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specchio tedesco

Il compleanno della Bild. Dove i fatti si raccontano con le immagini

Flaminia Bussotti

I settant’anni del quotidiano di Axel Springer. Con il suo stile sopra le righe e un po' scorretto, ha influenzato la politica in Germania come nessun altro giornale e resta ancor oggi il più venduto nel paese

Odiata e disprezzata dagli intellettuali, inseguita e letta dalla gente comune come indispensabile vademecum di sport, cronaca e politica, la Bild Zeitung, comunemente detta Bild, è un fattore imprescindibile della politica tedesca. Lo è diventata nel corso degli anni conquistandosi uno spazio che all’inizio, negli anni 50, non esisteva e oggi, a 70 anni esatti dalla sua nascita, malgrado un calo di vendite rispetto ai suoi tempi aurei, è una forza che può determinare, e affondare, le fortune di qualsiasi politico. Nessun cancelliere, ministro o semplice deputato ha delle chance se la Bild gli si mette contro: una potenza di fuoco con un arsenale micidiale, la cui arma più potente consiste nello spremere qualsiasi storia o personaggio fino a tirar fuori quel quid – identificazione, condanna o compassione – che li fa toccare con mano e li avvicina all’uomo comune. A costo anche di killeraggio e di distruggere carriere o esistenze senza tanti scrupoli di etica o verità. Sui metodi della Bild si è detto e criticato molto: certo non usa il guanto di velluto e tutto sembra lecito, tanto che si è arrivato anche a ipotizzare casi di suicidi di persone messe alla gogna.

 

Quest’anno Bild festeggia i 70 anni, un compleanno che il paese non ha ignorato. La prima copia uscì il 24 giugno 1952, tre anni dopo la fondazione della Repubblica federale a ovest e della Repubblica democratica a est. La Germania federale, uscita devastata dalle macerie della Seconda guerra mondiale, era nata nel 1949. L’editore di Amburgo Axel Springer aveva avuto l’ok dagli alleati per fondare un giornale e il primo neonato fu l’Hamburger Abendblatt. Poi, quattro anni dopo, arrivò la Bild. L’ispirazione gli era venuta in un viaggio a Londra dai tabloid Daily Mirror e Daily Express. L’idea, come raccontò lui stesso, sembrò bislacca ai suoi dirigenti, convinti di un altro profilo del lettore medio tedesco. E infatti i primi mesi furono un flop. L’idea era di presentare meno testi e più foto, far parlare le immagini più che le parole. Da qui il titolo Bild, che vuol dire foto, immagine (o anche quadro).

 

La prima pagina del numero uno fu distribuita gratis in 455.000 copie ed era un collage di sole foto con brevi didascalie: Churchill, i ministri degli Esteri dei tre alleati occidentali (Unione sovietica esclusa) e il campione di pattinaggio sul ghiaccio Paul Falk con la moglie. Nei giorni seguenti il quotidiano costava 10 Pfennig (circa 100 lire) e per il basso prezzo fu ribattezzato Groschenblatt, giornale da quattro soldi. Nessuno, a parte il suo fondatore visionario, avrebbe potuto immaginare che nel giro di qualche anno la Bild sarebbe diventata una testata decisiva nel processo di opinion making di una nazione, il giornale più importante per la formazione dell’opinione pubblica in Germania. Già due anni dopo Bild aveva superato la tiratura dei tabloid inglesi. Nel 1956 arrivò a tre milioni di copie e divenne il quotidiano di maggiore successo in Europa.

 

La formula era un mix di foto e titoli urlati: gossip, sensazioni, politica spiegata in cifre e poche parole, molto colore, chiasso e, poi, anche sesso e donne in bikini, messe all’inizio in prima pagina e poi in terza (oggi non ci sono più ma il giornale trova sempre il modo di infilare qualche ninfa fra le pagine). L’apice del successo la Bild lo ha raggiunto nel 1983 con circa 5,5 milioni di copie vendute. Oggi la tiratura è scesa a sopra il milione (1,1) ma il trend in calo, con l’arrivo di internet e il digitale, riguarda tutta l’editoria, non solo tedesca, e comunque resta il quotidiano più venduto e letto in Germania. Il sito Bild.de è il primo fra i quotidiani online. In un mese l’edizione online raggiunge la metà della popolazione (di 82 milioni oggi). L’offerta della testata è arricchita con il pacchetto di news digitale Bild Plus e tv privata Bild Live.

 

Con l’ascesa di Bild, cominciarono i timori della concorrenza, e le critiche: il giornale “degli analfabeti che leggono, dei rozzi psichici, dei senza orientamento sociale e politico, senza interessi, patria e fortuna”, sentenziò nel 1957 il pubblicista Kurt Pritzkoleit. Ma Bild non è confinato alle classi basse, raggiunge tutti gli strati della società: “Tutti sanno – contrattaccò Springer – che questo giornale non è timido, è tenuto a formulare in modo secco e questo non sta bene a una minoranza di esteti, ma nell’insieme piace eccome”. Con il successo, crebbe anche l’ambizione politica del borghese conservatore Springer.

