Il premier israeliano Yair Lapid (foto Ansa) 

Il legame Russia-Israele si sta incrinando. C'entra la guerra di Putin

Federico Bosco

L’invasione russa dell’Ucraina sta portando alla peggiore spaccatura tra i due paesi dai tempi dell’Unione sovietica. E ora Mosca minaccia anche di chiudere l’Agenzia ebraica, un’organizzazione affiliata al governo israeliano che aiuta gli ebrei a emigrare in Israele

L’invasione russa dell’Ucraina sta portando alla peggiore spaccatura tra Russia e Israele dai tempi dell’Unione sovietica, mettendo in discussione trent’anni di relazioni  proficue per entrambi. I rapporti tra Mosca e Gerusalemme iniziarono a migliorare in maniera esponenziale dal 2000 in poi con l’ascesa al potere del leader russo più filoisraeliano di sempre, Vladimir Putin, e con l’elezione nel 2001 del leader israeliano più filorusso di sempre, Ariel Sharon. Da quel periodo in poi, nonostante i nemici di Israele usassero armi russe e in molti casi avessero rapporti stretti con il Cremlino, le relazioni politiche, economiche e culturali, diventarono sempre più strette; anche a dispetto delle ancora più strette relazioni tra Israele e Stati Uniti. 

Ciò è possibile grazie a un vero legame di sangue che unisce una parte delle due popolazioni. Dopo l’implosione del blocco sovietico infatti iniziò una serie di ondate migratorie che portarono nello stato ebraico oltre un milione di nuovi cittadini, facendo di Israele il terzo paese russofono al mondo, dove il russo è parlato dal 13 per cento della popolazione diventando la lingua più usata dopo l’ebraico e l’arabo. Molti israeliani hanno parenti in Russia, molti russi (anche tra i vertici del potere) hanno radici in Israele. 

Durante i suoi governi l’ex premier Benjamin Netanyahu è stato estremamente abile nello sfruttare questi legami a vantaggio di Israele, regalando molte soddisfazioni anche a Mosca. Nel 2014 Gerusalemme ha assunto una posizione neutrale sull’annessione della Crimea, facendo infuriare Washington. Le relazioni  diventeranno più strette nel 2015 con l’intervento militare russo in Siria, che portò a un patto di coordinamento per evitare che russi e israeliani si scontrassero accidentalmente in un conflitto in cui erano schierati su fronti opposti, con la Russia che sosteneva le stesse milizie iraniane, siriane e libanesi che Israele si riservava il diritto di colpire ogni volta che riteneva rappresentassero una minaccia. Negli anni successivi ci sono stati diversi alti e bassi, ma senza mai arrivare a strappi o rotture.

Tutto questo però sta finendo con il persistere della guerra in Ucraina, con Israele che, dopo aver fallito nel tentativo di affermarsi come paese terzo e mediatore assieme alla Turchia, vede minacciata la serenità della comunità ebraica in Russia e la sua sicurezza in medio oriente. Un primo segnale era arrivato a giugno, quando il rabbino capo di Mosca Pinchas Goldschmidt lasciò il paese dopo aver respinto le pressioni a sostenere “l’operazione militare speciale”, a differenza della potente Chiesa ortodossa russa.

Molti ebrei russi sono preoccupati per la deriva sempre più autoritaria del regime di Putin, consapevoli che (come la storia insegna) quando le cose vanno male gli ebrei diventano un comodo capro espiatorio per i regimi in difficoltà. Dall’inizio della guerra l’Agenzia ebraica, un’organizzazione affiliata al governo israeliano che aiuta gli ebrei a emigrare in Israele, ha registrato un aumento delle richieste di immigrazione dalla Russia. Finora sono partite circa 17.000 persone, e diverse migliaia sono in attesa.

Ed è proprio sulla libertà di “tornare” in Israele e fare aliyah che le relazioni stanno arrivando a un punto di non ritorno. In queste settimane Mosca sta cercando di chiudere gli uffici dell’Agenzia ebraica in Russia, dando inizio a un iter legislativo che potrebbe riportare gli ebrei russi ai tempi dell’Unione sovietica, quando l’emigrazione veniva organizzata clandestinamente. Il premier israeliano Yair Lapid ha detto che la chiusura dell’agenzia sarebbe un “evento grave” che danneggerebbe le relazioni diplomatiche, ma finora non ci sono stati progressi positivi.

Secondo fonti russe ascoltate da Bloomberg la minaccia di chiudere l’Agenzia ebraica è un avvertimento a Israele di non allinearsi con gli Stati Uniti e rispondere positivamente alle richieste di fornire assistenza militare all’Ucraina. Intanto, la Russia si è detta scontenta degli attacchi israeliani in Siria contro le forniture di armi iraniane dirette a  Hezbollah in Libano, mentre Israele ha confermato un rapporto di due mesi fa secondo cui le batterie antiaeree russe in Siria hanno sparato contro i caccia israeliani. Anche in medio oriente, gli equilibri e i postulati di un tempo stanno cadendo a causa della mire della Russia sull’Ucraina.
 

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