Il partito cannibale e la sua leadership
Chissà se Rishi Sunak è forte abbastanza da resistere alla vendetta di Boris Johnson
Quanto Dominic Cummings è rimasto oggi nelle ambizioni del cancelliere dello Scacchiere che si è ribellato al suo premier? I johnsoniani sospettano parecchio. L'ennesima lotta cannibale tra i conservatori
Rishi Sunak è l’uomo da battere, il cancelliere dello Scacchiere che si è ribellato al suo premier, una sfida che si è spesso ripetuta nella storia politica britannica, ancor più appassionante perché, in fondo, è una lite tra vicini di casa (il premier abita al 10 di Downing Street, il cancelliere all’11). Sunak è il favorito nella corsa per rimpiazzare Boris Johnson alla leadership del Partito conservatore e quindi poi come premier, o almeno così si dice in queste prime giornate di conte e posizionamenti – la corsa è affollata, per ora ci sono undici candidati, a dimostrazione di come questo partito cannibale si sia fatto a pezzi da solo, ma sarà rapida: entro il 21 luglio dovrebbero restare solo due contendenti scelti dai parlamentari conservatori, mentre il vincitore sarà designato a settembre dalla base del partito, meno di 200 mila persone che sceglieranno il premier di un paese con 67 milioni di abitanti.
Sunak è il favorito, non il favoritissimo – tra i pesi massimi c’è la ministra degli Esteri, Liz Truss, c’è l’attuale cancelliere dello Scacchiere Nadhim Zahawi, c’è forse anche la ministra dell’Interno, Priti Patel, e ci sono gli outsider, prima fra tutti Penny Mordaunt, anche lei ministro del governo Johnson – ma è il più detestato dal premier e dai suoi, per molte ragioni che sono sintetizzabili in una: ha tradito. Lui, proprio lui, emerso nel febbraio del 2020 come cancelliere dello Scacchiere dall’ennesima faida interna quando era solo un politico dalle belle speranze e l’ottima competenza, aveva già fatto preparare da tempo il video della sua candidatura, lo slogan che parla di fiducia da ricostruire, e naturalmente anche il momento per affondare il colpo: pare che Sunak abbia sentito che il ministro della Sanità, Sajid Javid, stava per dimettersi e si è organizzato per farlo in maniera contestuale e dare via così al ribaltamento di Johnson. L’unica cosa che non doveva accadere per Sunak era: dimettersi per niente, ritrovarsi a essere un fuoriuscito come tanti, quello sì che sarebbe stato per lui un disastro. Ma non è andata così e ora l’unica cosa che si chiede lui e si chiedono tutti gli altri è: avrà la forza di sostenere la vendetta di Johnson? Perché se non ce l’ha, allora un po’ si sarà davvero dimesso per niente.
Classe 1980, famiglia di origini indiane, buone scuole, ottimo matrimonio e ottima esperienza nella finanza, Sunak è il simbolo della trasformazione multietnica del Partito conservatore che oggi fa sfoggio di questa sua caratteristica rinfacciando alla sinistra la retorica inclusiva senza pratica inclusiva, ma difficilmente Sunak, che è milionario anche se sua moglie paga invero poche tasse nel Regno Unito, può incarnare il cosiddetto sogno britannico. In più è stato multato anche lui in seguito al partygate, il che significa che aveva partecipato alle feste organizzate a Downing Street durante il lockdown: l’unica differenza con Johnson è che non ha cambiato la propria versione molte volte e non ha mentito al riguardo molte volte. Per di più Sunak ha violato la promessa fatta all’inizio del mandato (era il febbraio del 2020, il coronavirus si stava insinuando in Europa) di non alzare le tasse, e ancora oggi rivendica questa sua scelta: nel video della candidatura mette in guardia contro “le favole” che molti raccontano sulla possibilità concreta di tagliare le tasse.
L’unica materia su cui Sunak non deve spiegare nulla è la Brexit: è sempre stato a favore e con tutta probabilità i Tory non gli vorranno chiedere conto del bilancio fallimentare del divorzio dall’Ue: non ne parlano e basta. Ma la fragilità più grande di Sunak è Dominic Cummings, l’ex consigliere di Johnson defenestrato alla fine del 2020 che promosse e forse impose lo stesso Sunak come cancelliere in uno dei suoi progetti di repulisti dei funzionari che lavoravano al Tesoro: Cummings voleva che tutti rispondessero, seppur indirettamente, al premier, voleva il controllo totale. Quanto Cummings è rimasto oggi nelle ambizioni di Sunak? I johnsoniani sospettano parecchio, il Daily Mail, che forse è l’ultimo giornale a essere rimasto fedele al premier, lo mette in prima pagina e spera così di consumare sulla pelle di Sunak l’ennesima lotta cannibale tra i conservatori, il rimasuglio di uno scontro che sembra non finire mai, e che avvelena, questo sì, una delle corse alla leadership più brutali di sempre.
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