sospetti
Madrid ha fatto infuriare Algeri e ora teme che se ne approfitti l'Italia
L'Algeria non ha preso bene i passi della Spagna per avvicinarsi agli odiati vicini del Marocco. Le accuse di un giornale spagnolo a Roma: sfrutterebbe le tensioni per rosicchiare quote di gas algerino
Ieri il giornale online El Español, fondato dall’ex direttore del Mundo Pedro J. Ramírez, ha raccontato che il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, avrebbe rifiutato l’aiuto del nostro paese al suo omologo spagnolo, José Manuel Albares. Se di questo “no” non si troverà forse traccia sui nostri giornali, è perché questa notizia è tutta spagnola. Ovvero funzionale a corroborare le teorie di chi a Madrid si è convinto che l’Italia stia giocando al quarto che se la gode tra i tre litiganti – la Spagna, l’Algeria e il Marocco – che, in un agitato triangolo delle Bermude mediterraneo, stanno rinfocolando antichi litigi che rischiano di trasformarsi in qualcosa di più serio.
La storia è questa. La Spagna è tra i pochi paesi occidentali costretti a occuparsi, almeno saltuariamente, del Sahara occidentale, quella striscia di sabbia, grande quasi come l’Italia, che segue la costa atlantica tra il sud del Marocco e il nord della Mauritania. Il motivo dell’interesse di Madrid deriva da un flebile senso di responsabilità: quel territorio era una sua colonia e solo nel 1975, giusto una settimana prima della morte di Francisco Franco, la Spagna lo lasciò libero o, per meglio dire, lo abbandonò al suo destino di riluttante provincia marocchina. Infatti da allora il Sahara occidentale è conteso tra il Marocco, che lo considera suo e lo controlla militarmente, e il Fronte Polisario, il movimento di liberazione del popolo sahrawi che combatte per l’indipendenza.
Poi, d’improvviso, nel marzo scorso, dopo decenni di cautele diplomatiche, il governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez ha inviato una lettera a Rabat dicendo che il piano di “autonomia” per il Sahara occidentale proposto dal Marocco (che, ça va sans dire, prevede pochissima autonomia) è “la base più seria, credibile e realista per la soluzione di questa contesa”. Reazioni? Entusiasmo da parte del Marocco (che due anni fa aveva già ottenuto l’appoggio dell’Amministrazione Trump sull’annessione del Sahara occidentale in cambio di una normalizzazione dei rapporti con Israele). Sdegno da parte dei sahrawi (non pochi di loro hanno studiato e vivono nell’ex potenza coloniale). Critiche in Spagna dall’opposizione del Partito popolare (che rimpiange la neutralità e ha accusato Sánchez di essere vittima di un ricatto in seguito a un furto di dati dal suo cellulare). E accuse di cinismo da parte di Podemos, il movimento della sinistra radicale alleato di governo di Sánchez, e da parte degli indipendentisti baschi e catalani che sostengono con i loro voti l’esecutivo spagnolo, ma sono contrarissimi ad avallare gli appetiti liberticidi del Marocco.
L’obiettivo di Sánchez era chiaro: ottenere l’aiuto di Rabat nel controllo dell’immigrazione clandestina, che, per motivi geografici, mette sotto forte pressione la Spagna, e garantire una vita tranquilla alle città di Ceuta e Melilla, enclavi spagnole sulla costa marocchina. Ma forse è stata sottovalutata la suscettibilità dell’Algeria. Da decenni in rapporti di pessimo vicinato con il Marocco e principale sostenitrice del Fronte Polisario (anche per garantirsi, in prospettiva, uno sbocco sull’Atlantico), l’Algeria, da cui la Spagna è pressoché dipendente per quanto concerne l’approvvigionamento di gas, ha preso male l’iniziativa spagnola. Il che è un bel problema, specie con la guerra in Ucraina in corso. L’Algeria ha infatti bloccato le operazioni bancarie con la Spagna, pregiudicando l’import-export tra i due paesi. E ha respinto con una salva di insulti le allusioni formulate dal ministro degli Esteri spagnolo Albares, che sosteneva che dietro tanto risentimento si nascondesse la manona della Russia, legata da antica amicizia all’Algeria (“pseudodiplomatico”, “indegno” e “piromane”, lo ha definito l’agenzia di stampa dello stato maghrebino).
Infine, l’Algeria, pur facendo mezza marcia indietro, ha replicato con stizza al duro comunicato dell’Unione europea, che le ha ricordato l’esistenza di trattati collettivi. Mentre la situazione resta tesa e a Madrid si teme l’inverno, al di là dei Pirenei si sono convinti (la visita di Mario Draghi ad Algeri in aprile, la visita del presidente algerino Abdelmadjid Tebboune a Roma a maggio…) che l’Italia non si stia spendendo abbastanza per la Spagna. E se ne stia anzi approfittando per rosicchiarle quote di gas algerino.