argomentazioni
L'American dream finisce non appena si mette il naso fuori dagli Stati Uniti
Il declino della favola degli Stati Uniti d'America esiste ed è percepibile più dall'estero che da dentro. Essere cittadino americano però significa vivere glorie e rovine del proprio paese in tutte le sue contraddizioni
L’articolo di Alfonso Berardinelli su questo giornale sul declino del mito americano terminava con la frase: “Provate a dire che non è vero”. Mi farebbe piacere provare a contraddire Berardinelli, ma ho paura che non ce la farò. Dal 1985 ho fatto dell’America la mia residenza e dal 2001, pochi mesi prima dell’11 settembre, sono diventato cittadino americano. Diventare cittadini americani non significa, come succede in altri paesi, prendere semplicemente il passaporto, significa proprio diventare americani. Una volta fatto il giuramento di fedeltà alla bandiera a stelle e strisce, tutto quello che eri prima diventa semplicemente folclore. Per gli americani il sottoscritto non è dal 2001 un italiano con anche il passaporto degli Stati Uniti ma solo e soltanto un cittadino americano a cui solo per caso è capitato di nascere in Italia.
La forza della società americana è questa: siete tutti uguali nel bene e nel male. Ti metto in galera se non paghi le tasse ma provo a venirti a riprendere se per caso ti prendono come ostaggio quando eri in vacanza in Mali o, per evitare problemi di scorrettezza, anche quando ti prendono come ostaggio in Veneto. L’unicità e la potenza dell’America è che tartassa e difende i propri cittadini in ugual modo. Li rispetta e li punisce a prescindere dall’anagrafe o da come abbiano fatto i soldi.
Quando diventi un “americano” diventi parte di un concetto di libertà astratta dentro al quale una cosa come il razzismo è al tempo stesso crimine e libertà di espressione. La libertà americana è sia eccezionale sia sciatta. Nella fila per i controlli di sicurezza negli aeroporti ci sono due corridoi. Uno per quelli che viaggiano in business o first class e uno per quelli che viaggiano in economy. Entrambi si ricongiungono nello stesso punto come a ricordare che la legge è uguale per tutti, puoi illuderti di evitare la fila con i “loser” se sei un “winner” ma alla fine sarai ugualmente bistrattato dal poliziotto o dalla poliziotta che ti controlla il passaporto e che ti urla “move!” invece che augurarti buon viaggio.
Il declino americano è davanti agli occhi di tutti. Il motivo, oltre agli eccessi forse eccessivi di cui parla l’amica di Berardinelli, è però dovuto a qualcosa di meno evidente ma forse più devastante per una società e una cultura. Il declino dipende dalla sciatteria della libertà che sta sempre di più prendendo il sopravvento sull’aspetto fantastico della libertà stessa. “The American cialtronaggine” ha indebolito sempre di più “The American dream”. Un sogno che funziona solo se si continua a dormire. Ovvero se si decide di non mettere mai fuori il naso dall’America per dare un’occhiata al resto del mondo.
Il miglior esempio dell’illusione, in inglese chiamata guarda caso “delusion”, del sogno americano è racchiuso nelle “World Series” di baseball dove il mondo consiste in sei squadre della National League e in sei squadre dell’ American League, tutte americane. Come se la Coppa del mondo di calcio se la contendessero sei squadre del nord Italia e sei squadre del sud Italia. Per questo forse un gran numero di americani non ha il passaporto. Il tuo mondo può anche essere semplicemente lo stato dell’Indiana. Il film di Wim Wenders “Paris, Texas” racconta questo. Il problema e il declino sono cominciati quando nelle casette di Parigi in Texas sono iniziate a entrare le immagini sempre più frequenti delle case di Parigi, in Francia.
Il sogno è diventato più disturbato fino a essere sostituito da incubi dove libertà e giustizia ideali sono state messe in crisi da ingiustizia e limiti reali, concreti e violentemente sciatti. Essere americani significa accettare o addirittura giurare fedeltà a tutte queste contraddizioni. Essere americano significa avere il diritto ma anche l’obbligo di vivere in un’idea condannata eternamente al presente. Le cose in America diventano vecchie e mai antiche. È la polvere che si accumula sulla storia americana, non la patina del tempo. Il declino è non essere capaci di uscire dall’oggi, proiettati in un domani non del tutto chiaro.
Giurare fedeltà alla bandiera significa assumersi meriti e colpe di quella bandiera. Per questo, quando nel 2007 Robert Storr affermò di essere il primo americano a essere stato nominato curatore della Biennale di Venezia il sottoscritto fece presente che non era vero, il primo americano ero stato io nel 2003. Ho giurato fedeltà a tutto, la polvere del declino ma anche, sorry, le nuvole della gloria. Essere americani non è solo una questione fiscale.