Pareggio e immondizia. Le parole del ballottaggio in Colombia

Maurizio Stefanini

Entrambi gli ex sindaci accusati di corruzione hanno come primo punto del loro programma la lotta alla corruzione. Il centrodestra per sbarrare la strada a Petro, fa blocco su Hernández, che è stato comparato a un “Trump colombiano”

“Immondizia” è una parola chiave del ballottaggio presidenziale di domenica in Colombia. Il 21 luglio, infatti, Rodolfo Hernández, candidato della Lega di governanti anticorruzione da lui fondata, finirà sotto processo come governante corrotto per aver cercato, da sindaco di Bucaramanga,  di aggiudicare al figlio un appalto per il trattamento dei rifiuti. Lui  nega. Eletto primo cittadino nel 2015 con un Movimento logica, etica ed estetica sempre fondato da lui, girò il suo stipendio a studenti universitari, ma fu sospeso dalla magistratura: prima, tre mesi, per aver picchiato un consigliere; poi, per altri tre mesi, per aver fatto interventi politici che come sindaco gli sarebbero stati vietati. A quel punto rinunciò. Ma anche Gustavo Petro, candidato del Patto storico che raccoglie una trentina di sigle di sinistra, nel 2013 fu rimosso da sindaco. E  anche lui per irregolarità nella gestione della raccolta dei rifiuti. 

 

Entrambi gli ex sindaci accusati di corruzione hanno come primo punto del loro programma la lotta alla corruzione. Petro dice di avere come priorità anche la lotta alla fame, e di voler tagliare l’industria petrolifera a partire dal fracking, prima risorsa sia dell’export, sia delle entrate pubbliche, sia di qualunque programma per combattere la fame. Economista 62 enne, come ex guerrigliero Petro è visto da molti con odio, in un paese dove la guerriglia di sinistra ha seminato lutti e dove si ha ben presente il disastro del vicino Venezuela. Molti media hanno parlato di “Petrofobia”. Lui però con il presidente venezuelano Maduro si è preso a male parole, e anche se nella sua vasta coalizione ci sono personaggi con fama di chavismo, i nomi più di spicco della sua squadra vogliono dare una immagine di moderazione. Il suo responsabile per i dibattiti, Alfonso Prada, fu responsabile della campagna elettorale e poi segretario generale alla presidenza del presidente della pace con le Farc,  Juan Manuel Santos. 

 

Il centrodestra per sbarrare la strada a Petro, fa blocco su Hernández, che è stato comparato a un “Trump colombiano”. Ingegnere e imprenditore edilizio 77enne a cui la guerriglia sequestrò il padre e uccise una figlia, lo appoggiano però anche leader ecologisti come Sergio Fajardo o Íngrid Betancourt, e comunque ha detto che vuole una normalizzazione delle relazioni col governo del Venezuela. Per un osservatore italiano può forse apparire inquietante il suo ostinato rifiuto a dibattere con gli avversari, che assieme alla retorica anti partiti e alla sua martellante campagna su TikTok evoca un po’ i primi Cinque Stelle. Alla fine la magistratura gli ha mandato una intimazione a fare un  dibattito tv giovedì, ma lui ha disobbedito, dopo aver detto che comunque avrebbe chiesto di poter scegliere i giornalisti e che le spese le pagasse Petro. “Non si può essere presidente e infischiarsene dei giudici”, ha commentato Petro. Facendo evidentemente finta di dimenticare cosa aveva detto quando lo avevano rimosso da sindaco: “Non è ammissibile che un giudice si permetta di destituire un eletto del popolo”.  

 

Sulla campagna ha pesato anche lo scandalo dei “Petrovideos”.  Un video di due minuti in cui il senatore Roy Barreras, responsabile della campagna di Petro, si vantava di aver destabilizzato altri candidati con metodi in stile Bestia di Salvini, e Petro lo ascoltava compiaciuto; altre ore di registrazioni dello stesso tenore, in cui addirittura si confessava la creazione di fake news. Le vittime delle macchinazioni erano il candidato del centrodestra  Federico Gutiérrez e il verde centrista Fajardo, arrivati terzo e quarto al primo turno. Entrambi hanno dato indicazioni di voto per Hernández, e in base a un semplice conto il 28,7 per cento di Hernández, il 23,94 di Gutiérrez e il 4,18 di Fajardo supererebbero largamente il 40,34 di Petro. In realtà però una parte della coaliziione di Fajardo si è spostata su Petro ed è possibile che una parte degli elettori di Hernández al primo turno non gradisca l’appoggio dei politici tradizionali. C’è anche una possibilità teorica di recuperare qualcosa dal 45,02 per cento di astenuti al primo turno, anche se per la Colombia si trattava comunque di una affluenza record. I sondaggi danno un pareggio tecnico, ma quasi tutti con Hernández in testa.