terremoto francese
Macron senza maggioranza. Che cosa succede adesso in Francia
Il presidente francese avrà bisogno della destra moderata dei Républicains per sperare di racimolare una maggioranza all'Assemblea nazionale. Ma diversi deputati gollisti si sono detti contrari. Le possibilità alternative e le conseguenze sull'Ue
Il presidente francese, Emmanuel Macron, ieri ha perso la maggioranza assoluta all'Assemblea nazionale e rischia di non poter governare la Francia per i prossimi cinque anni, dopo i risultati del secondo turno delle elezioni legislative. L'alleanza dei partiti centristi che sostengono Macron, Ensemble, ha ottenuto 246 seggi, ben al di sotto dei 289 necessari per la maggioranza assoluta. La Nuova Unione Popolare ecologica e sociale (Nupes) di Jean-Luc Mélenchon ha conquistato 142 seggi, consolidando la sua posizione di principale opposizione a Macron. La sorpresa è il successo al ballottaggio del Rassemblement national: il partito di Marine Le Pen ha ottenuto 89 seggi, molto oltre le previsioni della vigilia e un risultato storico per l'estrema destra, che supera la destra gollista.
Macron avrà bisogno della destra moderata dei Républicains, che ha strappato 64 seggi, per sperare di racimolare una maggioranza all'Assemblea nazionale. Per la Francia, ma anche per l'Unione europea, il voto avrà gli effetti di un terremoto, nel momento in cui i governi sono alle prese con la guerra di Vladimir Putin in Ucraina, l'aumento dei prezzi di energia e alimentari, l'inflazione record e il pericolo recessione.
Macron è il grande sconfitto del voto di ieri. I suoi appelli ai francesi per dargli una maggioranza solida non sono stati ascoltati ed è tutta la macronia, o quasi, che è venuta giù. Molti degli uomini e delle donne che hanno accompagnato En Marche sin dalla nascita sono stati sconfitti. Alcuni di loro, appena nominati al governo, dovranno abbandonare l'esecutivo guidato da Elisabeth Borne. Amélie de Montchalin, ministro della Transizione ecologica, è stata battuta nell'Essone. Brigitte Bourguignon, ministro della Sanità, ha perso nel Pas-de-Calais. Justine Beinin, segretario di stato incaricato dell'Oltremare, è uscito sconfitto in Guadalupe. Non hanno superato il secondo turno né il presidente uscente dell'Assemblea nazionale, Richard Ferrand, né il presidente uscente del gruppo de La République en Marche, Christophe Castaner. Magra consolazione per Macron: il suo ministro per gli Affari europei e fidato consigliere, Clément Beaune, è stato rieletto a Parigi in un ballottaggio ad alto rischio.
Il ministro dell'Economia, Bruno Le Maire, ieri sera ha lanciato un appello al "senso di responsabilità" e al "compromesso" per far fronte a una "situazione inedita". Anche se non lo ha detto esplicitamente, l'appello è rivolto al suo ex partito di centrodestra per "evitare lo stallo". Ma diversi deputati dei Républicains si sono detti contrari. "Non tocca a noi andare a salvare Emmanuel Macron", ha detto il deputato gollista, Aurelien Pradié. L'incontestabile successo del Rassemblement national gioca contro un'alleanza, più o meno formale, tra macroniani e gollisti. L'alternativa per Macron sarebbe cercare di trovare alcuni voti tra i deputati verdi o socialisti eletti sotto la bandiera della Nupes di Mélenchon. Ma, secondo diversi osservatori, è uno scenario altamente improbabile. "La situazione è inedita" e "costituisce un rischio per il nostro paese", ha avvertito il primo ministro, Elisabeth Borne. La Francia potrebbe aver vissuto il suo 4 marzo 2018, quando l'Italia ha dato la maggioranza assoluta in Parlamento a due partiti populisti e anti-sistema.
In teoria la Costituzione permetterebbe al presidente di governare per decreto. L'articolo 49-3 consente al governo di far passare una legge senza sottoporla al voto dell'Assemblea nazionale. Esiste un precedente: il governo di Michel Rocard tra il 1988 e il 1991, quando il Partito socialista non riuscì ad ottenere la maggioranza dopo la rielezione all'Eliseo di François Mitterrand. Rocard utilizzò l'articolo 49-3 per 28 volte durante i suoi tre anni a Matignon. Ma dal 2008 l'uso dell'articolo è stato fortemente limitato. Può essere utilizzato solo per la legge di bilancio e un progetto di legge per sessione parlamentare. Inoltre, i numeri all'Assemblea nazionale rendono l'articolo 49-3 un'arma a doppio taglio. Ogni volta che viene usato, l'opposizione può far votare una mozione di censura e, in caso di maggioranza, far cadere il governo. Macron si troverebbe sempre nel mirino di Mélenchon e Le Pen, e sotto il costante ricatto dei Républicains.
In queste condizioni, l'azione di Macron in Francia potrebbe essere paralizzata. Sul fronte interno significherebbe lo stop delle riforme e di gran parte dei provvedimenti. Sul fronte europeo, il presidente della Repubblica ha ampi poteri, ma ci sarebbe comunque un effetto destabilizzatore. Macron avrebbe un'ultima arma per uscire dallo stallo: lo scioglimento dell'Assemblea nazionale e elezioni anticipate. L'ultimo precedente è quello del 1997. Confrontato alla resistenza della strada alle sue riforme, l'allora presidente Jacques Chirac sciolse l'Assemblea nazionale. Fu una scommessa azzardata. Dopo la vittoria del Partito socialista e dei suoi alleati di sinistra, Chirac fu costretto a cinque anni di coabitazione con Lionel Jospin a Matignon che paralizzarono la sua azione. Secondo il giornalista Alain Duhamel, il voto di ieri segna un "cambiamento di sistema" simile a quello portato dall'elezione di François Mitterrand nel 1981. Il primo mandato di Macron è stato "turbolento", ha detto Duhamel: "Il secondo mandato sarà convulsivo".
Cosa c'è in gioco