Dentro al buio
Il rapper smilzo che ha sparato alla parata del 4 luglio e le domande che l'America rifiuta
Il fatto che l’attentato sia avvenuto il giorno dell’Independence day ha fatto dire a molti: questi episodi stanno entrando nella tradizione americana, proprio come la parata, il barbecue e i fuochi d’artificio
Robert Crimo III ha 21 anni, il suo nome online è “Awake the Rapper”, pubblica video musicali su YouTube e delle canzoni su Spotify, ha un seguito medio, ha fatto qualche soldo, una volta li ha spesi per comprarsi una tuta da Gucci, ha raccontato un suo amico. Crimo, conosciuto come Bobby, lunedì è andato alla parata del 4 luglio sulla strada principale di Highland Park, cittadina a nord di Chicago di 30 mila abitanti piuttosto benestante, è salito su un tetto attraverso una scala e si è messo a sparare sulla gente sotto con un fucile automatico: raffiche velocissime, 70 colpi sei morti, 40 feriti. Era vestito da donna. Poi si è mischiato alla folla che aveva terrorizzato, è salito su una Honda Fit ed è stato preso qualche ora dopo dalla polizia, cui si è consegnato senza opporre resistenza.
La sua famiglia è di origine italiana, suo padre è proprietario di un deli conosciuto in città e si era candidato per diventare sindaco, ha il viso e il collo tatuato, ascolta musica heavy metal ad alto volume e ha una bici elettrica. Crimo non sembra avere inclinazioni politiche precise: ha partecipato a un comizio di Donald Trump, indossa spesso un cappellino dell’Fbi, mette like a messaggi del presidente Joe Biden. I suoi video musicali online invece sono molto meno anonimi, anzi: sono violenti. Armi, giubbotti antiproiettili, mimetiche, sparatorie, un cartone animato di un ragazzo ucciso dalla polizia, riferimenti a Lee Harvey Oswald, l’assassino di John Kennedy, il video di una decapitazione. Un abitante di quella che viene chiamata “fringe internet culture”.
L’instabilità del ventenne, la cultura della violenza e la sparatoria a Highland Park hanno riaperto il dibattito sulle armi che in realtà non è mai chiuso né mai risolto, ma il fatto che l’attentato sia avvenuto il 4 luglio, l’Independence day, ha fatto dire a molti: questi episodi stanno entrando nella tradizione americana, proprio come la parata del 4 luglio, il barbecue e i fuochi d’artificio. E’ una stagione, questa, in cui l’America si sta interrogando parecchio su sé stessa, sulle proprie vulnerabilità proprio mentre la guerra della Russia in Ucraina ha acceso anche i riflettori internazionali sullo stato e forse sulla natura della superpotenza dell’occidente. “Darkness” è un termine che ricorre molto nelle tante analisi: è buio in America. Così anche come il termine “denial”, rifiuto, negazione: l’America è incapace di riconoscersi.
E’ questa la parola che usa anche Mitt Romney, ex candidato alla presidenza per i repubblicani nel 2012, in un breve saggio pubblicato sull’Atlantic proprio il 4 luglio: siamo una nazione che nega la realtà, scrive Romney, che vive da molti anni nell’indulgenza verso sé stessa, e quando un intero popolo non affronta le proprie e le altrui debolezze, “non finisce bene”. La soluzione di Romney è dotarsi di leader capaci (Biden per lui è una brava persona, ma ci vuole altro per queste sfide così urgenti, ma non Trump, per carità) che non alzino il dito per vedere da che parte arriva il vento, ma che sappiano resistere a questo vento. E’ mesto, questo repubblicano moderato, e individua una delle fragilità più grandi delle nostre società democratiche che pure si ripetono che i diritti e la libertà non vanno dati per scontati mai. Troppo spesso l’America (ma non solo lei) è la dimostrazione vivente della massima: perché il male possa prosperare basta che gli uomini buoni non facciano nulla.
I conservatori inglesi