Tra fake news e propaganda

Perché la Lituania adesso si sente sul fronte della guerra di Putin all'Europa

Giulia Pompili

Il Cremlino alza la tensione contro Vilnius, che applica le sanzioni europee. I lituani hanno paura del rischio "incidente" 

 Il “blocco di Kaliningrad” è una fake news. Una delle tante che il Cremlino sta usando per cercare di alzare la tensione e mettere alla prova la tenuta della coalizione antirussa all’interno dell’Unione europea. Venerdì scorso la Lituania ha semplicemente fatto entrare in vigore le misure restrittive sul transito ferroviario di acciaio e altri metalli ferrosi verso il territorio russo. Si tratta di parte del pacchetto di sanzioni contro la Russia decise dall’Ue a marzo, e da venerdì si applicano anche al passaggio di certe merci verso l’exclave di Kaliningrad, la cittadella che prima del 1946 si chiamava Königsberg e che è a tutti gli effetti territorio russo – poco più di duecento chilometri quadrati stretti tra Polonia e Lituania, l’unico accesso diretto della Russia al mar Baltico. La manipolazione dell’informazione da parte del Cremlino serve ad aumentare la pressione: l’altro ieri Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha dichiarato che si tratta di un “blocco della Lituania” che è in “violazione di qualunque cosa” e ha chiesto di eliminare la misura “apertamente ostile”. Eppure non si tratta né di un blocco né di un embrargo, perché come ha fatto sapere l’Autorità delle ferrovie lituane, merci non sanzionate e persone possono ancora usare i treni per raggiungere o lasciare Kaliningrad. Inoltre i collegamenti via mare e aerei con la Russia sono ancora attivi. Anche il capo della diplomazia dell’Ue, Josep Borrell, ha detto: “L’accusa contro la Lituania di attuare le sanzioni unilaterali è falsa, pura propaganda. La Lituania non sta facendo altro che attuare le linee guida fornite dalla Commissione europea”. Markus Ederer, ambasciatore dell’Ue a Mosca, ieri è stato convocato dal ministero degli Esteri russo e il rischio è che la tensione aumenti, e aumenti a tal punto che un incidente possa provocare una serie di conseguenze inarrestabili, che una parola fuori posto, magari fraintesa, possa essere usata come casus belli. “Non dobbiamo soccombere alla narrativa imposta dalla Russia e certamente non dobbiamo farci prendere dal panico o infilarci in una guerra di parole. Dobbiamo rimanere calmi e uniti, e la voce unita dell’Ue è essenziale”, ha detto a Lrt Arnoldas Pranckevičius, ambasciatore della Lituania a Bruxelles.


Da tempo si parla dei paesi baltici come obiettivo di Putin dopo l’Ucraina, la riconquista degli ex territori dell’Unione sovietica ormai saldamente dentro l’Unione europea e la Nato. Ma sempre di più la Lituania si sente la prima linea del fronte, per la vicinanza storica, geografica, e per via di quel difficile passaggio da gestire, il corridoio di Suwalki, una striscia di terra larga circa 65 chilometri che collega la Bielorussia a Kaliningrad, e che passa sul confine tra Polonia e Lituania. Sin dal 24 febbraio sui talk show russi si parla di aprire un corridoio di terra che unisca direttamente gli avamposti russi in Bielorussia e Kaliningrad, come è stato già fatto con la Crimea. E’ propaganda, ma il rischio c’è, soprattutto quello di un incidente. I lituani, da sempre molto fermi e consapevoli dei rischi di avere un vicino ingombrante – in passato sì, umiliato dai lituani – oggi iniziano a essere preoccupati. Due settimane fa Russia Unita ha presentato alla Duma una proposta di legge per revocare il riconoscimento dell’indipendenza della Lituania, concesso da Mikhail Gorbachev nel settembre del 1991. 


C’è chi ipotizza un attacco sul corridoio di Suwalki dopo una eventuale offensiva di Putin su larga scala attorno a metà agosto. Altri hanno paura di azioni provocatorie: se un treno da San Pietroburgo verso Kaliningrad subisse un incidente, e se i russi accusassero i lituani di averlo provocato, sarebbe considerato un motivo per estendere il conflitto? E’ questa la domanda che il Cremlino spera si facciano ogni giorno, in ogni momento, i residenti dei paesi baltici, i cittadini europei, i funzionari di Bruxelles e della Nato. Più che deterrenza, somiglia a una strategia del terrore. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.