l'offensiva sul campo
Tempi lunghi e guerra d'attrito in Ucraina, ma manca una dato: le perdite di Kyiv
In Donbas si dissanguano entrambe le parti. Meglio cedere terreno e risparmiare gli uomini
Ieri l’Economist ha scritto che questo conflitto, arrivato al quarto mese, “sfida ogni tentativo di definire in modo semplice cosa significhi ‘stare vincendo’ e ‘stare perdendo’”. E’ una guerra lunga: gli analisti militari si chiedono di quale strategia abbia bisogno l’Ucraina per reggere nei mesi e, intanto, almeno fino all’autunno (secondo Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky, prima di quel momento né la Russia né il suo paese otterranno un vantaggio decisivo sul campo). A metà aprile, Vladimir Putin aveva aggiustato il tiro e il capo di stato maggiore russo – il generale Valery Gerasimov – aveva spiegato davanti a una grande mappa che le sue truppe si sarebbero concentrate solo sul “vero obiettivo”, che “è sempre stato” il Donbas – era il momento del ritiro da Kyiv e quel fallimento andava giustificato in qualche modo.
In un mese e mezzo – da allora fino alla fine di maggio – i russi hanno conquistato 450 chilometri quadrati di Donbas, che sono l’equivalente della superficie di Perugia. Però quella che si consuma nel sud-est non è solo una (lenta) guerra di conquista, si è trasformata in una guerra d’attrito: in cui lo scopo è distruggere uomini e mezzi dell’esercito nemico. In questo contesto, la domanda che si fanno gli esperti è chi possa resistere più a lungo, ma è difficile rispondere senza alcuni elementi chiave, come il numero delle perdite ucraine. Per gli analisti militari è impossibile essere precisi sui consigli da dare senza conoscere il dato, sarebbe come fare una strategia di contenimento della pandemia senza sapere il numero dei morti da Covid.
Avril Haines, la direttrice della National Intelligence (che supervisiona tutte le agenzie d’intelligence americane) in un’audizione al Senato ha detto che “probabilmente abbiamo più informazioni sui russi che sugli ucraini”. Il New York Times ha scritto che gli americani conoscono molto meglio i problemi che stanno incontrando sul campo di battaglia i soldati di Mosca che quelli di Kyiv: “Ovviamente la comunità d’intelligence statunitense raccoglie informazioni su quasi tutti i paesi, inclusa l’Ucraina. Ma le agenzie di spionaggio, in generale, concentrano i loro sforzi sui governi antagonisti”. E poi: “Mentre la Russia è stata una priorità assoluta delle spie americane per 75 anni, quando si è trattato degli ucraini, gli Stati Uniti hanno lavorato per aiutare il loro servizio d’intelligence, non per spiare il loro governo”.
Tenendo a mente tutto questo, non si può escludere che, pur conoscendo alcuni dettagli e alcune cifre sulla situazione delle truppe di Kyiv, se c’è una strategia dietro la scelta di rivelare i problemi del nemico, non ha altrettanto senso sbandierare quelli degli alleati. Eppure anche Beth Sanner, che è una ex dirigente della Cia, ha detto che è impossibile trovare qualcuno che riveli – in confidenza – quanti uomini ha perso l’Ucraina. Con una guerra d’attrito prolungata, questi numeri diventano molto rilevanti e tutto dipende dal rapporto tra la velocità con cui si subiscono le perdite e quella con cui si riescono a portare al fronte altri uomini e nuove armi. Rispetto al primo punto, secondo gli esperti a Kyiv conviene cedere terreno in Donbas e conservare gli uomini se, nel farlo, riescono a bruciare un numero di truppe nemiche tale da rendere impossibile proseguire l’attacco fino all’autunno. Rispetto alle armi, il governo ucraino ne chiede di più e, dei missili a lungo raggio promessi (per ora quattro dagli Stati Uniti e tre dal Regno Unito), ne vorrebbe 60. Poi, serve un nuovo coordinamento per addestrare i suoi uomini all’uso delle armi occidentali. Al fronte è capitato che, con le rotazioni, i soldati che sapevano usarle andassero a riposarsi e, quelli appena arrivati, per metterle in funzione dovevano tradurre i manuali in inglese su Google Translate. Kyiv ha urgente bisogno di un piano perché non ricapiti.