come eravamo
Un doc indaga la stagione più splendente della gauche (e noi viviamo com'è diventata)
Con “Gauche caviar, son univers impitoyable”, di Stéphane Groussard e Guillemette Faure, il canale televisivo Paris Prémière ha aperto mercoledì sera l’album dei ricordi degli anni di Mitterrand
Parigi. C’è stata un’epoca, non molto lontana, in cui il Partito socialista francese (Ps) incarnava la social-democrazia, il riformismo, il sogno europeo, l’exception culturelle, un’epoca in cui i suoi esponenti, guidati da François Mitterrand, indicavano alla Francia la strada per un futuro radioso, pieno di speranze, e non dovevano accodarsi a un tribuno euroscettico e filorusso per provare a sopravvivere politicamente.
Erano gli Ottanta, gli anni ruggenti dei socialisti, delle grandi riforme sociali e di Sos Racisme, dell’abolizione della pena di morte e delle cinque settimane di ferie pagate, dell’inizio della Fête de la musique e della nascita del Musée d’Orsay, anni in cui il Ps, primo partito di Francia, era all’Eliseo e a Matignon, e non a rischio scomparsa dopo aver ottenuto il peggior risultato della sua storia, 1,7 per cento di preferenze, alle presidenziali.
Col documentario “Gauche caviar, son univers impitoyable”, di Stéphane Groussard e Guillemette Faure, il canale televisivo Paris Prémière ha aperto mercoledì sera l’album dei ricordi degli anni di Mitterrand, quando la gauche, pur con le sue debolezze e le sue abitudini mondane poco apprezzate dal popolo che diceva di difendere, luccicava e trionfava. “A Parigi, il suo quartier generale era il Café de Flore, voleva essere moderna in maniera sfrenata, avere successo e mostrare il suo successo. Voleva essere ‘americana’”, racconta nel documentario Raphaëlle Bacqué, giornalista del Monde di lunga data che conobbe da vicino la sinistra dei Laurent Fabius, il più giovane primo ministro di Francia nel 1984, e dei Jack Lang, l’ideatore della Fête de la musique e della legge sul prezzo unico del libro. C’è un filo di nostalgia in questo viaggio a ritroso nel Tout-Paris degli anni “rosa”, dove per rosa si intende il simbolo del Partito socialista. Un viaggio che attraversa i momenti cruciali dell’èra Mitterrand, con le interviste ai protagonisti di quel periodo irripetibile, come l’economista Jacques Attali e l’architetto e attivista politico Roland Castro, che nell’anno dell’elezione di Mitterrand, il 1981, creò una struttura di intervento e di riflessione sulle banlieue, che diede origine alla missione Banlieues 89 per riqualificare i quartieri sensibili della République.
Le immagini d’archivio ci mostrano Fabius mentre esce tranquillamente di casa in pantofole per andare a prendere i croissants e la moglie parcheggia la sua 2CV a Matignon, ma anche Bernard Kouchner, Benard-Henri Lévy e Harlem Désir, l’uno accanto all’altro, mentre sfilano durante la manifestazione di Sos Racisme, movimento antirazzista nato nel 1984 per lottare contro ogni forma di discriminazione (“Touche pas à mon pote” era lo slogan). Questi socialisti, tuttavia, avevano anche dei difetti e erano oggetto di critiche aspre, come spiega l’ex direttore del Nouvel Obs e di Libération Laurent Joffrin, che interviene nel documentario da autore del saggio “Histoire de la gauche caviar” (2006). Oggi avventuriero della politica con il movimento social-democratico Engageons-nous, che ha messo a servizio della candidata Ps alle ultime presidenziali Anne Hidalgo senza risultati, Joffrin sottolinea come la “svolta del rigore” impressa da Mitterrand, Fabius e Delors del 1983 e l’apertura della Francia all’economia di mercato fu vista dal popolo come un tradimento. E per il loro stile di vita, tutto champagne, tartine, salotti e vacanze in Costa Azzurra, si guadagnarono la famosa critica di avere “il cuore a sinistra e il portafoglio a destra”. “Nella gauche caviar è il caviar che è avuto la meglio”, osserva con toni caustici Laurent Joffrin. All’appello, nel documentario, mancano Edith Cresson, Ségolène Royal, François Hollande, Dominique Strauss-Kahn che furono, come scrive il Monde, “i perni di quell’epoca tanto benedetta quanto ambigua per la sinistra ‘riformista’”. Una sinistra socialista che oggi si fa abbindolare dalle smargiassate di Jean-Luc Mélenchon, portavoce della Nupes, e sembra aver dimenticato la sua identità e i suoi valori.