Due ministri di peso lasciano il governo. Ora BoJo rischia davvero
Il cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak e il ministro della Salute Saljid Javid con le loro dimissioni aprono formalmente il tanto atteso golpe a Johnson e anche la seconda fase della loro carriera, quella cui ambivano da tempo: la leadership del partito
Milano. Nel giro di pochi minuti s’è realizzato il primo colpo ben assestato del Partito conservatore britannico contro il proprio premier, Boris Johnson. Un colpo doppio, anzi, e coordinato: si sono dimessi il cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, e Sajid Javid, il ministro della Salute. Entrambi hanno dato la stessa motivazione: il governo del paese dovrebbe essere “appropriato, competente e serio”, ha scritto Sunak; il paese ha bisogno di un Partito conservatore “forte e dai forti princìpi”, ha scritto Javid. Quindi: Johnson e le sue bugie, la sua indulgenza verso comportamenti spregiudicati, la sua presunzione di essere sopra alla legge e sopra alle regole non sono adatti a guidare il Regno Unito, che ha bisogno di integrità e di standard morali solidi.
Sunak e Javid aprono così formalmente il tanto atteso – agognato, temuto – golpe a Johnson e naturalmente anche la seconda fase della loro carriera, quella cui ambivano da tempo (più Javid che Sunak): la leadership del partito. Ma prima bisogna tirare giù Johnson e se c’è una cosa che hanno capito i conservatori, anche i più velleitari, è che non è cosa facile né immediata, anche se le chat dei parlamentari ieri si sono riempite all’istante di: “BoJo è spacciato” e anche se tutti si aspettano che ci saranno altre dimissioni. Un deputato ribelle ha detto in forma anonima a Pippa Crerar, una delle giornaliste più informate della politica britannica: “Boris tratta il partito come tratta le donne. Non ci lascerà mai. Ma ci mentirà, ci tradirà fino a che dovremo cacciarlo via”.
Il premier, dal canto suo, aveva intuito che l’ultimo scandalo – forse il meno devastante per l’opinione pubblica, invece deleterio per il partito – era pericoloso e così si era scusato: lo scandalo in questione riguarda Chris Pincher, deputato con un ruolo importante nel gruppo parlamentare dei Tory, che era stato accusato di molestie ai danni di due ragazzi (poi si è scoperto che le molestie erano di più e reiterate). Tutti erano a conoscenza di questo suo comportamento, anche Johnson, ma questo non l’ha fermato dal dargli l’incarico. Ieri il premier si è scusato, non ha ammesso di sapere tutto e ha negato di aver mai fatto ironie, come si è detto, sul conto di Pincher sminuendo così la gravità dei suoi comportamenti: come già accaduto con il partygate, Johnson ha sempre l’aria di uno che si scusa ma che intanto dice: lo rifarei uguale.
Ma questo è così da parecchio tempo, quel che mancava era la volontà dei Tory di attaccarlo in modo deciso, cercando di rimuoverlo. Ieri pomeriggio questa volontà sembrava, per la prima volta da dicembre, quando lo scandalo del partygate è iniziato e poi ci sono state delle delusioni elettorali, essersi infine consolidata: i cronisti a Westminster hanno iniziato a dire che le loro fonti ripetevano “ne abbiamo abbastanza”, che “il partito ha svoltato” e altre dichiarazioni che lasciavano intendere che i Tory avessero deciso. Ma quegli stessi Tory, alla conta sulla sfiducia di qualche settimana fa, la spallata desiderata non erano riusciti a darla, e anzi si erano giocati la possibilità di chiedere un’altra sfiducia per i successivi dodici mesi. Ma le regole si possono cambiare e le dimissioni di due ministri tanto influenti trasformano del tutto la crisi.
Scopriremo com’è nata l’alleanza tra Sunak e Javid, se c’è lo zampino dell’ex megaconsigliere Dom Cummings, il vendicatore che aspetta Johnson lungo il fiume, quali e quanto solide sono queste correnti dentro ai Tory. Ma la loro fuoriuscita e l’insistenza sulla questione morale vanno al cuore della leadership del premier , del suo modo di governare e, quel che conta di più dentro ai Tory , della capacità di far vincere il partito senza frantumarne la credibilità. Finché erano i deputati a sbraitare, era facile, ora per Johnson non lo è più.