L'analisi
Basta baloccarci. E' ora di prendere sul serio le conseguenze di questa guerra
Affermare l’ineluttabilità del non-intervento ora non basta più. Ne discettiamo a lungo, con il balletto delle opinioni, ma quali sono i reali effetti del conflitto?
La guerra di Putin porta morte e devastazione in Ucraina, paese non integrato all’occidente euroatlantico ma suo alleato per chiara volontà popolare, una consuetudine di trent’anni, sancita da accordi di autonomia clamorosamente violati. La guerra di Putin distorce gravemente e boicotta l’equilibrio di sicurezza in Europa e nel mondo. Le minacce nucleari sono un ovvio e tremendo moltiplicatore di questa insicurezza, destabilizzano altri alleati, incrementano la corsa sregolata all’armamento atomico (a partire dall’Iran, che ha accecato i suoi siti anche per l’Agenzia di controllo internazionale incaricata di sorvegliare il vecchio, sciagurato, fragile accordo). Il Mar Baltico è investito dalle conseguenze dirette della guerra nella forma che sappiamo, con due paesi storicamente neutrali obbligati a una scelta di campo nel segno dell’autodifesa, e una catena di nuove minacce ed esercitazioni ai confini di libere repubbliche ex sovietiche di cui la Russia si appresterebbe a disconoscere l’indipendenza con una legge della Duma di Mosca.
La guerra d’invasione provoca un’ondata migratoria devastante, che si conta a molti milioni di persone in fuga, in prevalenza donne e vecchi e bambini, e paesi Nato, la Polonia prima di tutto, ne subiscono le conseguenze (a parte la solidarietà, conseguenze ce ne sono). La guerra provoca inevitabilmente le sanzioni economiche, le sanzioni isolano l’economia russa e i suoi potentati, ma oltre che sulla società russa hanno conseguenze serie, a ricasco, sulle economie occidentali, e non potrebbe essere altrimenti. Sulla traccia dei carri armati l’inflazione galoppa, e le misure contro l’inflazione minacciano recessione, mentre il gas, il petrolio, i fertilizzanti e il grano, centrale nell’alimentazione di molti milioni di esseri umani, in particolare in Africa, aumentano di prezzo e masse immense di cereali a rischio di marcire sono costrette in silos e depositi sottoposti all’attacco e al saccheggio russo, immobilizzati quanto all’esportazione. La guerra è una guerra al commercio internazionale nelle sue basi più elementari.
La guerra mette in discussione ciò che siamo, bullizza forsennatamente l’alleanza delle democrazie in una dichiarata crociata a favore di un sistema illiberale, autocratico, e del suo presunto diritto a riscrivere in molti punti del globo, e ora nella vecchia Europa, nel suo cuore, la carta geografica.
Una domanda viene così, spontanea. Non ce n’è abbastanza per sentirci aggrediti anche noi, non la sola Ucraina? Dopo oltre tre mesi di bombardamenti dell’artiglieria, di manifestazioni di odio politico, di minacce, di esorbitanti esibizioni di potenza contro la resistenza nazionale e popolare di un paese europeo, mentre una irrecusabile e paranoica repressione affligge la Russia intera in manifestazioni di grandezza neoimperiale, è possibile limitarsi a fare, e non sempre, non dovunque, la voce grossa, la faccia feroce, incrementando le sanzioni sempre evitando di arrivare al punto drammatico del gas, e inviare armi e munizioni per l’autodifesa degli ucraini?
L’unità della coalizione occidentale ha i suoi costi, d’accordo, ed è un bene prezioso la capacità di incidere nella guerra contro l’invasore senza rassegnarsi a una scalata politico-militare estremamente pericolosa; ma quello che fanno i nostri governi, e quello che recisamente negano di voler mai fare, un intervento diretto sul campo, e sanzioni davvero ultimative sull’export di risorse preziose per tutti, esprime una capacità di dissuasione e deterrenza all’altezza delle mire espansioniste apertamente dichiarate e praticate da Mosca? Ci balocchiamo, come in ogni democrazia discutidora che si rispetti, con il balletto delle opinioni, ed è un vantaggio di principio sul nostro nemico e sul suo sistema di consenso forzato, ma i fatti? Come si abbrevia il corso di questa guerra, come si arriva a un negoziato? Cessare di affermare l’ineluttabilità del non-intervento, a difesa di una coalizione democratica mondiale bullizzata in molti modi da un tiranno militarista che intimidisce e capisce solo il linguaggio dell’intimidazione, e fissare una data per la fine dell’importazione di gas russo, ecco, non sarebbero questi dei modi più realistici di difenderci, visto che non esiste l’alternativa della resa a discrezione degli ucraini e nostra?