Versetti satanici
“In tre anni ho vissuto in trenta case”. Quando Rushdie fece una visita segreta in America
"Non sai mai quando la fatwa avrà successo”, diceva Salman Rushdie nel 1992
Il 25 marzo 1992 il Washington Post pubblicò una intervista a Salman Rushdie durante una visita-lampo negli Stati Uniti dello scrittore in cerca di solidarietà. Ne ripubblichiamo alcuni estratti.
Salman Rushdie è arrivato segretamente a Washington questa settimana per chiedere aiuto per la sua situazione – una taglia di un milione di dollari posta sulla sua testa dal leader iraniano, l’ayatollah Ruhollah Khomeini, tre anni fa. Rushdie è entrato in clandestinità quando il suo romanzo, “I versetti satanici”, ha provocato una condanna a morte di Khomeini per blasfemia. All’unico evento pubblico – un discorso a una conferenza sulla libertà di espressione a Rosslyn – Rushdie ha distribuito le prime copie tascabili del suo libro. Tutti i presenti sono passati attraverso i metal detector e a nessuno è stato permesso di andarsene prima di Rushdie.
Il corrispondente della Cbs Mike Wallace era fra gli invitati come oratore e ha implorato che “il governo americano si mostri un vero amico della libertà”. “Non sono più sicuro dell’impegno delle autorità britanniche nel compito di proteggermi”, ha detto Rushdie. “Chiedo all’America di salire a bordo e unirsi a Gran Bretagna e all’Europa”. “Il caso della fatwa iraniana contro i ‘Versetti satanici’ deve essere chiuso”. Ha rifiutato di dire come è arrivato in America, ma si ritiene su un aereo del governo britannico.
Due traduttori del libro, uno in Giappone e l’altro in Italia, sono stati vittime di attacchi con il coltello. Il traduttore italiano è stato ferito e il traduttore giapponese è morto. “Quello che sta succedendo è che la fatwa viene effettivamente implementata”, ha detto Rushdie. “Il momento più spaventoso è stato all’inizio, perché non avevamo assolutamente idea di cosa ci stesse accadendo. I giornali erano pieni di storie sugli squadroni della morte. La polizia britannica non ha mai dovuto gestire una situazione del genere. Non sai mai quando (la fatwa) avrà successo”.
Lui e la sua seconda moglie, la scrittrice americana Marianne Wiggins, si muovevano costantemente per evitare di essere scoperti. Poteva parlare al telefono ma non vedere suo figlio di dodici anni. Il suo matrimonio con Wiggins alla fine è finito. Ha stimato di essere rimasto in trenta case negli ultimi tre anni, sempre sorvegliato dalla polizia britannica. “E’ vero che a volte stavo in posti solo per due o tre giorni. A volte sono stati periodi molto più lunghi. Ci sono periodi più calmi e periodi meno calmi e quello che ovviamente spero è che ora gradualmente i periodi più calmi diventino sempre più lunghi”.
L'editoriale dell'elefantino