crisi alimentare
La fame nel mondo si combatte con la competizione. Parla Martina (Fao)
La guerra in Ucraina rischia di scatenare una carestia globale, in Africa e non solo. Come scongiurare esiti radicali e contenere il rischio di un'ondata migratoria senza precedenti
"Con il conflitto in Ucraina abbiamo scoperto che non esiste soltanto il petrolio ma anche la produzione agricola. La sovranità alimentare è una questione fondamentale che decide la pace o la guerra tra i popoli”, parla così al Foglio il vicedirettore generale della Fao Maurizio Martina, già ministro dell’Agricoltura, alle prese con i lavori preparatori del “dialogo ministeriale per la sicurezza alimentare nel Mediterraneo”, organizzato insieme alla Farnesina e copresieduto, con l’Italia, da Germania, Turchia e Libano. Con il World Food Program, la Fao ha diffuso un rapporto che spiega come le condizioni attuali oltre il Mediterraneo siano peggiori rispetto alla primavera araba del 2011.
“E’ così – replica secco Martina – Oggigiorno l’Africa incrocia due traiettorie: il cambiamento climatico e il rischio di carestie. Diverse aree affrontano la terza stagione di siccità. Se il problema principale attuale è la crescita dei prezzi dei beni alimentari di base, il prossimo anno potrebbe essere la carenza di questi stessi beni. La sfida è prevenire cortocircuiti radicali che possano provocare nei paesi in via di sviluppo fibrillazioni economiche e sociali oltre la soglia di guardia. In Libano l’inflazione alimentare ha superato il 329 percento, e la situazione non è migliore in Egitto, Congo, Tanzania, Eritrea…”.
Come si è arrivati a un tale livello di dipendenza? “Nell’economia globalizzata la divisione dei compiti ha fatto sì che alcuni paesi fossero in grado di produrre ed esportare a prezzi relativamente bassi guadagnando una posizione di vantaggio. Io non credo affatto che la globalizzazione sia al capolinea, e menomale. Le interconnessioni globali ci rendono tutti più forti ma serve una dose di regolazione. In campo alimentare, bisogna passare dalla dipendenza alla diversificazione. Vale per l’energia e per le questioni alimentari. Vale per l’Europa e per le comunità africane. Dobbiamo investire nella produzione locale di beni essenziali applicando, per esempio, le tecnologie più innovative nel campo dell’agricoltura di precisione per produrre maggiori quantità con un minor consumo di acqua. È necessario puntare su varietà particolarmente resistenti alle condizioni climatiche”.
L’Europa, e in particolare l’Italia, rischiano di essere travolte da flussi migratori ingestibili. “Siamo di gran lunga il paese che ha maggiore interesse a prevenire tali dinamiche per evitare i riflessi negativi sul fronte migratorio. Non possiamo eludere questo nodo. Io ritengo che ogni azione di diplomazia agricola e alimentare costituisca un pezzo fondamentale di un piano di prevenzione. E’ chiaro che servono politiche stabili, durature. Mai come adesso, dal mio osservatorio di lavoro attuale, mi rendo conto che problemi così complessi, di natura globale, richiedono risposte efficaci attraverso strumenti di lungo periodo”.
Alla vigilia dell’incontro tra Lavrov ed Erdogan, il portavoce del Cremlino Peskov ha dichiarato che l’accordo sul grano non ha ancora ‘contorni chiari’. “Dobbiamo compiere ogni sforzo per raggiungere un accordo che consenta il trasporto di milioni di tonnellate di grano che rischiano di marcire. Si possono usare tir e treni, certo, ma le quantità trasportate via mare sono enormemente maggiori. Il segretario generale delle Nazioni unite Guterres si sta spendendo per agevolare il tavolo delle trattative. Noi cerchiamo di portare soluzioni concrete sul terreno ucraino dove abbiamo dislocato un centinaio di operatori che forniscono kit di semina agli agricoltori locali, li aiutano nelle attività di messa in sicurezza e sminamento nonché nei processi di trasformazione in farina per scongiurare gli sprechi di materia prima”.
Gli Usa hanno ammonito i paesi africani dall’acquistare grano dai russi. “La nostra posizione è chiara: tutto ciò che si muove deve avere una tracciabilità chiara e specchiata, dobbiamo sapere da dove proviene e a chi appartiene”. Punto dolente è pure la carenza di fertilizzanti. “Per le aziende europee può comportare un aumento di costi ma nei paesi africani può determinare l’azzeramento di una produzione già scarsa e fragile. La Nigeria sarebbe in grado di produrre autonomamente i fertilizzanti per l’intero continente africano ma gran parte della sua produzione è destinata all’export in America latina. L’Unione africana dovrebbe fare massa critica per agire in modo più coordinato”.
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