(foto EPA)

Liberare Kherson è fondamentale ma cruento. Kyiv: “Scappate da lì

Cecilia Sala

La controffensiva ucraina nella città del sud è sanguinosa, ma ribalta la percezione della guerra

Che grande cosa è il karma”, ha scritto su Telegram il capo dell’amministrazione militare della regione di Odessa. Dalle sue coste, lunedì, sono partiti gli attacchi che hanno colpito tre piattaforme galleggianti per l’estrazione del gas nelle acque della Crimea. Gli attacchi fanno parte di un piano più generale per riconquistare il sud (strategico più dell’est) e mandare un messaggio a Putin: concentrare la tua potenza in Donbas non è a costo zero, alla lenta e dissanguante avanzata nella provincia di Luhansk corrispondono insidie alle conquiste più preziose che hai ottenuto finora. Come il petrolio, il ponte che collega Kherson alla Crimea e lo sbocco del fiume per portarci l’acqua. Nel 2014 i russi non hanno occupato solo la penisola ma anche una zona marittima tre volte più grande dove ci sono giacimenti che valgono miliardi di dollari.

 

Prima, i ricavi finivano nelle casse di Kyiv, adesso finiscono nelle casse di Mosca e servono anche per finanziare la guerra. Sergey Aksyonov, il leader russo della Repubblica di Crimea, ha detto che c’erano 109 lavoratori sulle piattaforme, 21 sono stati evacuati e gli altri li stanno ancora cercando. L’esercito di Putin – da quando è cominciata l’invasione – ha usato quelle infrastrutture civili per installare degli impianti capaci di disturbare le comunicazioni via radio tra i soldati ucraini, in questo modo le ha trasformate in obiettivi militari. Non ci sono ancora certezze su come si sia svolta l’operazione: per questi attacchi potrebbero essere stati usati i nuovi missili Harpoon forniti dalla Danimarca, ma le piattaforme colpite sono a 64 chilometri dalle coste e – anche senza i nuovi aiuti militari – gli ucraini erano già stati capaci di affondare l’ammiraglia Moskva da una distanza di 104 chilometri. Il giorno dopo, martedì, c’è stato un altro attacco: secondo Mosca, i soldati ucraini hanno tentato di sbarcare sull’Isola dei Serpenti. E’ a largo di Odessa, è strategica per il controllo del Mar Nero ed è occupata dall’inizio della guerra. Ieri gli ufficiali della Difesa hanno presentato un lungo elenco dei pezzi di equipaggiamento che avevano appena distrutto nel raid: molti mezzi blindati, un’installazione radar e soprattutto un sistema di difesa antiaerea. Accanto alla guerra in mare c’è una controffensiva di terra che, scendendo verso sud, ha già recuperato quasi venti chilometri di territorio. Muove da nord-est in direzione di Melitopol e, da ovest, in direzione di Kherson. In entrambe le città ci sono stati episodi di guerriglia contro gli occupanti e Kyiv – quando dice che potrebbe riprendersi la zona alla fine dell’estate – conta che quegli stessi partigiani aiutino l’esercito a individuare i target da colpire e li informino dei movimenti oltre le linee nemiche. Nel fine settimana qualcuno ha sparato a tre soldati russi che passeggiavano sul lungomare di Kherson ed è scappato, due sono morti. 

La controffensiva  è appena entrata nella fase più violenta perché i soldati ucraini sono arrivati di fronte alla linea di difesa trincerata dei russi,  hanno scavato in profondità e significa che per loro quello sarebbe il limite oltre il quale non si può indietreggiare. A questa informazione bisogna aggiungerne due per avere un quadro: all’inizio del mese la Difesa ucraina ha detto che alcuni lanciarazzi Himars americani (l’arma più potente fornita dagli occidentali) saranno posizionati in direzione di Kherson,   varcheranno il confine con l’Ucraina entro i prossimi otto giorni. La seconda informazione è che la vicepremier Iryna Vereshchuk si è appellata agli ucraini che vivono lì (circa cinquecentomila): “Vi prego andatevene, soprattutto se avete figli!”. E ha detto una cosa inaspettata: bisogna andar via a ogni costo e, visto che non sarà possibile organizzare corridoi umanitari verso il territorio controllato da Kyiv durante la controffensiva, ha invitato a scappare nella Crimea occupata dai russi, per poi cercare un modo di fuggire all’estero. Riconquistare Kherson significherebbe infliggere a Mosca una sconfitta più grande della soddisfazione che può regalare la conquista del Donbas (sono a metà, hanno quasi tutto l’oblast di Luhansk ma nell’oblast di Donetsk la linea del fronte è quella del 2014) e ribaltare la percezione dei rapporti di forza sul campo. Ma è possibile solo a un costo molto alto in termini di distruzione.

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