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La resistenza contro la guerra di Putin esiste e ha una nuova lingua

Valeria Cecilia

Numeri, rebus, scritte nascoste. I russi cercano i codici per contarsi e protestare. Parla l’antropologa Arkhipova

Dopo le repressioni e gli arresti la protesta del popolo russo contro l’aggressione all’Ucraina non si è fermata, ma ha intrapreso strade alternative, creative, a volte con messaggi al limite dell’assurdo. Da un lato sta riemergendo l’antica tradizione russa di parlare della propria storia e di fare resistenza politica attraverso il linguaggio figurato, “quello che nel secolo scorso, durante le fasi più repressive della Rivoluzione d’ottobre e del regime staliniano, aveva dato vita a una ricchissima produzione di fiabe, dai significati politici criptati”, ricorda al Foglio Marilena Rea, italianista e traduttrice di opere letterarie e poesie russe. Ma insieme sta nascendo  un alfabeto nuovissimo, codificato, che usa numeri, asterischi e punti, rebus e graffiti criptici. Poi ci sono le barzellette, dall’humor nero. Lo scopo è tenere alta l’attenzione, scuotere le coscienze e unire le voci di chi non la pensa come Vladimir Putin. Il punto, la sfida, è come fare a ingannare i censori.

Da quando è scoppiata la guerra, Aleksandra Arkhipova, antropologa russa, docente e ricercatrice presso l’Università statale di Mosca, che da anni studia i linguaggi e le forme di protesta in Russia e ora si trova a Parigi,  sta facendo un lavoro quotidiano di monitoraggio e analisi delle conversazioni relative all’invasione: “Sto studiando come le persone reagiscono alla guerra, come ne parlano o non ne parlano e come stanno cercando di sopravvivere e protestare”.  Il monitoraggio è fatto con gli strumenti professionali della cosiddetta media intelligence, attraverso la piattaforma Medialogia, che funziona in modo simile a quelle usate per rilevare il gradimento (detto sentiment) di un brand, di un prodotto, di un politico o altro. Ma oltre alle narrazioni sui social media, Arkhipova cerca di analizzare anche le conversazioni orali tra le persone.  Tra i molti risultati il più sorprendente per lei è l’insorgere del linguaggio in codice. Per la strada, sui muri si vedono scritte così: 8 asterischi  invece della scritta net vojne, no alla guerra, oppure 3* + 5* = ??? per dire net (no) + vojne (alla guerra) = arresto. E i russi non lo capiscono? “Sì, dice al Foglio Arkhipova, ma gli addetti che dovrebbero pulire i muri spesso non lo fanno, perché in realtà gli viene chiesto di cancellare solo le scritte che contengono la parola guerra”.  

Gli elementi narrativi criptici di questa battaglia di informazione contro la propaganda sono diversi. Un graffito che ritrae otto ballerine dritte sulle punte è un richiamo al balletto “Il lago dei cigni” musicato da Pëtr Cajkovskij, tradizionalmente trasmesso dalle televisioni russe nelle situazioni in cui c’è incertezza e si attende un cambiamento, come è accaduto nel ’91, durante il tentato colpo di stato che portò alla caduta dell’Unione sovietica. In quei giorni, quando nessuno sapeva cosa stesse succedendo, le emittenti  non trasmettevano altro che “Il lago dei cigni” per giorni. Quel graffito, oggi, è un messaggio politico:  vorrei che questa situazione finisse velocemente. Alcuni messaggi vengono veicolati anche attraverso volantini che riportano la foto di un cane con la scritta:  “Cane disperso! E’ scappato dopo l’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio. Si chiama Futuro. I vostri figli non avranno più Futuro se non combattete contro la guerra in questo preciso momento. Migliaia di bambini ucraini hanno già perso il loro Futuro. Chiedete il ritiro delle truppe dall’Ucraina e/o scendete in piazza a combattere per il vostro Futuro. 6 marzo ore 15.00. Prevista ricompensa”. 

 

Poi ci sono le parole che oramai sono un segnale nella storia e nella lingua russe. Per  esempio, un modo per protestare è inserire nei propri discorsi sempre: sciarpa e tabacchiera.  “Alludono all’attentato del 1801 allo zar Paolo I che morì  per mano anche di suo figlio,  il futuro zar Alessandro I, strangolato con la sua stessa sciarpa (ma la storia non ha mai fatto chiarezza) e poi colpito alla testa con una  tabacchiera. Quindi, questa menzione di sciarpa e tabacchiera insieme all’interno della stessa frase, significa: ‘voglio che questa situazione politica cambi radicalmente’”. spiega Marilena Rea. Anche la lingua della propaganda è cambiata e ha acquisito nuovi codici, riportando anche in vita  la tradizione della lingua delle favole o delle storie dell’orrore.  Aleksandra Arkhipova ha raccontato che queste storie dell’orrore vengono usate  per giustificare la guerra, “combattere richiede la disumanizzazione del nemico, dire che è talmente  terribile che la guerra diventa una necessità”.

