Razionamenti ed efficienza. Così Berlino si prepara all'inverno senza gas russo
“Sul breve termine è la Russia che crea un problema all’occidente, obbligato a cercare una fonte alternativa di gas e di petrolio”, ci dice un economista tedesco. Sul medio periodo la previsione è meno grigia. Ma avrà un prezzo
Berlino. S’è cominciato martedì con un taglio del 40 per cento alle forniture di gas, poi mercoledì una seconda sforbiciata e via così, tanto che il colosso energetico russo Gazprom ha ridotto di più del 60 per cento le forniture di gas alla Germania tramite il gasdotto Nord Stream adducendo “problemi tecnici” a un turbomotore targato Siemens presso la stazione di compressione di Portovaja. Gazprom ha spiegato che la multinazionale tedesca non ha concluso i lavori di manutenzione obbligando il fornitore a chiudere i rubinetti di oltre metà. Siemens ha confermato che una turbina era stata inviata in Canada per riparazioni e che, causa sanzioni, non potrà essere restituita in tempi stretti. Eppure per il vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesca Robert Habeck quella di Gazprom sarebbe “una decisione politica” presa nell’ambito di “una strategia per far salire i prezzi”. Senza dimenticare che l’accetta russa è caduta su Berlino mentre il cancelliere Olaf Scholz partiva per Kyiv.
Incastrati fra sanzioni occidentali e forniture russe viene dunque da chiedersi quale contendente parta avvantaggiato. “Sul breve termine è la Russia che crea un problema all’occidente, obbligato a cercare una fonte alternativa di gas e di petrolio”, dice Klaus-Jürgen Gern, che non ha dubbi. L’economista del Kiel Institute for the World Economy, esperto di cicli economici e mercati delle materie prime, osserva che in questo momento la Russia non soffre di alcun vincolo finanziario. E mentre l’Europa si attrezza per aprirsi ad altri fornitori sul medio periodo, i rischi per Mosca sono futuribili e si concretizzeranno “solo se non riuscirà a trovare altri clienti per i propri idrocarburi”. Una prospettiva alla quale lo stesso Gern non crede. Le sanzioni antirusse, ricorda, sono sostenute da una minoranza di stati, “mentre le più importanti economie emergenti e la maggioranza dei paesi in via di sviluppo non le applica”. A dispetto delle sanzioni, prosegue Gern, la posizione di Mosca è forte: una domanda crescente le permetterà di piazzare “almeno una parte considerevole dei propri idrocarburi” sul mercato. Questa non è un’ipotesi di scuola né il wishful thinking di chi ha in odio le sanzioni: è invece il risultato delle dinamiche del mercato. Gern fa l’esempio del greggio: al momento la produzione globale non aumenta perché da un lato alcuni produttori come Angola, Messico e Nigeria non riescono neppure a sostenere i livelli produttivi attuali ma vedono anzi un declino. Dall’altro, chi avrebbe la capacità di aumentare estrazione e produzione, ossia gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, è riluttante ad aumentare l’output. Con il risultato che il prezzo del Brent e del Wti è alle stelle “e il perdurare delle sanzioni diventa un incentivo per molti paesi che non applicano le sanzioni a comprare petrolio russo a prezzi molto ribassati”. L’aumento è stato tale, osserva ancora l’economista, che se oggi Mosca vende barili con lo sconto del 40 per cento, ottiene gli stessi margini di prima della guerra e delle ultime sanzioni.
Tornando alla recente strozzatura delle forniture di gas, Gern prevede “un inverno difficile” per la Germania. La situazione non è drammatica, spiega, ma aggiunge che l’atteggiamento degli economisti è mutato: fino a qualche settimana fa si immaginava di far ricadere le carenze di gas solo sulle industrie salvaguardando le famiglie, adesso l’opinione prevalente è che i sacrifici devono essere distribuiti. “E se alcune industrie cercano di riconvertirsi ad altre fonti senza subire gravi danni economici, esistono impianti soprattutto nella chimica e nel vetro che non possono fermare la produzione, pena la rottura dei macchinari”. L’appello è dunque a 360 gradi: risparmiare gas per rimpinguare gli stock tedeschi, scaldare le case quanto basta d’inverno ed evitare una pesante recessione. Gern invoca quindi “un dibattito pubblico sui costi delle sanzioni non solo per i paesi che le hanno adottate, ma anche per tutti i paesi in via di sviluppo colpiti dall’aumento dei prezzi di cibo ed energia”. Sul medio periodo la previsione è meno grigia: l’infrastruttura europea per sostituire il gas russo sarà pronta e il negoziato con Mosca potrà ripartire; sarà però una questione di prezzo e non di dipendenza.