tra virgolette
Contro la viltà e il paternalismo degli intellettuali su Rushdie
Roghi di libri e violenze sugli intellettuali. Sul Figaro il saggista Pascal Bruckner parla di rinascita del nazismo in relazione al terrorismo islamista
Il saggista Pascal Bruckner ha scritto questo articolo apparso sul Figaro il 13 agosto, dopo l’attentato a Salman Rushdie. Ne traduciamo alcuni brani.
“Il ventre da dove è uscita la bestia immonda è ancora fertile”. Mai la sentenza di Brecht, rimaneggiata fino alla nausea, su una possibile rinascita del nazismo dopo la Seconda guerra mondiale, è stata più attuale che in relazione al terrorismo islamista, sciita o sunnita. (…) I musulmani britannici organizzarono roghi giganteschi del libro di Salman Rushdie a Bolton e a Bradford (Yorkshire) nel gennaio 1989, degni di quello di Norimberga nel 1933. Contemporaneamente, a Parigi, mille manifestanti fondamentalisti chiesero la testa dell’autore. Il suo traduttore giapponese veniva ucciso, il suo traduttore italiano e il suo editore norvegese feriti gravemente. Un altro attacco contro il suo traduttore turco a Sivas fece 37 vittime. Per vent’anni, Rushdie ha condotto un’esistenza da emarginato, nascosto dai servizi segreti e apparendo in pubblico solo sotto un’altissima sorveglianza. Da tempo conduceva una vita da uomo libero. Ma la lunga mano del crimine fanatico lo ha raggiunto in una piccola città nello stato di New York.
Questo immenso scrittore, dotato di una feroce ironia, incarna agli occhi dei fondamentalisti del Corano l’apostata per eccellenza. Il musulmano che dimentica l’islam, si fa beffe dei dogmi e si definisce una persona indipendente soggetta alla sola giurisdizione del talento. Il suo caso è esemplare perché ha creato un precedente: tra gli altri dissidenti, la parlamentare olandese di origine somala Ayaan Hirsi Ali è stata condannata a morte nel 2004 dai fondamentalisti per aver girato il film con Théo Van Gogh sulla condizione delle donne nell’Islam, “Sottomissione” (Van Gogh sarà assassinato nei Paesi Bassi). Due rinomati intellettuali anglosassoni, Ian Buruma e Timothy Garton Ash, la accusarono di aver “tradito” la sua cultura e “sporcato” una religione minoritaria.
E’ con Charlie Hebdo che esplodono gli antagonismi: dietro al lamento mostrato in Francia per i giornalisti uccisi si cela la tacita condanna del quotidiano satirico. Per viltà o paternalismo ha vinto la censura: non vedremo più immagini di Maometto su nessun giornale. La santa alleanza della Trouille e della Mezzaluna fa miracoli nel chiudere la bocca e dettare alle penne ribelli della nostra intellighenzia parole rassicuranti. E’ questa codardia che Salman Rushdie ha deplorato nel 2015 quando ha attaccato gli scrittori americani che si erano rifiutati per “antirazzismo” di partecipare alla cerimonia di tributo del Pen Club per le vittime di Charlie Hebdo (tra questi autori c’erano Russell Banks, Michael Ondatjee, Joyce Carol Oates, figure tutelari della sinistra americana).
Quello che nasce con l’affare Rushdie è il concetto farsesco di “islamofobia”, trasformato in arma di censura di massa: criticare la religione del Profeta sarebbe insultare miliardi di credenti e testimoniare razzismo. Calpesta Gesù, Mosè, il Papa se vuoi ma non una parola su Maometto. Altrimenti è morte per macellazione, decapitazione, smembramento, lapidazione, a tua scelta.
Stiamo subendo in questa estate del 2022 più tragedie di quante ne possiamo ingoiare: incendi devastanti, persistenza del Covid, guerra in Ucraina, Taiwan. Grande è la tentazione di reagire a questi choc addormentandosi: lasciare l’Ucraina alla Russia e Taiwan ai cinesi e non turbare i litigiosi imam. Lo spirito di Monaco e i negazionisti uniranno le forze per non vedere, per non sentire e per concludere tranquillamente le vacanze in bermuda.