Il personaggio

Le sette vite di Rinat Akhmetov, l'oligarca che ha denunciato la Russia

Andrea Braschayko

È l'uomo più ricco e potente d'Ucraina, propietario di Metinvest, multinazionale siderurgica che possiede le acciaierie Azovtsal e Illich. I suoi rapporti con Zelensky prima della guerra erano tesissimi, ma l'invasione di Mosca ha ribaltato lo scenario. Ora difende Kiyv e attacca Putin

Lo scorso 27 giugno l’oligarca ucraino Rinat Akhmetov ha intentato una causa contro la Russia alla Corte europea dei Diritti dell’uomo. Sul tavolo ci sono i danni (quantificati tra i 17 e i 20 miliardi di dollari) inferti dai combattimenti alle acciaierie Azovstal e Illich a Mariupol. Entrambe fanno parte di Metinvest, multinazionale siderurgica controllata dalla holding Scm, che raggruppa le ricchezze di Akhmetov: circa 7,1 miliardi, secondo i dati Forbes del 2022. 

  
Akhmetov è nato a Donetsk, nel Donbas, da una famiglia di origini tatare, di cui il padre era minatore. La traduzione di minatore è Shakhtar, la squadra di Donetsk che Akhmetov aveva reso la più forte dell’est Europa. Aveva costruito l’avveniristica Donbass Arena, invitando Beyoncé e Rihanna a esibirsi alle cerimonie della squadra. Da ormai otto anni lo stadio è circondato dai combattimenti.
  

Eppure le bombe negli stadi di Donetsk non sono state una novità nella vita dell’oligarca tataro. Nel 1995, circa 12 chilogrammi di tritolo piazzati al vecchio stadio comunale avevano ucciso l’allora presidente dello Shakhtar, Akhtat Bragin, anch’egli tataro. Conosciuto come Alik il Greco, era l’imprenditore e criminale più potente del Donbas post sovietico, di cui Akhmetov era stato prima assistente e poi socio d’affari. Il caso è rimasto  irrisolto, e Akhmetov negò  ogni coinvolgimento e dichiarò di essere mancato sul luogo dell’impatto per pochi minuti. Pochi mesi dopo, lo rimpiazzò come presidente dello Shakhtar e acquisì grossa parte dei beni di Bragin.
  

Il politologo specializzato in Ucraina Andrew Wilson ha definito l’Akhmetov dei primi anni ‘90 come il sicario del “clan tataro” di Bragin, responsabile dell’uso di minacce ed estorsioni durante la privatizzazione delle risorse industriali della regione. Akhmetov ha sempre negato le accuse, senza però mai entrare nei dettagli della sua ascesa imprenditoriale. Nel 2006 disse che “i primi anni Novanta erano segnati dall’economia informale. Compravamo e rivendevamo beni: è così che ho costruito il mio primo milione”. Tra il 2007 e il 2010 il Neue Zürcher Zeitung, il Kyiv Post, Obozrevatel e il Figaro hanno pubblicato  inchieste sull’accumulazione originaria di Akhmetov, sui legami con la criminalità del Donbass e di quest’ultimi con quella russa. Tutte le testate sono state poi costrette a cancellare i materiali e chiedere scusa all’oligarca  per aver diffuso “informazioni false o non verificate”.

  
La sua presenza è tentacolare, spesso sottotraccia, nella politica ucraina. Ha avuto rapporti favorevoli con tutti i presidenti ucraini, in particolare Leonid Kuchma e Viktor Yanukovich. Di quest’ultimo ha finanziato le elezioni nel 2004 ma lo ha abbandonato dopo le proteste di Euromaidan, dopo aver fatto anche parte del Partito delle regioni. Allo scoppio delle rivolte nel Donbas, molti combattenti separatisti – tra cui Igor Girkin – hanno dichiarato di essere sponsorizzati da Akhmetov. Nel 2015 il procuratore generale ucraino Vitaly Yarema lo convocò con l’accusa di finanziamento al terrorismo in Donbas. L’interrogatorio durò  sei ore, e ai giornalisti Akhmetov dichiarò di ritenere che “non ci saranno più altre domande”.
   

Negli ultimi anni Akhmetov si è concentrato sugli affari in rovina dopo la guerra in Donbas: dal 2013 al 2016 il suo patrimonio si era ridotto da 15 a 2,3 miliardi di dollari. Nonostante ciò, è accusato di finanziare il partito filorusso Piattaforma di opposizione, il cui leader Viktor Medvedchuk è stata arrestato il 12 aprile per tradimento di stato. 

  
I rapporti tra l’attuale presidente ucraino Volodymyr Zelensky e Akhmetov erano tesissimi prima della guerra. Nel novembre del 2021, il presidente lo accusò  di aver  pianificato  un colpo con l’aiuto della Russia. Il 23 febbraio, Zelensky convocò a Kyiv tutti gli oligarchi ucraini, e Akhmetov a poche ore dall’invasione disse che “è il momento di dimenticare i rancori personali”. Il giorno dopo definì il capo del Cremlino Vladimir Putin un criminale di guerra, e nei mesi successivi si è dichiarato  “fiero” che la sua Azovstal fosse  diventata il centro della resistenza di Mariupol. L’ennesimo capitolo delle sette vite di Akhmetov, l’oligarca più ricco (e intoccabile) d’Ucraina.

Di più su questi argomenti: