La metamorfosi dei chierici
L'intellettuale francese è in crisi, sono gli esperti a soffocarlo. Parla Benedetti
"Lo spazio pubblico nel quale si sono prodotti i grandi confronti/scontri è cambiato profondamente a causa di due elementi: la crisi della rappresentazione politica e soprattutto la comparsa di uno spazio digitale dove ognuno può interrogare e sollecitare l’opinione pubblica". L’intervista al direttore della revue politique et parlementaire
Parigi. Nel suo ultimo numero, la Revue politique et parlementaire, rivista fondata nel 1894 dallo storico Marcel Fournier, ha affrontato una delle questioni che più tormenta il dibattito delle idee francese: la crisi dell’intellettuale, figura profetica, dominante, engagée, che per anni ha illuminato lo spazio pubblico e oggi si trova spossessata del suo monopolio. Per Arnaud Benedetti, saggista, professore alla Sorbona e direttore della Revue politique et parlementaire, è l’intellettuale totale, sul modello di Jean-Paul Sartre e Albert Camus, ad aver perso parte della sua aura e della sua influenza nella società.
Per molteplici ragioni: il declino della cultura letteraria e generale fra le élite, la frammentazione dei saperi e l’iperspecializzazione, ma soprattutto “la comparsa e la moltiplicazione di nuove figure, gli esperti e i ricercatori, che partecipano alla circolazione delle idee e all’interrogazione della società entrando in concorrenza con l’intellettuale tradizionale nella sollecitazione dello spirito critico”. “La figura dell’intellettuale nella forma in cui l’abbiamo conosciuta durante il Ventesimo secolo è oggi messa in discussione da nuovi modi di interrogazione della società, provenienti dai cosiddetti ‘esperti’”, dice al Foglio Arnaud Benedetti, prima di aggiungere: “La grande differenza tra la vecchia concezione dell’intellettuale e l’esperto di oggi è che il primo è capace di avere una visione panoramica, di ampio respiro sull’intera società, e dà prova di intelligenza nel senso sociale e sociologico mettendo in relazione dei milieux che sono diversi fra loro”.
Il titolo scelto da Benedetti per l’ultimo numero della rivista che dirige dal febbraio del 2019 è La métamorphose des clercs, La metamorfosi dei chierici, e fa eco alla Tradizione dei chierici di Julien Benda (1927), nel quale quest’ultimo rimproverava alla maggior parte degli intellettuali dell’epoca di aver disertato la ragione per rifugiarsi nell’ideologia. In uno degli articoli, firmato da Philippe Guibert, si parla in particolare della comparsa di un nuovo tipo di intellettuale: l’intellectuel numérique, ossia l’intellettuale digitale, quello che imperversa sui social network. “Lo spazio pubblico nel quale si sono costruiti e prodotti i grandi confronti/scontri intellettuali e ideologici a partire dalla fine del Diciannovesimo secolo è cambiato profondamente a causa di due elementi: la crisi della rappresentazione politica e soprattutto la comparsa di uno spazio digitale dove ognuno ha la possibilità di interrogare e sollecitare l’opinione pubblica sui temi più svariati”, spiega al Foglio Benedetti.
“Il testo letterario, la forma privilegiata dall’intellettuale totale per esprimere il suo pensiero, è oggi in concorrenza con altri formati, spesso più triviali e più immediati, ma allo stesso tempo più efficaci nell’ecosistema mediatico-digitale: l’immagine, naturalmente, ma anche il tweet”. L’altra causa principale della crisi dell’intellettuale-mondo, di quella che in Francia viene chiamata pensée en surplomb, è la diffusione dell’iperspecializzazione di cui già parlava in maniera critica il filosofo spagnolo Ortega y Gasset nel suo La ribellione delle masse (1930). “La postmodernità favorisce gli specialisti e segmenta i saperi allontanandoci dagli universalismi di un tempo. Ma oggi, dinanzi alle minacce di dislocazione e frammentazione delle società, abbiamo bisogno di un pensiero che sia in grado di abbracciare, riunire e ricompattare”, dice al Foglio Benedetti.
E ancora: “La grande sfida degli intellettuali per tornare a pesare nel dibattito pubblico è quella di ripensare le problematiche della società, la questione della tecnica, del potere, dei saperi fondamentali: devono essere capaci di fabbricare il futuro. Nei paesi occidentali, e in particolare in Francia, c’è sempre stata un’importante tradizione di scontri intellettuali, ma negli ultimi tempi si constata, purtroppo, una certa discrezione da parte del mondo intellettuale. In risposta alla proliferazione degli esperti, gli intellettuali non solo devono riappropriarsi della capacità di fabbricare il futuro, ma anche del dibattito delle idee nello spazio pubblico, ridare credito alla propria riflessione e alla propria visione in un mondo dove tutte le parole si equivalgono, dove uno vale uno. Un intellettuale non solo interroga e scuote la società, ma produce e possiede un sapere su cui si fonda la sua legittimità e il suo credito per intervenire”.