precedente da studiare per rompere il blocco russo 

Quello che i russi non devastano, lo portano via. In un’intervista televisiva, il vicepresidente della commissione Difesa alla Duma, Vladimir Shamanov, ha detto che è inutile  tenere l’Ucraina, una volta che la Russia avrà vinto la guerra. In primo luogo perché non c’era nessuno ad accogliere i russi con i fiori, quindi non ha senso incorporare una nazione ostile. In secondo luogo perché ormai è un territorio distrutto e la Russia può impegnarsi a ricostruire soltanto posti come Mariupol. Shamanov è accusato di crimini di guerra per il conflitto in Cecenia, è un falco, e nell’invasione di Kyiv vede l’obiettivo della smilitarizzazione   e poi, successivamente,  della denazificazione, e quantifica: ci vorranno tra i cinque e i dieci anni.  Un tempo che gli ucraini non sono disposti a passare con le armi in mano, anche perché loro la guerra e la devastazione la vivono nei loro confini.

 

Di giorno in giorno l’Ucraina si impoverisce e dai territori occupati la Russia porta via tutto. Anche le opere d’arte che nei musei di Melitopol e di Mariupol, due città sotto il controllo russo, non ci sono più. Alcuni tesori sono stati saccheggiati e non si sa dove siano finiti, il comune di Mariupol ha denunciato che oltre 2.000 pezzi unici sono stati portati via. Sul canale russo del ministero della Difesa, Izvestia, è andato in onda un servizio in cui alcuni esperti d’arte dicevano che le opere conservate nelle città “liberate” andavano messe in salvo da possibili razzie da parte degli ucraini. In questi mesi di guerra gli uomini di Mosca hanno derubato le case private, ma hanno spogliato l’Ucraina  di tutto ciò che è vendibile. Sempre da Mariupol, Mosca porta via il metallo. La città occupata è uno dei poli della produzione dell’acciaio: dal suo porto i mercantili hanno ricominciato a transitare da un paio di settimane e si  dirigono verso i porti russi. Dall'Ucraina però non partono soltanto i metalli, ma anche il grano e questa razzia ha un impatto su tutto il mondo.

 

Le autorità ucraine denunciano da mesi il furto di tonnellate di grano e di materiale agricolo. Migliaia di tonnellate sono state rimosse dalle oblast occupate come Kherson e caricate su dei camion diretti in Crimea. Dalla penisola, che la Russia ha annesso illegalmente nel 2014, il grano viene poi messo  a bordo di mercantili e  rivenduto. La scorsa settimana il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba aveva chiesto di non comprare il grano russo perché era stato rubato agli ucraini. La pratica sembra sempre più consolidata e secondo la Cnn, che ha potuto consultare delle immagini satellitari, un mercantile russo carico di grano è partito dalla Crimea ed è arrivato nel porto siriano di Latakia, portando a termine il suo secondo viaggio in quattro settimane. A compiere la tratta è stata la Matros Pozynich, una nave russa partita dal porto di Sebastopoli. Secondo l’emittente americana a bordo potevano esserci fino a 30 mila tonnellate. Dall’inizio della guerra i russi avrebbero sequestrato circa 400 mila tonnellate di grano, una merce molto conveniente da vendere per Mosca,  perché il suo prezzo è in aumento  a causa della guerra e soprattutto del blocco del Mar Nero imposto dalla Russia che impedisce la partenza del raccolto ucraino. Mosca ha creato la crisi alimentare e ora è pronta a trarne giovamento vendendo non soltanto il suo grano ma anche quello rubato agli ucraini a un prezzo sempre più alto.  Nonostante le telefonate dei leader occidentali a Vladimir Putin, il Cremlino non ha intenzione di allentare il blocco: ha messo su un business fiorente e usa la crisi alimentare come leva per avere in cambio la rimozione delle sanzioni. I leader occidentali non cedono, e l’unico modo possibile per far ripartire il grano bloccato nel sud dell’Ucraina è quello di scortare i mercantili. 

 

James Stavridis, editorialista di Bloomberg e ammiraglio della marina americana in pensione, ha descritto come negli anni Ottanta si dovette pensare a sbloccare una crisi simile che non riguardava il grano bensì il petrolio. L’Iran cercava di chiudere lo Stretto di Hormuz alle navi cisterna, ma il resto del mondo continuava ad aver bisogno di petrolio. La soluzione fu drammatica ma efficace: si decise di scortare convogli di petroliere battenti bandiera americana dentro e fuori dallo Stretto. L’operazione fu chiamata Earnest Will e funzionò dall’estate del 1987 all’autunno del 1988. Putin sta cercando di strangolare l’Ucraina, di lasciare la sua economia senza fiato e di tenere sospeso il resto del mondo e l’unico modo per fermarlo è scortare i mercantili tramite una coalizione di paesi a guida americana. Sarà un primo passo per  fermare le azioni illegali di Putin.     

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)