danni d'immagine
Il default russo è più politico che tecnico. A chi si affiderà Mosca per affrontare la crisi
La Russia non paga gli interessi sui bond a causa delle sanzioni. "Un danno reputazionale per un tempo incalcolabile", dice Riccardo Trezzi (Università di Ginevra)
“In una fase in cui la Russia vede sempre più compromesse le sue relazioni con il mondo occidentale, sta andando incontro a un default anomalo del debito sovrano da cui riceverà un danno reputazionale per un tempo incalcolabile. Ma è come se in qualche modo sentisse di non avere più nulla da perdere, almeno su questo piano”. Riccardo Trezzi, economista dell’Università di Ginevra ed esperto di investimenti finanziari internazionali, con esperienze alla Fed e alla Bce, si è fatto un’idea del caso “caso russo” come di un paese che ha ormai messo in conto di essere tagliata fuori da un sistema di regole universalmente accettate, come quelle che regolano le emissioni e i rimborsi delle obbligazioni sui mercati finanziari internazionali, perché sotto sotto spera che questo possa accelerare la nascita di nuove alleanze e nuovi sistemi di pagamento.
La Russia è già pronta per buttarsi tra le braccia della Cina? “Può darsi, ma è presto per dirlo”, prosegue Trezzi. “Di sicuro, in futuro dovrà trovare soggetti diversi dagli investitori istituzionali occidentali disposti a sottoscrivere il suo debito estero perché il default segna una linea di demarcazione tra un prima e un dopo. Riconquistare la fiducia persa sui mercati è sempre molto difficile per un paese, anche se non impossibile, come insegna la storia in questi casi”. A marzo il default della Russia sembrava imminente, poi il rischio è scomparso dai radar per riaffacciarsi negli ultimi giorni con il mancato pagamento di due cedole e la scadenza del periodo di grazia l’altro ieri notte. Ma il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, nega che esistano le condizioni tecniche poiché il mancato pagamento è indotto dalle sanzioni economiche e non dall’insolvenza dell’emittente.
“Al di là dei dubbi che solo le agenzie di rating potranno sciogliere, anche se a mio parere le condizioni per il default ci sono tutte, l’impressione è che la Russia non stia facendo tutto ciò che necessario per evitare quest’evento, che, peraltro, dai mercati finanziari è stato già abbondantemente scontato”. Insomma, per Trezzi tutta la vicenda del fallimento dello stato russo (sarebbe il terzo dopo quelli del 1917 e del 1998) è poco rilevante dal punto di vista tecnico perché ha implicazioni limitate sul sistema finanziario globale, mentre ha una valenza sul piano politico.
“Tre mesi fa, poco dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina, quasi tutti i grandi investitori istituzionali internazionali hanno alleggerito l’esposizione nei confronti del paese assorbendo le relative perdite. Al loro posto sono subentrati soggetti abituati a correre rischi anche molto elevati. Tutto questo per dire che il problema non è quali conseguenze avrà il default, ma come la Russia pensa di gestire in futuro il suo debito pubblico estero”. Per la verità, a marzo era stata la stessa Amministrazione Biden a offrire alla Federazione di Putin una scappatoia dal default consentendole di accedere alla riserve in dollari congelate all’estero per pagare i bond in scadenza. Che cosa è successo poi? “In quel momento gli Stati Uniti non hanno voluto forzare la mano al default russo, un po’ per l’impatto che poteva avere su alcuni grandi investitori statunitensi, un po’ per riservarsi una carta da giocare nel caso di escalation della guerra in Ucraina. Ed è quello che è successo.
Oggi la Russia non può più accedere alle riserve in dollari e questo impedisce al paese di onorare i suoi debiti pur disponendo delle abbondanti risorse ricavate dalla vendita di petrolio e gas agli stessi paesi occidentali. E’ possibile che tutto ciò scateni una diatriba legale internazionale, ma di fatto mette la Russia con le spalle al muro”. Secondo un recente studio dell’Università di Cambridge il sistema dei Brics, di cui la Russia fa parte insieme con Cina, Brasile e India, sta cercando il modo per de-dollarizzare il sistema finanziario internazionale. E’ un rischio concreto, secondo lei? “Non è da escludere. La Russia sta andando incontro a una grave recessione che potrebbe durare fino a tutto il 2024. Come vi farà fronte, riscoprendo un’economia autarchica o cercando nuovi alleati disposti a sostenerla nella crescita e a finanziare il suo debito pubblico estero? Questo è il vero tema”.