 

La sua bestia nera era la divisione della Germania e nel 1958 andò a Mosca per convincere il presidente Nikita Kruscev a “liberare” la Ddr. Dopo giorni di anticamera fu ricevuto, ma fallì nel proposito. Divenne un acceso anticomunista e l’unificazione tedesca finì in cima all’agenda politica di Bild. Simbolicamente il grattacielo dell’Axel Springer a Berlino fu fatto costruire a ridosso del Muro come sfida al regime Ddr e memento dell’unificazione. Nello statuto della Springer ci si riconosceva nei principi fondamentali di libertà e democrazia e in particolare la fedeltà all’Europa, l’unificazione tedesca, il sostegno a Israele. Col tempo l’articolo sull’unificazione venne superato, mentre dopo l’attentato alle Torri Gemelle nel 2001 a New York (Springer era morto da tempo) ne fu aggiunto uno sul legame con gli Stati Uniti.

 

Se si chiede la ragione del successo della Bild a Giuseppe Vita, l’italiano berlinese che dal 2002 al 2018 è stato presidente del consiglio di sorveglianza dell’Editrice Axel Springer, e poi anche presidente di Unicredit Italia, la sua risposta è semplice: “Il successo sta nel titolo: figure, immagini più che parole, e questo in anni in cui cominciava la concorrenza della tv”. Felice anche l’idea della “politica interna in seconda pagina, che era poi quella che i politici si guardavano attentamente”. Poi la differenziazione regionale: “la prima pagina cambia a seconda del Land, la seconda è la stessa, e il resto è su misura dei lettori: Amburgo, Monaco, Francoforte, Düsseldorf; anche la lingua cambia a seconda delle differenze locali (sabato ad esempio si dice Sonnabend a Berlino e Samstag a Monaco). Si può dire quindi che la Bild è un giornale nazionale ma anche regionale”.

 

E poi le famose bellezze… “Sì certo, le ragazze ‘Oben-ohne’, col seno scoperto, piazzate all’inizio in prima pagina, poi trasferite in terza e oggi del tutto saltate perché i tempi non lo permettono più”. Come mai, nonostante il calo di vendite, è sempre così forte? “Quando sono arrivato già si registrava un calo delle copie, si affacciava l’orizzonte digitale, internet. Assieme a Matthias (Döpfner, il ceo, ndr) abbiamo cominciato a compensare, per Bild ma anche tutte le altre testate Springer, guadagnando con offerta internet quel che si perdeva con la carta. Poi, espansione dell’offerta di Bild anche con un proprio canale tv. La Axel Springer è riuscita a trasferire in società ad hoc tutte le quote possedute dal mercato pubblicitario. Ad esempio con portali specializzati come quello per la ricerca di personale Stepstone. O con la creazione di segmenti specifici per utenti particolari come Auto Bild e Computer Bild. Il numero di abbonati digitali è molto alto e comunque il bilancio di Bild è in attivo”. 

 

Con il ’68, il movimento della generazione dei figli che si rivoltavano contro i padri, quei padri che avevano combattuto nella Wehrmacht e sostenuto in gran parte il nazismo, Bild divenne un bersaglio degli studenti: molti gli attentati alle redazioni del gruppo. Il giornale reagì alludendo a collusioni con il terrorismo, che con la Raf cominciava a insanguinare la Germania, o movimenti neonazisti: “Gli studenti minacciano, noi spariamo contro”, annunciava (il verbo schiessen ha anche una valenza metaforica). Il 2 giugno 1967 lo studente Benno Ohnesorg fu ucciso da un poliziotto a una manifestazione a Berlino contro la visita dello scià di Persia e l’11 aprile 1968 ci fu l’attentato a Berlino al leader Rudi Dutschke. Bild si era schierata contro le proteste e gli studenti la accusarono di corresponsabilità dell’attentato: “Bild schoss mit”, anche Bild ha sparato. La nemesi storica ha voluto che dopo l’unificazione Springer e Berlino si accordassero sul nuovo indirizzo del grattacielo del gruppo a Kreuzberg: Axel-Springer-Strasse 65, all’angolo, però, con la Rudi-Dutschke-Strasse.