Questo tipo di storie passa soprattutto per le chat di amici, di classe, di giardinaggio e sono un ritorno al passato: un tempo venivano modellate sugli americani o i nazisti, “ora si diffondono le storie dell’orrore con un altro nemico: il sabotatore ucraino che si avvicina alla cosa più preziosa, ai nostri figli. Questi racconti vengono usati per  avvertire i bambini di non mangiare prodotti ucraini.  L’elenco dei cibi da evitare è spesso allegato nella chat. Ci sono storie di sabotatori ucraini che infettano deliberatamente l’acqua nei bacini idrici con il colera, spargono per le strade esplosivi travestiti da iPhone, iPad e passaporti, di bambini ucraini che distribuiscono caramelle avvelenate ai bambini russi”. 

Su Telegram, il gruppo di Arkhipova ha più di 25 mila iscritti, che postano e commentano: qui ci si scambia informazioni su come aiutare i profughi, si decodificano messaggi, si condividono parole segrete e storie. Girano anche  scherzi e battute dal sapore amaro: “Le nuove tastiere russe non avranno più un tasto escape. Mentre la  lettera latina Z (segno osceno dell’invasione che non esiste nell’alfabeto cirillico) sarà su tutti i pulsanti”. 
Oltre alle barzellette, ai numeri e agli asterischi, qualcuno sta affinando anche l’arte dei rebus e  per scrivere la parola “dittatura” si disegnano una casa, una balena, una A, un pentolino fumante e la lettera K barrata.  
Se  i social stanno permettendo alla resistenza di mantenersi viva,  di  crescere, di unirsi, di cercarsi, questi canali stanno anche creando una nuova spaccatura tra le generazioni, a volte anche  dentro alle stesse famiglie. Da una parte i  giovani, dall’altra i più anziani che  guardano la tv e assorbono la propaganda, che comunque si sa muovere anche sui social.   

Sergei Guriev, professore di economia a Sciences Po,  ex capo economista della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e autore del libro  “Spin Dictators: The Changing Face of Tyranny in the 21st Century”,  ha scritto che la maggior parte delle non-democrazie odierne non si basa più soltanto sulla paura e sulla repressione di massa, “ manipolano le informazioni. Putin (…) ha investito molto nella guerra informativa basata su Internet negli ultimi 10 anni. Le fabbriche di troll, i canali anonimi su Telegram e le campagne pubblicitarie su Facebook hanno tutti svolto un ruolo chiave nella sua strategia politica in patria e all’estero”.  E l’occidente? Secondo Guriev “l’occidente dovrebbe impegnare più risorse nella battaglia dell’informazione. Fornendo fatti sulla guerra e verifica dei fatti della propaganda russa. Vincere la guerra dell’informazione in Russia aiuterà a vincerla su altri fronti e a prevenire future invasioni del regime di Putin”.
 
Tra i post più recenti degli utenti iscritti sul canale Telegram di Arkhipova viene pubblicata la foto di una strada con la scritta 35, che sta a significare,  in modo ancora più criptico, quelle due parole di 3 e 5 lettere: net vojne. Nel post viene indicato che la scritta è comparsa a Akademgorodok, cittadina russa sede di un’importante università statale, vicino a  Novosibirsk, capitale della omonima regione. Gli utenti già iniziano a dire, scherzando, che la censura cancellerà l’autobus numero 35. Sempre sul gruppo Telegram si scrive  che un altro modo di protestare che si sta diffondendo  è inserire messaggi contro la guerra in un testo ufficiale, e un utente del canale posta la foto di un muro, a Nizhny Novgorod, dove è scritto: “Pericolo di incendio, Non Fumare, Non fare fuochi” e, aggiunto a sinistra ( dove si vede una scritta disallineata e disposta su due righe verticali) “Non fare guerra”. Si legge nel post: “Il primo obiettivo è chiaro: nascondere il messaggio, prolungarne la vita. Il secondo obiettivo è meno evidente: si tratta di un tentativo di parlare in un linguaggio accettato, creando così una dissonanza cognitiva. Perché l’appello a fermare la guerra appare improvvisamente in un luogo simile? Per sconvolgere la consueta percezione del mondo”.

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