oltre la crisi del grano

La ritirata russa dall'Isola dei serpenti non sblocca il Mar Nero, ma sa di profezia

Micol Flammini

Non è stata la “buona volontà” a determinare l'abbandono di Mosca di una posizione strategica. E’ stato l’arsenale degli ucraini

I russi si sono ritirati dall’Isola dei serpenti, nel Mar Nero, e per gli ucraini  questa vittoria conta molto. Non soltanto perché l’isola è stata un obiettivo di Mosca dall’inizio dell’invasione e da lì è nato uno dei primi motti di guerra: quando la nave ammiraglia Moskva arrivò vicino alle sue coste e chiese la resa ai pochi soldati sull’isola minacciando di bombardarli,  i soldati risposero: “Russkij voennyj karabl’, idi na khuj!”, nave da guerra russa vaffanculo. Non soltanto perché poi, settimane dopo, la Moskva, la nave da guerra russa in questione, fu affondata da un missile Neptune, per giunta di fabbricazione ucraina, e la scena divenne un francobollo da collezione con un soldato con il dito medio alzato, in memoria del motto, che guarda la nave affondare. Ma soprattutto perché l’Isola dei serpenti ha un grande valore strategico per il controllo del Mar Nero e per limitare gli attacchi contro Odessa. La Russia aveva riempito l’isola con nuovi sistemi antiaerei, missili e radar e gli ucraini cercavano di rispondere colpendo con jet da combattimento, droni Bayraktar e missili antinave. L’offensiva contro l’isola è cambiata il 20 giugno, quando gli ucraini hanno iniziato a utilizzare sistemi di artiglieria occidentale più avanzati e razzi a lungo raggio in grado di colpire l’isola dalla terraferma; con orgoglio, il comandante in capo Valeri Zaluzhny ha rivendicato che è stato utilizzato anche un obice a lungo raggio ucraino: il Bohdana. 

 

Secondo fonti vicine al fronte  meridionale ucraino sentite dal Foglio, in questi dieci giorni di combattimenti, i bombardamenti ucraini hanno inferto circa trecento perdite tra i soldati di Mosca. Quando è toccato alle forze russe confermare di aver abbandonato l’isola lo hanno fatto con un’operazione di propaganda molto rabberciata. Non hanno cercato di smentire, come era successo con l’affondamento della Moskva, ma hanno detto di aver lasciato l’isola come “gesto di buona volontà” per dimostrare che non è Mosca a ostacolare gli sforzi dell’Onu per l’apertura di un corridoio umanitario per il trasporto del grano. I cereali bloccati soprattutto nel porto di Odessa rischiano di creare una crisi alimentare globale, il presidente russo Vladimir Putin ha fatto già sfoggio di “buona volontà”  quando ha detto che per lui la questione è semplice: si può comprare il grano che parte dai porti di Berdyansk e di Mariupol (la frase va letta così: grano ucraino rubato dai russi  che parte dai porti ucraini occupati dai russi). La crisi si sta acuendo in queste settimane perché il grano  nei silos rischia di rovinarsi e di andare perduto, così come il nuovo raccolto, per questo alcuni paesi, anche europei, stanno prendendo in considerazione la proposta della Turchia di togliere le sanzioni ai mercantili russi. Una scelta che piacerebbe molto a Mosca, ma che non risolverebbe la situazione nel Mar Nero. 

 

Il recupero dell’Isola dei serpenti avrà un forte impatto sulla resistenza ucraina, la foto dell’isola abbandonata che esce dalla nebbia di salsedine e di bombardamenti è la testimonianza di una liberazione che gli ucraini non hanno fretta di riempire riportando i loro uomini sull’isola: sarebbero molto vulnerabili e soggetti ad attacchi dal mare e dal cielo. La ritirata russa dall’isola  non rompe il blocco del Mar Nero, ma segna un risultato importante. Lentamente, nonostante l’avanzata russa nel Donbas continui in modo inesorabile,  Kyiv si sta muovendo altrove, costringendo Mosca a cambiare strategia: si concentra a tenere il territorio che sa di poter controllare.  Questo è il momento in cui la Russia è di nuovo in crisi di rifornimenti e ha bisogno di mezzi e di uomini. Putin non ha abbandonato l’idea di impadronirsi dell’intera Ucraina, ma le sue forze sono  esauste per i combattimenti e potranno ottenere guadagni ancora per poco. Questo è invece il momento in cui agli ucraini stanno arrivando i rifornimenti occidentali, armi che la Russia non possiede: Kyiv sarà al massimo del suo arsenale per fine ottobre. 

 

Intanto l’Isola dei serpenti è di nuovo libera e ci riporta a quel motto di guerra diventato manifesto, slogan per magliette, francobollo, meme. E, infine, anche una profezia. 

 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)