 

Le critiche al posizionamento politico e al linguaggio tagliente del giornale in quegli anni provocarono un calo di un milione di copie. Con una nuova direzione nel 1971 e una nuova linea editoriale – una miscela di sesso, fatti e fiction di politica, crimine e consigli ai consumatori – la Bild ce la fece a risalire fino a quattro milioni di copie. Il 1972 Ulrike Meinhof e altri terroristi della Raf fecero un attentato alla Axel Springer AG ad Amburgo con 38 feriti. Altri attentati seguirono lo stesso anno in due abitazioni di Springer e di conseguenza furono aumentate le misure di sicurezza in tutte le redazioni di Bild. Nel 1977 un terremoto investì il giornale: il giornalista investigativo Günter Wallraff si infilò come undercover per tre mesi col nome di Hans Esser nella redazione come reporter locale e pubblicò poi un libro di rivelazioni che segnò uno dei maggiori scandali giornalistici della Bundesrepublik. Denunciava metodi “mafiosi”: quel che succede là dentro non ha nulla a che fare col giornalismo, è “criminale”, diceva.

 

Tutto lecito, fake news, pressioni per travolgere le persone e impallinarle, e per dimostrare il proprio potere. Prima ancora dell’uscita del libro, Bild passava al contrattacco con la serie “Wallraff ha mentito…” in cui si rivelava la sua attività in redazione affermando che a seguito di un suo servizio a una madre furono portati via i figli, e che era un ubriacone che ingurgitava un bicchiere dopo l’altro di whisky già dal mattino.
Che alla Bild non si vada tanto per il sottile è risaputo, e lo stesso potentissimo numero uno di Springer, Matthias Döpfner, lo ha ammesso: “Chi con la Bild sale in alto con l’ascensore – disse riferendosi al caso dello sfortunato presidente Christian Wulff – scende con l’ascensore anche in basso”. Bild si era profusa in sviolinate per l’ex politico Cdu, temuto concorrente di Angela Merkel che se lo tolse di mezzo spedendolo alla presidenza. Ma nel 2012 si accanì, seguita da tutti i media, contro Wulff per un presunto caso di corruzione costringendolo a dimettersi (fu poi pienamente scagionato due anni dopo in tribunale ma sulla sua carriera calò una pietra tombale).

 

Del resto è proprio la sua spregiudicatezza, spesso riassunta in titoli fulminanti, che ne ha determinato il successo: “Wir sind Papst” (noi siamo Papa), forse il titolone più felice in prima quando fu eletto Ratzinger, il primo pontefice tedesco, o quello dell’atterraggio sulla luna: “Der Mond ist jetzt ein Ami” (la luna è adesso un americano). Con l’Italia si sono sprecati gli stereotipi: quando Draghi andò alla Bce, Bild gli regalò un elmetto prussiano chiodato in auspicio di una politica di rigore, e quando cominciò con la politica degli acquisti dei titoli di stato con zero interessi per i risparmiatori tedeschi, il banchiere italiano alla testa della Bce divenne per Bild “Il Conte Draghila”.

 

Negli anni il tabloid ha lanciato e affossato molti politici. La Merkel andava bene fino al 2015 quando aprì i confini ai profughi, e Bild l’attaccò. Gerhard Schröder strinse subito un patto, prendendosi un portavoce che veniva dalle sue file, e annunciando di governare con la “Bild, BamS und Glotze” (Bild, Bild domenicale e tv). Gli scandali, non solo quelli scoperti, ma anche quelli interni, hanno sempre accompagnato la Bild. L’ultimo ha riguardato il penultimo direttore Julian Reichelt, messo alla porta dalla Axel Springer SE a ottobre 2021 a seguito di varie denunce della serie #metoo, di sesso e abuso di potere con giovani redattrici. Al suo posto c’è ora Johannes Boie, ex direttore di Welt am Sonntag, installatosi a soli 38 anni nel mitico 16/o piano del grattacielo Springer nella stanza del direttore del più importante quotidiano tedesco.  

 

Oggi la Axel Springer SE con sede a Berlino è un gruppo editoriale con diverse testate (Bild, Die Welt, Welt am Sonntag, Business Insider, Politico, Fakt e il network Welt) e filiali, joint venture e licenze in oltre 40 paesi. Nel 2019 il fondo americano di private equity KKR è diventato il maggiore azionista con il 43,54 per cento del capitale pagando 3,2 miliardi di dollari. La vedova Friede Springer, ultima moglie, di cinque, di Axel ed erede principale, rimaneva con il 43,54 per cento e il Ceo Matthias Döpfner con il 2,8. Nel 2020 Friede Springer ha trasferito 1,5 miliardi di dollari di azioni a Döpfner che di fatto è ora l’erede del gruppo editoriale con una maggioranza del 44 per cento. A fine 2021 Döpfner ha annunciato l’acquisto di Politico per oltre un miliardo di dollari (dopo che era fallito nel tentativo di comprare il Financial Times, acquistato dal gruppo giapponese Nikkei). La redazione è fatta di top professionisti, molti giovani, motivatissimi, e per chi vi ha assistito, le riunioni di redazione nella grande newsroom sono affollate, aperte a ospiti esterni, e a tutti i responsabili (redattori capi, centrali, capiservizio, print, online, fotografico), una grande fucina dell’informazione e una potente macchina da guerra.

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