le rivelazioni della casa bianca
L'"asse della resistenza" di Iran e Russia punta l'Ucraina e Israele
Un’ipotesi. I russi si addestrano per usare i droni venduti da Teheran. Cosa darà Mosca in cambio?
Presto la Russia potrebbe impiegare nel Donbas i droni che ha acquistato dagli iraniani, cercando di cambiare le sorti della guerra aerea che finora ha visto in vantaggio gli ucraini. Ieri la Casa Bianca ha detto che i primi piloti russi sono arrivati in Iran e hanno iniziato l’addestramento sugli Uav che Teheran è pronta a vendere a Mosca. Il mese scorso, il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, aveva reso pubbliche fonti di intelligence che riferivano dell’accordo raggiunto fra russi e iraniani. Sempre a luglio, alcune immagini satellitari declassificate dagli Stati Uniti mostravano dei funzionari russi in visita a una base di droni in Iran. Washington sospetta che i russi siano interessati soprattutto agli Shahed 129 e agli Shahed 191. Si tratta di Uav con un’autonomia rispettivamente di 1.600 e 500 chilometri, abbastanza per volare dalla Russia all’Ucraina in missioni lunghe anche 24 ore. Se l’addestramento è appena iniziato, come dicono gli americani, significa che bisognerà aspettare comunque alcune settimane prima che i primi droni iraniani raggiungano il fronte ucraino.
Secondo un report del Washington Institute, ai piloti russi serviranno almeno due settimane per imparare a guidare i droni di Teheran. Il passo successivo sarà quello di inviarli in Russia o nei territori ucraini già conquistati e da lì renderli operativi. Lo sforzo richiesto è notevole perché per fare funzionare una flotta di 100 droni servono 200 addetti fra piloti e tecnici. Nello scenario più spregiudicato, si valuta l’ipotesi che gli iraniani si incarichino di seguire di persona e in gran segreto la spedizione di droni direttamente al fronte. Una partecipazione degli iraniani al conflitto è tutta da dimostrare, ma è vero che finora Teheran non ha mancato di esprimere pubblicamente sostengo alla guerra russa in Ucraina, che considera una continuazione di quella “di resistenza” che l’Iran combatte in Siria e in Iraq contro le forze filo occidentali.
I termini dell’accordo non sono noti, quindi non si sa quanti velivoli saranno messi a disposizione di Mosca. Da qualche settimana circola una notizia non confermata di un ipotetico scambio: droni iraniani per i russi in cambio di caccia russi Su-35 per gli iraniani. Si tratterebbe di un buon affare per entrambi. Mosca è in difficoltà a causa delle sanzioni che rendono difficile reperire i pezzi di ricambio e il materiale necessario a costruire altri droni Orlan-10 e Orion, molti dei quali distrutti dagli ucraini. In generale, l’intero programma russo di sviluppo degli Uav è datato. Gli iraniani potrebbero risolvere il problema, perché vantano una flotta nutrita e già rodata in diversi scenari – Siria, Yemen, Arabia Saudita. D’altra parte, gli iraniani hanno bisogno di rinnovare i propri caccia. Quelli in dotazione sono vecchi, si rompono spesso e mancano i pezzi di ricambio. Il risultato è che gli incidenti sono molti, l’ultimo risale allo scorso giugno, quando è precipitato un F-14 Tomcat di fabbricazione americana e risalente a prima della rivoluzione di Khomeini.
Un altro fronte della cooperazione fra Teheran e Mosca è quello dello Spazio. Martedì, l’Agenzia spaziale russa ha lanciato dal Kazakistan il satellite iraniano Khayyam (dal nome di un filosofo iraniano dell’XI secolo). Secondo il Washington Post, gli Stati Uniti sospettano che i russi possano usare il satellite iraniano per monitorare gli obiettivi a terra nella guerra in Ucraina. L’Iran ha smentito ma fidarsi è impossibile.
L’allargamento alla Russia dell’“asse della resistenza” antioccidentale e a guida iraniana preoccupa l’America – ieri un iraniano è stato accusato di aver complottato per uccidere l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, come ritorsione per l’uccisione dell’allora comandante delle forze speciali al Quds – anche anche Israele. Le sue relazioni con Mosca ultimamente sono peggiorate. Lo scorso maggio i russi hanno sparato missili contro un caccia israeliano in Siria, dove di solito vige un coordinamento per evitare incidenti come questo. Come risposta ai tentativi del Cremlino di chiudere l’Agenzia ebraica in Russia, Israele ha abbandonato la sua neutralità sul conflitto ucraino e ha inviato a Kyiv equipaggiamento difensivo. Infine, martedì scorso, l’ambasciata russa in Egitto ha scritto un post su Twitter in cui accusa il premier israeliano Yair Lapid di usare “un doppio standard”: da una parte, Lapid aveva definito quello di Bucha, in Ucraina, un “crimine di guerra” commesso dai russi, ma dall’altra – continuava il post dell’ambasciata – lo stesso premier israeliano ha ordinato venerdì scorso raid aerei contro i palestinesi a Gaza. Lapid non ha risposto alla provocazione, per evitare un’escalation ulteriore.