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La guerra, la pace e troppa chiacchiera

Giuliano Ferrara

Le sanzioni alla Russia, le armi all’Ucraina, Svezia e Finlandia nella Nato:  l’occidente ha fatto più di quanto avremmo immaginato. Ma è risultato un obbligo a resistere, non una scelta

Le cose non si mettono bene, e addolora per gli ucraini che subiscono un massacro mentre lo riscattano con amore e furia cosacca. Ma se ti sottometti al bolso ricatto nucleare di un despota invasore; se ti fai chiudere il gas invece di chiudere il rubinetto dei soldi al tempo giusto; se ti becchi senza tenere conto del suo impatto una migrazione intraeuropea di milioni di profughi; se non consideri la crisi del grano un attentato alla sicurezza alimentare e sanitaria mondiale; se l’invio di armi alla resistenza avviene a rate, e passi il tempo a escludere un intervento massiccio e risolutivo della Nato; se lasci che ti esportino in casa un’inflazione da caro energia che non si vedeva da quarant’anni, mentre le banche russe ancora in fiorente attività incassano i dividendi della guerra; se il messaggio alle opinioni pubbliche è fondato non sulla mobilitazione contro lo stragismo di stato e la minaccia alle libertà civili ma sulla rassicurazione che alla fine ce la si può cavare con poco, al massimo un grado di rinuncia per condizionatori e termosifoni: bè, allora non ti devi lamentare per il gradimento minuscolo di Biden.

 

Non ti devi lamentare per la cacciata di Johnson a causa di una birretta e di un palpamento, per l’assedio a Draghi in una storia surreale di inceneritore a Roma, non puoi stupirti se il parlamento francese cade nelle mani di putinomani enragées, mentre perfino un Medvedev ti irride e si domanda burlesco chi sarà il prossimo a essere sacrificato dall’occidente sull’altare del neoimperialismo russo e della sua vasta rete di alleanze internazionali intoccata dalla tua reazione realista a una guerra iperrealista.

A forza di escludere il pensiero binario, la politica occidentale gender ha dimenticato la prima regola: una guerra è una guerra, o la fai o non la fai, oltre un certo limite non esistono mezze misure, la progressione non è un’escalation, devi decidere tu o i tempi di un negoziato che sa di compromesso (o di resa, c’è anche quella nel novero delle possibilità) o i tempi di una reazione che atterrisce il tuo nemico. Questione anche di manliness. Putin non spara testate nucleari, ma saggiamente dal suo punto di vista non esclude di farlo; la Nato non porta le truppe al fronte per respingere l’invasione di un paese amico e resistente, ma esclude tassativamente di poterlo e volerlo fare.

Qui sta il décalage. Putin incassa il dividendo del gas e poi trova il modo di impedire lo stoccaggio di quantità sufficienti per l’inverno dello scontento occidentale; noi paghiamo in rubli, se così disposto dall’invasore che ricatta, e poi ci teniamo i depositi mezzi vuoti quando lui decide che è il momento. Putin cincischia sul grano che marcisce, noi affidiamo la pratica all’Onu, quintessenza dell’impotenza, invece di mandare un paio di portaerei nel Mar Nero in nome della libertà di navigazione e di commercio, tradizionali argomenti di pace e guerra nel mondo di ieri al quale il putinismo ci ha ricondotti dai tempi della Cecenia, della Georgia, della Siria e della Crimea, senza che noi lo si voglia accettare. Se Truman si fosse comportato così in Corea, l’Eurasia sarebbe al comando delle operazioni da decenni. Se Kennedy avesse deciso che il blocco navale di Cuba era un rischio non percorribile, la guerra fredda con l’Unione Sovietica sarebbe ancora una realtà viva e vivace.

Al fondo di tutto c’è una questione di cultura politica. Uno fa la guerra e distrugge ogni anche formale residuo di opposizione civile in patria, nei modi disinvolti e crudeli che si sa, gli altri non hanno che una cultura della pace e della chiacchiera, discutono a lungo e cavillosamene della teoria morale della resa illustrata da esperti del mediacaos, e se non ci fosse stata la sorpresa di una Ucraina non proclive alla immediata sottomissione, e gelosa tutrice della sua indipendenza e libertà, la pratica sarebbe stata chiusa in quindici giorni. L’occidente ha fatto cose che forse non avremmo mai immaginato potesse fare, questo è vero; l’Europa mercantile si è dislocata per un certo periodo all’avanguardia della strategia delle sanzioni; senza le armi, senza la Svezia e la Finlandia nella Nato, saremmo con le pezze al culo, putinizzati e cinesi, ma il tutto che si è fatto, encomiabile, è risultato un obbligo a resistere, non una scelta, che è cosa diversa.  

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.