La svolta green
Così i repubblicani americani fanno i conti (anche loro) con l'ambiente
Non è ipocrisia, ma politica: il partito conservatore ha preso posizione sul cambiamento climatico e ha annunciato una nuova strategia sul clima e sull'energia. Un segno di rottura le scelte presidenziali di Donald Trump
“Con l’inverno più freddo mai registrato, con i livelli di neve che raggiungono nuovi record lungo la costa, il comitato del Nobel dovrebbe ritirare il premio ad Al Gore”, diceva Trump nel 2010, continuando nel decennio a venire a uscirsene con una serie di frasi sconvolgenti contro la realtà del global warming, criticando gli scienziati e difendendo l’uso del suo spray per capelli very 80’s, fino all’uscita degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi. In questi giorni i deputati repubblicani hanno annunciato una nuova strategia sul clima e sull’energia, elaborata da una delle task force create dal leader della minoranza alla Camera, il californiano Kevin McCarthy. Dopo gli anni trumpiani non sembra esserci niente di più lontano dal Partito repubblicano dell’attenzione per la tutela ambientale, ma in vista delle elezioni di metà mandato, a novembre, il Gop si è reso conto che il green può essere elettoralmente un tema bipartisan, considerati gli effetti visibili come incendi e siccità. Diversi sondaggi mostrano che più della metà dell’elettorato moderato repubblicano ha a cuore i temi ambientali, in particolare i giovani.
L’anno scorso, su questa linea, era stato creato il Conservative Climate Caucus, un gruppo formato da parlamentari repubblicani attento alla sostenibilità, il messaggio era: “Il nostro non è (più) il partito della negazione dei cambiamenti climatici”. C’è scetticismo però, perché nonostante l’inclusione di questi temi nei programmi, gran parte dei rappresentanti del partito continua a difendere l’uso dei combustibili fossili e la strategia presentata giovedì da Garret Graves, rappresentante della Louisiana a capo della task force, mette come priorità l’abbassamento dei prezzi del carburante attraverso l’aumento della produzione nazionale di petrolio e gas naturali, che causano enormi quantità di CO2. Non è certo una mossa da Extinction rebellion, ma già il fatto di parlare di clima, già questo tentativo di greenwashing del partito conservatore, tenuto conto dei sondaggi, è un primo passo verso un inevitabile appiattimento del tema sullo spettro politico, come lo sono stati nell’ultimo ventennio i diritti Lgbtq+. Lo stesso Barack Obama nel 2004, da candidato senatore, era pubblicamente contrario ai matrimoni gay – “non sono un diritto civile base”, aveva detto – per poi diventarne il principale sostenitori nel 2012. Joe Biden nel 1996 votò per il Defence Marriage Act, che limitava i diritti delle coppie omosessuali a livello federale, poi al primo pride month da presidente ha detto: “Il pride è tornato alla Casa Bianca”. Non è ipocrisia, è politica. Certe lotte non possono che diventare piano piano semplice amministrazione: quando la maggioranza (elettorale) è d’accordo non bisogna più combattere. Come con le bandiere arcobaleno, così la difesa per la natura, da essere una questione per hippy, attivisti e poeti romantici, può diventare – e sta diventando, almeno a parole – una battaglia di tutti, facendole perdere sempre di più polarizzazione.
Questo non vuol dire che la lotta al cambiamento climatico si manifesterà poi con azioni concrete e tempestive: tra il dire e il fare c’è di mezzo l’innalzamento del mare (oltre alle lobby, o i Koch). Ma un Partito repubblicano green friendly è comunque un segno di una presa di posizione anti e post trumpiana. John McCain, l’ultimo maverick dei repubblicani vecchio stile, prima di vichinghi e proud boys, nel suo programma elettorale del 2008 aveva un posizionamento ambientalista considerato da alcuni – ad esempio dal New York Times – più coraggioso di quello dello sfidante Obama. “Che lo si chiami ‘cambiamento climatico’ o ‘riscaldamento globale’, alla fine quella che ci resta è un’unica verità: che il riscaldamento globale richiede la nostra immediata attenzione, soprattutto a Washington”, disse McCain in Oregon durante la campagna elettorale, “il tempo è poco e i pericoli sono molti”. Parole da liberal dopo il populismo di Trump.
Il partito dell’elefante ha lo spazio, oggi, per riposizionarsi sulla questione ambientale. In fondo era stato Theodore Roosevelt, uno dei più grandi repubblicani di sempre, a impegnarsi appena entrato alla Casa Bianca a creare centinaia di foreste nazionali, aree protette, grossi parchi, salvaguardando circa 930 mila chilometri quadrati di terra.