(foto EPA)

Chi ispira il piano di Liz Truss che promette agli inglesi: taglio le tasse e tengo buona l'inflazione

Gregorio Sorgi

La candidata alle primarie dei conservatori britannici vuole un taglio netto delle imposte, sul modello Thatcher. E l'aumento dei prezzi non sembra spaventare né lei né i suoi economisti di riferimento (gli stessi della Lady di ferro)

Londra. Quando Liz Truss ha evocato il nome dell’economista Patrick Minford in diretta radio, gli osservatori politici più anziani hanno avuto un déjà vu. Siamo nel 1981, Margaret Thatcher non è ancora la Lady di ferro ma una premier neofita alle prese con una manovra impopolare criticata pubblicamente da 364 economisti. Quando le viene chiesto di elencare gli esperti che sostengono la sua linea, la Thatcher fa il nome di Minford, che sarebbe diventato un suo stretto collaboratore e ideologo. Negli anni Minford si è affermato come uno degli alfieri della scuola delle aspettative razionali, un liberista sfrenato, seguace di Milton Friedman e tra i pochi economisti a sostenere la Brexit a spada tratta

Poche settimane fa si è ripetuto lo stesso siparietto: il giornalista della Bbc Nick Robinson chiede a Truss di nominare un economista disposto ad ammettere che il taglio delle tasse da lei promesso non farà aumentare l’inflazione, come dicono in molti. A quel punto, Patrick Minford fa il suo ingresso nelle primarie dei conservatori e molti sostengono che qualora Truss diventasse primo ministro, come pare inevitabile, l’economista 78enne sarà tra i suoi più stretti consiglieri. 

 

Il programma economico di Liz Truss si basa sul netto rifiuto della gestione economica dell’ex cancelliere dello Scacchiere e rivale alle primarie Rishi Sunak, che ha aumentato le tasse ai livelli più alti degli ultimi settant’anni in parte per finanziare la spesa sociale ai tempi del Covid. Truss ha intercettato lo spirito del conservatore medio che si sente tradito dal modello Sunak, considerandolo una riedizione delle politiche tassa-e-spendi del Labour. Ponendosi come la vera erede della Thatcher, la ministra degli Esteri ha basato il suo programma su un massiccio taglio delle tasse da trenta miliardi che a suo dire rilancerà la crescita. A giudicare dall’indice di gradimento dei membri Tory che eleggeranno il nuovo leader – YouGov attribuisce a Truss il 60 per cento, oltre trenta punti di vantaggio su Sunak al 26 – la strategia sta funzionando. 

L’aspirante premier ha promesso di abolire l’aumento dell’uno per cento di un’imposta su tutti i redditi, di riportare l’aliquota sui profitti delle grandi aziende al 19 per cento (Sunak l’aveva aumentata al 25 in tempi di pandemia) e di discutere il taglio della tassa di successione. Per alleviare il caro vita la Trussonomics, così viene chiamata quest’agenda economica, prevede la riduzione delle imposte piuttosto che i sussidi alle famiglie a basso reddito, gravate dall’inflazione e dall’aumento dei prezzi delle bollette. L’altro ieri Truss ha indicato per la prima volta che “farà di tutto per aiutare le famiglie in difficoltà”, una precisazione che a molti è sembrata una marcia indietro sul tema dei sussidi. Tanti economisti sostengono che le proposte della candidata aumenteranno la domanda interna, facendo crescere ulteriormente l’inflazione già al 13 per cento. Sunak, che ha puntato tutta la sua campagna sulla responsabilità economica e il realismo, ha etichettato il programma della Truss come “una favola”.

Anche il direttore dell’Institute for Fiscal Studies, Paul Johnson, ha detto che “è piuttosto sorprendente che Truss finora non ha quasi mai parlato dell’inflazione”. Perfino Minford ha ammesso che il taglio delle imposte farà crescere i tassi d’interesse al sette per cento aumentando il costo dei mutui, che per l’economista è un effetto collaterale tutto sommato accettabile. I grandi elettori Tory – che tendono a essere più anziani e più ricchi del britannico medio – sono d’accordo con lui. 

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