Questa è la prima guerra dei satelliti. Russia e Cina contro tutti gli altri

Perché, da quando Elon Musk ha messo a disposizione il gioiello di SpaceX per gli ucraini, Pechino vuole distruggerlo. Le minacce parallele di Roscomos

Giulia Pompili

Al conflitto tradizionale fatto di missili e carri armati per la prima volta nella storia se ne affianca un altro – non meno importante e strategico – che riguarda lo spazio.  E' un'area grigia che aumenta esponenzialmente i rischi globali 

C’è un pezzo di questa guerra, iniziata con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che si sta svolgendo in orbita. Al conflitto tradizionale del Cremlino, fatto di missili e carri armati, per la prima volta nella storia se ne affianca un altro – non meno importante e strategico – che riguarda lo spazio e che secondo gli analisti e gli osservatori non solo rischia di stravolgere gran parte del settore tecnologico e scientifico legato alla Difesa, quell’area grigia che però ha anche concrete applicazioni civili, ma aumenta esponenzialmente i rischi globali, perché la “guerra nello spazio” non è stata mai regolamentata, non ha una cornice di diritto internazionale entro la quale muoversi. Da quando Elon Musk, con il suo Starlink – una costellazione di satelliti per, tra le altre cose, l’accesso a internet satellitare  – è arrivato in supporto dell’Ucraina, la guerra tra la Russia e i suoi amici come la Cina “e l’occidente”, usando la definizione del vicecapo del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev, ha visto l’ingresso di un altro attore forse inaspettato: le aziende private che fanno tecnologia ad altissimo livello. Un nemico in più, per i nemici dell’ordine internazionale e della coalizione democratica che hanno già da tempo inaugurato una cooperazione in campo spaziale “senza limiti”. 

 

Qualche settimana fa la rivista scientifica cinese Modern Defense Technology ha pubblicato un articolo firmato da cinque accademici, tra cui Ren Yuanzhen dell’Istituto di tecnologia di localizzazione e telecomunicazioni di Pechino, in cui si raccomanda di sviluppare un sistema antisatellitare “per far sì che alcuni satelliti Starlink perdano le loro funzioni e distruggano il sistema operativo della costellazione”. Secondo gli scienziati cinesi, per ottenere e mantenere una certa superiorità nello spazio – e in una eventuale guerra spaziale – è necessario fare qualcosa contro Starlink, che è a oggi la più grande costellazione di satelliti e i cui campi di applicazione possono essere sempre più estesi, e si parla già di usarlo con funzioni di geolocalizzazione e come strumento di supporto per missili e droni americani. Fare la guerra ai satelliti di SpaceX potrebbe non essere così semplice (e lo ha detto subito, Musk, quando Cina e Russia hanno criticato l’intervento dell’azienda americana in sostegno all’Ucraina). Dei semplici missili anti-satellite potrebbero non essere sufficienti perché “la costellazione Starlink è in realtà un sistema decentralizzato. Il problema non è il singolo satellite, ma l’intero sistema”, si legge nell’articolo dei ricercatori cinesi.

 


Sin dall’inizio del conflitto, inoltre, si cerca di trovare una soluzione per tutti quei progetti scientifici e di cooperazione spaziale portati avanti insieme alla Russia da governi e aziende occidentali nello spirito post Guerra fredda. Non c’è soltanto la Stazione spaziale internazionale, dalla quale presto la Russia scenderà per salire sulla stazione spaziale orbitante made in China. 
“Ho dato istruzioni per iniziare a lavorare sul ripristino del funzionamento del telescopio tedesco nel sistema Spektr-RG”, ha detto sabato scorso in tv Dmitry Rogozin, capo di Roscosmos, l’agenzia spaziale russa. Spektr-RG è un satellite dotato di un telescopio a raggi X costruito e lanciato tramite una collaborazione tra Germania e Russia nel luglio del 2019. Dopo l’inizio della guerra, Berlino ha sospeso tutte le operazioni dell’osservatorio spaziale, ma secondo Rogozin “loro non hanno il diritto morale di fermare questa ricerca per l’umanità solo perché le loro opinioni filofasciste sono vicine a quelle dei nostri nemici”. Quindi Roscosmos procederà riattivando unilateralmente il satellite, ma è possibile che non ci riuscirà, o che comprometterà per sempre una tecnologia costata 600 milioni di dollari. 

 


Cina e Russia già da anni stanno costruendo un fronte comune anche nello spazio. Rogozin sarà in Cina a luglio, e durante la visita di Vladimir Putin a Pechino il 4 febbraio – subito prima della “operazione speciale” contro l’Ucraina – il presidente russo e il leader cinese Xi Jinping hanno firmato un famoso documento sulla loro “partnership per una nuova èra” che comprende anche la corsa agli armamenti spaziali.  Uno dei settori di ricerca su cui stanno lavorando di più, sia Pechino sia Mosca, sono i missili anti satellite. Per rendersi indipendenti dal sistema di geolocalizzazione satellitare americano, il Gps, sempre a febbraio Russia e Cina hanno firmato un accordo per far “comunicare” i loro due sistemi di geolocalizzazione satellitare, rispettivamente Glonass e Beidou.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.